“Con Eluana io avevo fatto un patto e l’ho rispettato. Ho rispettato e onorato la parola che avevo dato a mia figlia”. Così ha ribadito ancora una volta in questi giorni il signor Englaro, il padre di Eluana.. Un incredibile patto di morte, senza testimoni, senza firme, un patto di sangue e onore, come nelle più cupe tragedie pagane. Un espressione, "sangue e onore" da Terzo Reich, che non a caso fu il regime che per primo sperimentò l'eutanasia sui disabili. Un patto faustiano tra un’adolescente che – secondo le sedicenti ricostruzioni postume- - si lascia sfuggire qualche battuta sull’inopportunità di vivere da invalidi, e uno strano padre pronto a cogliere in quelle frasi di ragazza una volontà testamentaria. Una ricostruzione smentita clamorosamente dalle rivelazioni di Pietro Crisafulli, fratello di una persona che è stata nelle stesse condizioni di Eluana, già amico di Englaro e al quale "papà Beppino" . rivelò l'escamotage usato della presunta volontà di morte affinchè anche lui facesse lo stesso.
Sembra tutto assurdo, eppure è proprio a causa di questo presunto patto segreto che Eluana è stata uccisa, in una situazione che si è cercato di far passare per morte “naturale”. Una situazione in cui si è stata data a un tutore, autorizzato dalla legge a intervenire su quelli che sono i beni disponibili di un incapace, la possibilità di decidere della sopravvivenza del tutelato, come se la vita non fosse (per la nostra Costituzione, non per motivi confessionali) il bene indisponibile per eccellenza. Non possono esistere simili patti, o comunque non possono essere ritenuti validi da quello “Stato di diritto” che secondo i fautori dell'eutanasia è riuscito a imporre le sue ragioni.
Quale diritto? quello di tTogliere la vita ad una persona, solo perché malata o disabile o incosciente, una pratica inaccettabile in ogni paese che voglia continuare a rientrare nel novero di quelli civili.
I giudici di uno Stato di diritto normale, autentico, avrebbero ascoltato il signor Englaro, avrebbero preso atto della sua tragedia, avrebbero prestato attenzione e comprensione al suo dramma, al dolore quasi rabbioso di chi aveva posto tante aspettative in quella figlia unica e aveva visto sfumare quei sogni. Chi scrive è da anni presidente del Centro Aiuto alla Vita di Lecco, e in questa veste anni fa pubblicamente rivolsi un appello al signor Englaro perché accettasse una figlia diversa da quella si era immaginata. Gli chiesi un atto nobile, eroico, un sacrificio- quello di accettare Eluana così com’era diventata, affinché il suo caso personale non venisse utilizzato per introdurre in Italia l’eutanasia, mettendo così a rischio la vita di tante persone, delle tante eluane, ma anche di anziani, disabili, persone deboli che potrebbero essere eliminate.
Occorre oggi, dopo l'assassinio di Eluana, invitare ad una massiccia mobilitazione delle coscienze, rigettando sul piano morale e civile questa spaventosa volontà di soppressione di un essere umano, ultima espressione dell’ ideologia del potere dell’uomo sull’ uomo, del forte sul debole.
Paolo GulisanoChe branco di mascalzoni questi gentiluomini che si dicono laici
Che branco di mascalzoni questi gentiluomini. Ci dicono pagani, golpisti, sfruttatori del dolore, mestatori nel torbido, autori di uno scempio. Questi che si dicono laici e che sono soltanto relitti del vecchio familismo amorale degli italiani, specie quando recitano il coro vomitevole di papà Beppino e di una nichilistica libertà di coscienza per giustificare l'eliminazione fisica di una disabile, una esecuzione degna dei nazisti. Secondo loro, un piccolo popolo che ha finalmente trovato a Udine un boia asettico e clinico, saremmo noi a usare il corpo di Eluana. Noi che lo vorremmo in pace, quel sinolo di anima e corpo che appartiene a una cittadina adulta e titolare del diritto alla cura e alla vita; loro che lo hanno sequestrato alle suore misericordine di Lecco e lo hanno gettato in una tetra stanza dove decine di volenterosi carnefici piagnoni lo affamano e lo assetano in reverente obbedienza a una sentenza definitiva. Alla faccia della moratoria contro la pena di morte, quel grido ipocrita della società abortista ed eutanasica ed eugenetica, quel gesto simbolico invocato contro le sentenze definitive di condanna a morte che ora viene rimproverato a noi, che vogliamo una moratoria anche per la Englaro, da questi sepolcri imbiancati.
Sarebbe il governo a fare un colpo di stato contro la Costituzione e il diritto. Bugiardi che non sono altro, calunniatori e mistificatori: è un quindicennio che i Defanti e i Mori e gli altri paranoici dell'eutanasia, insieme con i tiepidi testamentari biologici, fanno campagna sul corpo di Eluana Englaro. Una campagna disgustosa. Atrocemente sentimentale. Una campagna pubblica dissimulata nelle sordide cautele della pietà privata simulata. Che fa leva sulla paura della gente, sul pregiudizio ignorante in materia di disabilità, sulla spregevole indifferenza verso la carnalità pulsante, respirante, anelante della vita umana, quell'indifferenza morale che si dispiega nella società che loro amano, quella dell'aborto, dell'eugenetica, della distruzione della vita per migliaia e milioni di embrioni, dei protocolli che uccidono i down come le spine bifide.
Lo avevamo detto, con il professor Ratzinger, che in questo secolo si giocherà sulla vita la battaglia della ragione e del buonumore. Non pensavamo che ci saremmo trovati tanto presto, a queste tristi latitudini, di fronte a un protocollo costituzionale di morte per disidratazione. Non pensavamo che una generazione postideologica sarebbe rifluita tanto facilmente negli imperativi dell'etica nullista, e che questo vecchio popolo di sinistra sfregiato dalla distruzione della vita, della famiglia, della maternità, del sesso, dell'amore coniugale, dell'educazione, della cultura e della cura sarebbe riuscito a imporre una cappa di consenso coatto, totalitario, tale da portare in piazza gente che lotta contro la carità cristiana e la laica cura ippocratica dei malati, e che si prosterna di fronte all'idolo della morte. È un orrore funesto assistere a questa immonda accademia, uno schifo senza speranza.
Giuliano Ferrara, Il Foglio, 9 febbraio 2009
Nessun commento:
Posta un commento