lunedì 29 settembre 2008

BUON VIAGGIO!!!


Daniela è tornata a casa! Prona.

LA DESTRA A S.MARGHERITA LIGURE

Donna, tra i 40 e i 50 anni, di Santa Margherita, dove è nata (anche se ora vive a Chiavari) e dove lavora nell’ambito del turismo: è l’identikit del candidato sindaco de “La Destra”, partito che ha pronta - da un mese e mezzo - la propria lista da schierare alle elezioni amministrative del 2009. Manca solo il nome che, per ora, è tenuto segreto. A oggi “La Destra” si presenta da sola e la lista di candidati è per eccesso: 30 nomi, di cui 8 donne più una, il candidato sindaco. E guai, a pensare che ci sia stato un calcolo di quote rosa. «Per noi le quote rosa sono un’offesa alle donne: queste otto candidate, più il candidato sindaco, sono nostre iscritte estremamente preparate e competenti», spiega Luigi Del Pacchia, 40 anni, avvocato, coordinatore de “La Destra” a “Santa” e Portofino e candidato alle passate politiche per la Camera dei Deputati, elezioni in cui a Santa Margherita “La Destra” arrivò al 3,7%. «Alle politiche andò straordinariamente bene: c’era il grosso sbarramento del “voto utile”, il partito era nato da poco e le elezioni erano arrivate all’improvviso..

Qui “La Destra” ha avuto il quinto miglior risultato di tutta la Liguria». Ora, non si scherza più (se mai lo si era fatto): la lista (20 nomi) è pronta anche per Portofino, Comune al voto come Santa Margherita il prossimo anno; le persone ci sono, le linee del programma pure. E non manca qualche frecciata sulla situazione politica della città. «Il programma è fondamentale, così come le persone: non basta un buon programma per accettare pessime persone, né bastano ottime persone con un pessimo programma. E non serve pensare in grande: basta pensare bene». L’attenzione primaria, è rivolta ai residenti. «Se diamo un servizio ai residenti, lo diamo anche ai turisti. La prospettiva deve essere questa, mettere i residenti in condizione di giustizia e giustezza. Perché una giovane coppia dovrebbe rimanere a Santa Margherita? Stanziando una certa cifra, nella vicina Rapallo può comprare un appartamento vista mare che qui, con gli stessi soldi, non avrebbe, e godere di più servizi: l’ospedale, il casello autostradale, cinema e locali, associazioni che si danno da fare». Sicurezza e pugno duro contro le situazione di illegalità (tra cui la presenza dei mendicanti), turismo qualificato, capacità dell’amministrazione di ascoltare le persone del territorio e le associazioni (Ascom e Albergatori), «rendere parte attiva» della città alcune zone, come San Siro: queste sono le prime linee da seguire. «Possiamo parlare del porto, dell’area Brissolese: tutte cose gravemente gestite. Ma non ci può non saltare agli occhi il teatrino quantomeno squallido che è in atto», continua Del Pacchia. Che non chiude definitivamente la porta al Pdl. «Il candidato Gianni Costa non è il nostro personaggio ideale: alcuni nomi che erano usciti precedentemente trovavano il nostro pieno consenso, che attualmente non c’è più - continua -. Ma, personalmente, ribadisco la mia profondissima stima personale e politica sia per il coordinatore del Pdl a “Santa”, Francesco Ballerino, sia per il coordinatore della Lega Nord, Mario Pedrazza, dei quali ho sempre apprezzato l’abnegazione e la correttezza».

La situazione della maggioranza è in piena bufera, Del Pacchia osserva alla finestra, fra l’ironico e il pungente: «Il discorso con il Pdl potrebbe anche continuare, ma a oggi, quando si parla di Pdl a “Santa”, a quante entità si fa riferimento? Il Pdl dovrebbe essere uno e vorrei che fosse capace di dare una buona ragione per spiegare agli iscritti cosa ci fa, assieme a un sindaco come Marsano. Nulla di personale contro Marsano, che apprezzo: siamo molto distanti politicamente, ma non amministrativamente».

Da Il Secolo XIX on line

domenica 28 settembre 2008

L'EUROPA, QUESTA SCONOSCIUTA

L’Italia è da anni parte integrante di un’Unione Europea allargatasi fino ad ospitare dal gennaio di quest’anno 27 Stati; questo processo di integrazione, figlio del 1989 e del crollo dei muri, ha cambiato alla radice il nostro modo di produrre, di pensare, di fare cultura e di costruire comunità e socialità. Eppure questi mutamenti continuano ad avvenire sulle spalle della maggior parte dei cittadini europei, che ben di rado posseggono i dati, le informazioni e la preparazione indispensabile a comprendere le potenzialità, i rischi e le peculiarità dei nuovi tempi in cui, comunque, già siamo.A partire dalla nostra Scuola non conosciamo l’Europa se non in termini generici, e ben poco siamo in grado di padroneggiare sia della realtà concreta degli Stati che ci hanno raggiunto all’interno dell’Unione, sia della vita, della storia, della società, dei sogni e dei bisogni di chi condivide con noi questa epocale avventura.Queste carenze rendono impossibile muoversi in Europa come in una propria casa, divenuta ora più grande e ricca di potenzialità. Al contrario hanno generato paure, tensioni sociali, fa perdere sfide decisive in ambito economico e sociale, ritarda la nostra crescita e la nostra autonomia di Europei.

Tratto dal Mensile ITALIAEUROPA

LA DESTRA C'E' E TI E' VICINO

Cresce La Destra, adesioni importanti in Puglia
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La Destra c'è, eccome. E' viva e vegeta e continua per la sua strada il percorso di crescita. Ne sono l'esempio altre due importanti adesioni avvenute ieri in Puglia. A Brindisi, esce da Alleanza Nazionle per aderire a La Destra il presidente del consiglio comunale, Nicola Di Donna, il più votato dei consiglieri di An e fino a poche ore fa vicepresidente provinciale del partito di Fini. A Francavilla Fontana, invece, ha aderito a La Destra anche il consigliere comunale uscente Fumagalli, presidente del circolo di An. A Loro il nostro plauso ed il bentornati a casa.

sabato 27 settembre 2008

EUROPAITALIA DI SETTEMBRE


Dopo l'Estate... riprende la discussione!

E' disponibile il numero 11 di EUROPAITALIA!

Ogni mese, in Abbonamento.
liberi protagonisti dell'Europa che cresce.
64 pagine a 4 colori, € 5,00
In Prima pagina:
Il Focus: Guerra nel Caucaso: dopo la Georgia, l'Europa Unita di fronte alle nuove sfide globali. Franco Cardini, Paolo Gambi, Gennaro Grimolizzi, Alain Terrenoire, Fabrizio Vielmini, Alex Voglino.
Dmitrij Medvedev: I 5 punti della nuova politica estera russa: il testo integrale di un'Intervista cruciale.
Franco Cardini: L'Unione Euromediterranea di Nicolas Sarkozy: speranze, ambizioni e problemi.
Economia ed Impresa:
Gravante: Abusivismo e contraffazione.
Taddei: La Robin Hood Tax.
Orlandi: I rapporti fra la Cina e l'Unione Europea.
Lattanzi: Le imprese familiari in Europa.
Dall'Europa:
Osservatorio Europeo: Sul valore dei Simboli dell'Impero, di SAIR l'On. Otto von Habsburg.
Ecclesia Europa: Ridare il senso dell'uomo alle culture, una vera cultura all'uomo, del Cardinal Poul Poupard.
Europanorama:
Francesco M. Agnoli, Guardando il Papa negli occhi. Gli Europeisti cattolici a Piazza San Pietro.
Adriano Dall'Asta, Solgenicyn: "Vivere senza menzogna".
Ben Tonra, Daniel Thomas, Perché abbiamo detto "No". Una prospettiva irlandese sul Trattato di Lisbona.
Armando Savignano, L'Europa e il testamento biologico.
Giovanni Vinciguerra: Il suicidio della Chiesa Anglicana.
Gérard Bokanowski: L'Unione Europea secondo Sarkozy.
Ed altri articoli di Ulderico Nisticò, Claudio Finzi, Paolo Facciotto.

Le Rubriche:
Cinema, Musica, Arte, Eurogiovani, Il Libro, Architettura, Sport, Teatro.


EUROPAITALIA è un mensile curato dall’Associazione Europa; esce in formato 20 x 28, in 64 pagine a 4 colori; il costo di copertina è di € 5,00; lo si può ricevere comodamente a casa propria: abbonamento annuale € 45,00; estero e sostenitore, € 100,00.
Redazione: Associazione Europa, Via Valle di Marco 3, 47890 San Marino Città. Telefono, 349/59.89.835; Fax 0549/99.55.76. E-mail info@europaitalia.eu
Per ordinarne una copia: è sufficiente versare € 5,00 sul conto corrente postale n°8923.4579 intestato a "A.C. Europa": si prega di inviare via Fax la ricevuta del versamento al 0541/79.91.73.
Per abbonarsi: conto corrente bancario n°3616, intestato ad "Associazione Europa, San Marino", presso ASSET Banca, filiale di Dogana, ABI 3262-3; CAB 9800-4, o conto corrente postale n°8923.4579 intestato a "A.C. Europa", specificando bene la causale del versamento.
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mercoledì 24 settembre 2008

FRANCO CARDINI SU PORTA PIA

- ANCORA A PROPOSITO DI PORTA PIA –

Credo che in questo paese si debba ancora imparare a discutere e magari a polemizzare: ma con serenità e, possibilmente, anche con qualche argomento che vada al di là delle pillole di conformismo e di politically correct.
Non riesco per esempio a capire perché nella nostra opinione pubblica e nei relativi mass media si debba sempre e per forza gridare allo scandalo ogni volta che qualcuno azzarda pareri dietro i quali sia sospettabile la presenza di di tesi o anche solo di proposte che appena appena escano dai solchi ben collaudati delle idées données e delle Verità Inconfutabili garantite dai manuali di scuola media e ripetute dai poligrafi travestiti da ricercatori che impestano le nostre librerie con best sellers regolarmente scopiazzati da vecchi libri di storia. Quelli col Barbarossa cattivo e i lombardi buoni, col Radetzky feroce e i bravi Tamburini Sardi, col “Mamma li Turchi” e col meno-male-che-c’è-stata-Lepanto. Insomma, con la storia detta, ripetuta, collaudata e ribadita sul metro di quei geniali ma_tres-à-penser che molti decenni or sono, mossi a pietà degli studenti pigri, redassero i manualetti noti come “Bignami”. E, se ci si oppone al Bignami, ci si becca la condanna secca come una mannaia: “revisionisti!”.
Ora, premesso che “revisionismo” è parola che dalla storia della politica sé Internazionale” per poi dilagare nel mondo della semistoria e della pseudostoria, è necessario sia chiaro che il lavoro degli storici, intendo di quelli veri, consiste sempre e inevitabilmente, in gran parte, nella revisione delle tesi e delle letture dei fatti quali gli sono state confidate da chi ha lavorato prima di lui. Non esiste quindi nessuna pagina di storia che sia stata scritta una volta sola e per sempre. La storia è una fatica di Sisifo.
Ecco perché è stata obiettivamente ridicola, al di là di qualunque posizione si voglia difendere, la polemica scatenata dall’orazione del generale Antonio Torre che, commemorando ufficialmente il 20 settembre scorso il 138° anniversario della Breccia di Porta Pia, si è particolarmente soffermato sui 19 caduti dell’esercito pontificio sorvolando su quelli italiani; e che il sindaco di Roma Gianni Alemanno non abbia dal canto suo provveduto a rimediare alla gaffe dell’alto ufficiale: sempre che – ha commentato qualcuno – solo di gaffe si sia trattato e non, orrore, di “scelta di campo” o peggio, raccapriccio, di “revisionismo”.
Ora, va da sé che in una sede ufficiale e paludata, per sua natura retorica e convenzionale, come quella di una commemorazione pubblica, non è mai il caso di lasciarsi andare a discussioni storiografiche: il che del resto non era senza dubbio nelle intenzioni e forse nemmeno nelle possibilità obiettive del generale Torre, che fa il militare e non lo storico.
Quel che però non mi meraviglia affatto – ormai so da tempo che cos’è l’Italia -, ma comunque continua a indignarmi, è la desolante piattezza del coro, praticamente unanime, di giornalisti, di politici e perfino (e ciò m’è dispiaciuto) di qualche storico serio: tutti allineati e coperti nello stigmatizzare il silenzio di Alemanno o comunque la sua scarsa energia nel difendere, a scanso di equivoci, la tesi ufficiale della quale egli, in quanto sindaco, viene considerato una specie di garante e di custode (e a dire il vero non se ne capisce il perché).
Insomma. Perché mai non si dovrebbe cominciar a dire che in realtà la storia del nostro Risorgimento, così come si svolse tra 1848 e 1870, non andò affatto come andò perché non avrebbe mai potuto andare altrimenti; e tanto meno che non andò per nulla nel migliore dei modi possibili? E, badate, qui ucronia e fantastoria non c’entrano per niente. Il dogma che la storia non si possa scrivere “al condizionale”, “con i se e con i ma”, è una fesseria che nessuno storico serio – a parte un manipolo di paleostoricisti convinti – non dice più da molto tempo. E non sono io ad affermarlo: bensì uno dei più grandi studiosi viventi, David S. Landes.
La discussione non è affatto oziosa: e tanto meno lo sarebbe al livello politico, se non vivessimo in un paese dominato, fra le altre cose, da una disinvolta schizofrenia e da un’impudica ostentazione d’incoerenze. Vorrei proprio che qualcuno mi spiegasse perché, nei nostri manuali scolastici, continua tuttora a trionfare una visione del Risorgimento degna del libro Cuore e delle Maestrine dalla Penna Rossa – alcuni epigoni delle quali sembrano oggi sedere sugli scranni del governo – mentre quel governo stesso si regge con l’appoggio determinante d’una forza, la Lega Nord, che se fosse un po’ meno bécera dovrebbe pur sviluppare, appunto nel quadro di quanto essa stessa sostiene, anche un serio discorso critico sulle scelte che condussero al processo d’unità nazionale, sui metodi che furono adottati per conseguirle, sulle conseguenze a cui condussero. Perché la soluzione unitaria e centralista, voluta dalla monarchia sabauda che mirava all’espansionismo del suo potere dinastico e dai dottrinari “neogiacobini” che seguivano Mazzini e Garibaldi (e una parte dei quali sacrificò al dogma dell’ “unità indivisibile” i suoi stessi ideali repubblicani), non solo per lungo tempo non era stata l’unica possibile, ma era stata quella considerata, anche a livello internazionale, la più avventuristica e pericolosa.
L’unità proclamata nel 1861 e coronata dalla presa di Roma del 1870 andava direttamente contro un millennio di storia italiana, ch’è e sempre stata per sua natura policentrica, municipalistica, regionale e cittadina; e i capi degli stati italiani preunitari, a cominciare dal papa, si erano tutti – sia pur in diversa misura – adattati ad accettare una formula di unità federale, su un modello non lontano da quello che (essa sì in coerenza con al sua storia) fu adottata dalla Germania proprio in quello stesso 1870. E in tale senso, anche se con accentuazioni diverse, si erano espressi gli ingegni migliori e più equilibrati del nostro Risorgimento, dal Gioberti al D’Azeglio al Cattaneo.
Ma il governo piemontese, guidato dal Cavour e dai suoi successori, scelse – fino a un certo punto in accordo con Napoleone III, poi addirittura senza e contro di lui – la politica delle provocazioni, dei colpi di mano e dell’alternanza di menzogne e di atti di violenza per giungere, contro il diritto e la legittimità internazionali, alla violazione patente dei diritti dello stato pontificio. Che oggi tutti, anche senza sapere di che cosa si trattava, si sbracciano a qualificare di “corrotto”, di “incapace”, di “antistorico”, mentre la realtà del tempo non presenta per nulla tale quadro. Né si capisce perché si continui a far finta di non ricordare che la presa di Roma poté compiersi, proditoriamente da parte italiana, non appena, in conseguenza della sconfitta di Sedan, la protezione dell’imperatore dei francesi a Pio IX venne meno. O perché molti abbiano rimproverato il generale Torre per il suo omaggio – da soldato, se non altro – agli zuavi e in genere ai volontari che accorsero soprattutto dalla Francia a difendere il papa che aveva tutto il diritto a non venire attaccato su quel territorio che egli legittimamente governava.
E sarebbe poi stata con certezza peggiore, per esempio, un’Italia federale, di quanto sia stata l’Italietta unitaria che determinò la questione del Mezzogiorno, provocò scandali finanziari gravissimi a ripetizione, inventò infamie fiscali come la “tassa sul macinato” ch’era una vera e propria tassa sulla miseria, coniò “leggi internazionali” e massacrò contadini siciliani (Bronte) e operai (i cannoni ad “alzo zero” del Bava Beccaris, decorato dal “Re Buono”), fu incapace di rimediare al flusso continuo di poveracci che abbandonavano il paese per disperazione e si dimenticò del destino degli emigrati, infine ci gettò inutilmente – e con opportunistica furbizia – nel grande macello della prima guerra mondiale, da cui sarebbero appunto usciti i tanto detestati comunismo e fascismo? Aveva davvero proprio tutti i torti, l’ “infame” Franti?
Così è, se vi pare. Perché non proviamo a discuterne pacatamente, invece di stracciarci le vesti ogni volta che qualcuno prova a commettere l’indicibile peccato consistente di cercar di rimetterci in moto le meningi? E chiamatelo, se volete, “Revisionismo”.


Franco Cardini

venerdì 19 settembre 2008

MOTU PROPRIO di BENEDETTO XVI

Il Papa, rispondendo durante la visita pastorale in Francia alle domande dei giornalisti, ha commentato per la prima volta il Motu Proprio "Summorum Pontificum" che liberalizza i libri liturgici in vigore nel 1962. La ferma e paziente posizione del S. Padre è un chiaro richiamo a quanti, in nome dell'intolleranza e della scarsa lungimiranza pastorale, si sono opposti al documento. Lasciamo al parola a Benedetto XVI:«[...]Il motu proprio è soltanto un atto di tolleranza e di amore pastorale per le persone che sono state formate in questa liturgia e l’amano, la conoscono e voglio vivere con questa liturgia. È un piccolo gruppo, perché presuppone una formazione al latino e una certa cultura. Ma da parte dei vescovi e della nostra Chiesa sembra un’esigenza normale essere tolleranti verso queste persone. Non c’è alcuna opposizione tra la liturgia rinnovata del Concilio Vaticano II e questa liturgia. I padri conciliari ogni giorno hanno celebrato con l’antico rito e allo stesso tempo hanno concepito una liturgia che si è sviluppata. Ci sono degli accenti diversi ma un’identità comune che esclude un’opposizione. Penso che ci sia un possibile arricchimento tra le due parti: gli amici dell’antica liturgia devono conoscere i Santi e i prefazi della nuova, mentre la liturgia nuova, che sottolinea di più la partecipazione comunitaria, non va considerata solo un’assemblea di una certa comunità ma sempre un atto universale. La liturgia rinnovata è la liturgia ordinaria».

PETIZIONE PRO PREFERENZA

La Destra si batte a favore di una modifica della legge elettorale per il Parlamento Nazionale sin dall’agosto 2007, così come ha continuato a fare fino ad oggi, anche durante il torrido mese di luglio 2008. Oltre a questo, i nostri giovani di Gioventù Italiana hanno lanciato una petizione su internet per mantenere la possibilità di esprimere la preferenza per le elezioni del Parlamento Europeo ed evitare che si introducano sbarramenti, con l’unico fine di eliminare avversari politici con strumenti legislativi, salvo poi giustificarsi con la pretesa di una maggiore governabilità, mentendo sul fatto che in Europa non valgono le stesse logiche del Parlamento Italiano e che tali modifiche servono solo per pilotare le candidature da parte delle segreterie dei partiti politici. Noi non possiamo rimanere inermi di fronte a questo ennesimo attacco alla sovranità popolare. Tutti possono contribuire apponendo la propria firma all’indirizzo: http://www.firmiamo.it/europeenosbarramentosipreferenza aderendo all’iniziativa: “Sì alla preferenza, no allo sbarramento! Firma la tua voglia di libertà!”.

Aldo Tracchegiani, portavoce regione Umbria e consigliere regionale

giovedì 18 settembre 2008

LA LEGGE TRUFFA

Europee, Storace: "D'Alema pensa solo all'Udc, un vero democratico. Siamo pronti alla piazza"
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"D'Alema si preoccupa solo per l'Udc, noi per la democrazia. Si può fare una legge per lo sbarramento al 5 per cento contro l'Udc, al 4 contro la sinistra radicale, al 3 contro La Destra? E' una scandalosa deriva oligarchica che ha il suo culmine nella soppressione delle preferenze. Abbiamo più iscritti e militanti dello scorso anno: siamo pronti alla piazza". Lo dichiara Francesco Storace, segretario nazionale de La Destra.

martedì 16 settembre 2008

IL BERLUSCA SECONDO BLONDET

Salame? No, farabutto

Maurizio Blondet
31 agosto 2008

Italiani che non riuscite a fare la spesa nemmeno dal discount, contenti? Berlusconi ha regalato 5 miliardi di dollari a Gheddafi, uno che governa un Paese ricchissimo, ma ha messo il suo popolo in miseria, perchè i miliardi di dollari petroliferi se li accaparra lui solo, con la sua cricca. Con la vaga promessa che fermerà le barche di immigrati. Al prossimo arrivo a Lampedusa, vedremo se glieli chiederà indietro, i dollari nostri. Non credo. Chi ha votato Berlusconi, spesso, ha fatto il seguente ragionamento: è già ultra-ricco, non ruberà come gli altri. Magari non ruba, chissà. Ma, in piena sindrome da euforia bipolare, lo scopatore di ministre, aiutato dalla chimica, spende e spande: i soldi nostri, dei contribuenti. Miliardi di dollari al libico. Stipendi pagati per sette anni ai fancazzisti più fancazzisti, i settemila di Alitalia. Abbiamo superato anche il problema dell’eccesso di auto-blù. Ora, in eccesso ci sono gli aerei blu. Berlusconi s’è comprato (coi soldi vostri) un Airbus 319 con arredamento VIP (tre jumbo non bastavano), oltre a 29 Piaggio P180 (la Ferrari dei cieli) per scarrozzare ministri e generali, scopatrici, veline e p… di Stato, che si aggiungono ai tre Falcon 900 appena comprati. Ogni Piaggio nuovo ci costa 8 milioni di euro. Per i nostri soldati feriti in Afghanistan, non ce n’era uno a disposzione, hanno dovuto chiedere un passaggio alla Luftwaffe; ma per lorsignori, sono sempre a disposzione, col pieno di kerosene e il catering all’aragosta già pronto. Frattini ci va in vacanza alle Maldive. E fa quasi diventare un modello di oculatezza Fini il kippà che usa una motovedetta dei Vigili del Fuoco per fare il sub, con la sua nuova donna platinata, nel vietatissimo parco marino di Giannutri. Questa è una Casta peggiore di quell’altra. Più volgare, più cinica, più sprecona, plutocratica e arrogante. Almeno, quella di prima non fatta votare con la promessa di risanare, tagliare, non mettere le mani delle tasche degli italiani. La «soluzione» Alitalia è un disastro: alla fine dei giochi se la prenderà Air France («è di nuovo interessata», strillano i giornali-servi, in solluchero), ma senza accollarsi i debiti di mezzo secolo di fancazzisti, come aveva accettato prima. I debiti li pagheremo noi, Berlusconi non bada a spese (nostre). Ma a Berlusconi, è servita a fare piaceri: così si è conquistato l’amicizia di Passera, di Amato, dei cosiddetti imprenditori che non lo ammettevano nei loro salotti buoni. Ha fuso il catorcio Alitalia con Air One, salvandone il proprietario che non sapeva come liberarsene: un amico in più. Un altro amico nuovo è Ligresti: con l’entrata nella cordata, s’è aggiudicato il Forlanini. Quell’aeroporto, l’unico utile a Milano, verrà abolito: uno spazio immenso da edificare, tutta grazia per l’immobiliarista, infaticabile investitore dei soldi che arrivano dai compaesani di Paternò. Gli altezzosi banchieri di sinistra, i Benetton, i Montezemolo, gli Stronzetti e i Provera del capitalismo progressista italiota (la nostra borghesia compradora) guardano al Farabutto con nuovi sentimenti: se li è comprati, coi soldi nostri. Sono amici, anzi amiconi. Sull’enorme defecazione chiamata Alitalia, a mo’ di ciliegina, ha messo come capo il noto Colaninno, il devastatore di Telecom, il capitano coraggioso di D’Alema. Ormai non c’è più destra o sinistra, nemmeno per finta; c’è la sola ed unica Casta dei ladri di Stato, dei volatori su aerei-blu, dei Gheddafi mediterranei amiconi dei Gheddafi nostrani. Aspettiamo anche il «federalismo» del Gheddafi padano: saranno altri spargimenti di miliardi nostri, sprecati nel più immondo pasticcio che possa inventare l’inciviltà giuridica italiana. L’immane debito nostrano salirà, e noi dovremo pagarlo: nuove tasse, nuovi aerei blu, nuovi soldi gettati qua e là, nuovi Colaninno. Votare per gli altri? Inutile, sono già la stessa pappa-e-ciccia. Saranno sempre più tasse per noi, e sempre più Piaggio 180 VIP per lorsignori, chiunque siano. Stiamo diventando esattamente come i libici, con le pezze al culo benchè abitanti su un Paese ricco, perchè devono mantenere il loro Gheddafi. E lo mantengono da tren’anni, senza riuscire a liberarsene. Chi ci libererà da questi farabutti, se non noi? Occorre un piazzale Loreto.

BONTEMPO : LE PREFERENZE di VOTO

Le preferenze nell’espressione di voto non sono un fatto tecnico ma di sostanza. Solo restituendo ai cittadini il diritto-dovere di scegliere i propri rappresentanti del popolo, non solo nel Parlamento europeo, ma, spero, in futuro anche per l’elezione di deputati e senatori in Italia, si potrà ripristinare la democrazia e la meritocrazia all’interno dei partiti.
Pensare che anche al Parlamento europeo possano diventare rappresentanti del popolo persone che non si sono mai confrontate con il consenso popolare dovrebbe indignare chiunque svolga attività politica e determinare nell’opinione pubblica una reazione durissima, contro quei partiti e quegli uomini politici che gli vogliono rubare l’unico strumento che hanno a disposizione per migliorare la classe politica e fare sì che questa debba rispondere al bene comune e non agli interessi di chi l'ha nominata.
La Destra, fin dalla sua fondazione, si è data l’obiettivo di battersi per il ripristino della preferenza in tutte le competizioni elettorali e di fare il possibile perché, anche alle europee, le liste non vengano fatte così come si facevano nei regimi comunisti dove, com'è noto, i cittadini dovevano solo subire le scelte del Pcus. Le strutture territoriali de La Destra e i militanti di Gioventù Italiana sono da tempo mobilitate per iniziative politiche, raccolta delle firme e manifestazioni in difesa del diritto di scelta dei rappresentanti del popolo da parte dei cittadini.
Quando la questione della legge elettorale è stata affrontata negli organi di partito, i dirigenti, a stragrande maggioranza, si sono sempre espressi contro la cancellazione delle preferenze. Quanto ha affermato Daniela Santanchè, questa mattina nel corso del programma Omnibus, su La7, risponde solo a valutazioni di carattere personale, che non coinvolgono il partito il quale, anzi, è decisamente contrario a quanto da lei detto. Se Daniela Santanchè non riesce a distinguere valutazioni di carattere personale dal dovere di rappresentare la volontà del partito, specialmente quando si tratta di questioni importanti come quelle della legge elettorale e della identità politica e ideale de La Destra, farebbe bene da dimettersi da portavoce.
La libertà di opinione, dentro un partito, deve essere tutelata e garantita, ma quando si rivestono incarichi di vertice, specialmente nel caso del portavoce, si ha il dovere di esprimere la volontà che emerge nei dibattiti interni. Essendo quello del portavoce un incarico attribuito per nomina, io credo che si ponga un serio problema di incompatibilità, che il partito deve urgentemente affrontare. In questo delicato momento politico, non bisogna ingenerare dubbi su quell’elettorato che oggi, probabilmente più di ieri, è attratto dalla coerente e limpida posizione politica e culturale de La Destra.
Colgo l'occasione per rendere noto che nei prossimi giorni La Destra scenderà in piazza proprio contro il tentativo di eliminare la preferenza nella scelta dei parlamentari europei.
Per quanto riguarda, infine, le donne, credo che siano capaci di tutelarsi da sole, proprio perché la politica non può fare a meno del loro valore aggiunto, ma La Destra non è mai stata favorevole a mettere le donne in una riserva di specie protetta, perché abbiamo conosciuto donne valorose che si sono fatte eleggere dal popolo e non nelle liste bloccate, operando quotidianamente al servizio del cittadino.

"LETTERA AI NONNI" di Massimiliano Mammi

LETTERA AI NONNI
Non ho provato stupore dalle dichiarazioni di Fini sul Fascismo, sull’antifascismo, sulla resistenza, sui combattenti di Salò, non mi sono stupito delle parole di chi è stato, direi perfettamente, descritto da Marcello Veneziani su Libero e cioè “una pulce postuma che saltella dal neofascismo all’antifascismo, campando ora dell’uno ora dell’altro”.
Il mio pensiero, dopo aver voluto ascoltare con le mie orecchie quelle parole sentenziate con totale indifferenza e tra l’indifferenza di un mondo ormai privato da ogni capacità di reazione e di libertà intellettuale e morale, è andato alle tantissime persone, donne, uomini che ho conosciuto da quando giovanissimo varcai la porta della sede del MSI. Pensando a loro, potrei citarli uno ad uno, ho provato tenerezza e, se fosse stato possibile, li avrei accarezzati con l’amore con cui un nipote abbraccia i propri nonni.
Quei volti solcati non dall’odio, ma dalla fierezza di aver combattuto per un’Idea e per l’Onore della propria terra e del proprio popolo, non si possono dimenticare, non si possono tradire. Accarezzandoli vorrei dire a loro che quello che hanno saputo trasmettere a generazioni di giovani italiani non è andato perso, vorrei dire a loro che l’essenza del loro messaggio vive e arde nei nostri cuori, che il tradimento è affare del traditore e non di chi viene tradito, il disonore è del traditore e non di chi viene tradito.
Vorrei dire loro che non abbiamo mai indossato fisicamente e ostentato i loro simboli ritenendo di non averne il diritto, ma che siamo riusciti ad attualizzare il loro messaggio di modernità e tradizione, di amore per la Patria e di civiltà, di onore e fierezza.
Vorrei dire loro che non siamo mai caduti nel rete di un reducismo che non ci appartiene, che non accetteremo provocazioni, che non ci faremo mettere nell’angolo, ma anche ci è chiaro il concetto che non ci può essere un futuro senza un passato.
Vorrei dire loro che anche noi abbiamo avuto i nostri eroi ed i nostri martiri, che anche noi abbiamo pianto e sofferto, che anche noi abbiamo affrontato con fierezza il patibolo.
Ci avete parlato di libertà, ci avete fatto sentire il fresco profumo della libertà, ci avete garantito la possibilità di essere donne e uomini liberi in un mondo che conta tanti, troppi schiavi.
Un abbraccio forte ai nostri nonni che percorrono ancora le nostre strade, un pensiero forte ai nostri nonni che non ci sono più, una rosa rossa per tutti loro, una rosa rossa di passione come quella che ci hanno trasmesso.
Massimiliano Mammi
Portavoce regionale La Destra



Massimiliano Mammiportavoce regionale della LiguriaVia D. Chiodo, 137 - 19121 La SpeziaVia Sebastiano Conca, 6 - 00197 RomaCell. (+39) 3401607241e-mail: liguria@la-destra.itweb: www.ladestra-liguria.com

L'ANTIFASCISMO DI FINI

FASCISTI MA ANCHE ANTIFASCISTI…
14 Settembre 2008
di Francesco Storace

Penso ai giovani Caduti del Msi. Quelli che salutammo per troppe volte con il grido presente. Quelle bare le portammo a braccia tutti noi, c’era anche il segretario del Fronte della Gioventù che certo non sognava di diventare presidente della Camera dei Deputati.Penso ai Caduti di via Acca Larentia, assassinati perché uccidere un fascista non era reato.E penso che il 7 gennaio di quest’anno, Gianfranco Fini, accompagnato da tutti quelli che ora gli dicono bravo e ieri strillavano onore ai camerati assassinati, è andato a commemorarne il trentennale.Anche i giovani del Msi stavano dalla parte sbagliata, onorevole Fini?Provo enorme tristezza per le dichiarazioni che abbiamo ascoltato ieri e leggiamo oggi su tutti i giornali.Sono fascisti ma anche antifascisti, verrebbe da dire di quelli di Alleanza nazionale, incapaci di reagire condignità all’esaltazione di un valore che finora non conoscevamo – l’antifascismo – e che ha rappresentato nei tragici anni della nostra democrazia l’alibi per assassinare molti di quei ragazzi.Vergogna, devono provare vergogna quanti si piegano ad una logica che è solo di potere, che cancella ogni traccia di identità, che annulla le coscienze.Dov’è il pericolo fascista, onorevole Fini, se il presidente della Camera arriva ad esaltare l’antifascismo?Pensavamo che un capitolo fosse stato chiuso dagli elettori, con l’ascesa a Montecitorio e al Campidoglio di uomini comunque provenienti dalla storia del Msi. Ancora una volta una comunità mastica delusione.A noi resta l’orgoglio di aver fondato La Destra, che guarderà al futuro senza sputare sul passato.La pacificazione nazionale non passa per l’occultamento della verità. Il negazionismo alla rovescia è davvero difficile da comprendere e soprattutto da accettare.Noi siamo democratici senza l’obbligo di sentirci antifascisti.



Buontempo: "Sono profondamente democratico ma non antifascista"


"Sono profondamente democratico, ho sempre rispettato la Costituzione, ma con altrettanta determinazione non sono antifascista e spero di poter continuare a vivere questa mia condizione in Italia alla luce del sole, senza dover rischiare di ricorrere alla clandestinità". Lo dichiara Teodoro Buontempo, presidente de La Destra."Tutti i militanti del Movimento sociale italiano - prosegue - e tutti quelli che poi hanno aderito ad Alleanza nazionale hanno sempre rispettato la Costituzione, pur avendo come obiettivo di volerne cambiare alcune parti e di farla realizzare nella sua interezza. Non vorrei che il passaggio dal neofascismo all'antifascismo della classe dirigente di An possa aprire una stagione di persecuzione e di violenze nei confronti di quegli italiani che non hanno fatto parte del discriminatorio "arco costituzionale" che giustificava le aggressioni e le uccisioni dei militanti del Msi in quanto rienuti fascisti e, quindi, secondo la cultura dominante, ammazzarli non era da considerare un reato"."Ora che si è chiuso il ciclo di trasformismo di An - sottolinea Buontempo - spero che la classe dirigente voglia finalmente liberare la "fiamma" e donare alle famiglie dei ragazzi del Msi uccisi i beni materiali accumulati nel corso di decenni e che furono il frutto di donazioni di uomini e donne che combatterono nella Repubblica sociale italiana e che aderirono al Msi con il dichiarato obiettivo di "non restaurare e di non rinnegare"."Le parole dell'onorevole Fini - conclude il presidente de La Destra - sono talmente chiare che non giustificano più avere all'interno delle sedi di An una memoria storica che oggi viene rinnegata e infangata. Pertanto, le foto di Almirante, quelle dei giovani martiri e quelle dei padri fondatori del Msi dovrebbero essere rimosse. E non si giustifica più avere presso la direzione nazionale, in via della Scrofa, una sala intitolata a De Marsanich e né tantomeno una sala al Senato intitolata ad Almirante. Quando si nega una memoria storica non si ha il diritto di utilizzarne i simboli".