lunedì 17 febbraio 2014

UNA MAGISTRALE LEZIONE DI BENEDETTO XVI

Potere, politica e leggi, dopo l'aperturismo conciliare Dai torchi dell'editore senese Cantagalli è felicemente uscito "Il posto di Dio nel mondo", una splendida antologia dei discorsi controcorrente su potere, politica e legge, tenuti da Benedetto XVI e raccolti con diligente cura da Stefano Fontana. La chiarezza e la profondità dei testi pubblicati, induce a rammentare che papa Ratzinger ha elevato il tono della cultura cattolica, avviandola, con erudizione sicura e illuminata cautela, all'oramai irreversibile cammino della restaurazione post-conciliare. Nel discorso preparato in previsione dell'incontro alla Sapienza, in calendario per il 17 gennaio del 2008 e purtroppo rinviato a causa di diffusi pruriti laicisti in atto nell'ambiente universitario, Benedetto XVI riconobbe la necessità (a suo tempo avvertita da Jurgen Habermas) di stabile un rapporto tra politica e verità e sostenne che l'unica soluzione del problema si trova nella filosofia di San Tommaso d'Aquino. E' insegnamento di San Tommaso, infatti, che "la filosofia deve rimanere nella propria libertà e nella propria responsabilità; deve vedere i suoi limiti e proprio così anche la sua grandezza e vastità". Ora i limiti della filosofia, secondo Benedetto XVI, si possono superare applicando la formula del Concilio di Calcedonia (451 d. C.), secondo cui filosofia e teologia devono rapportarsi tra loro senza confusione e senza separazione. Di qui la soluzione proposta dal dotto pontefice: "la filosofia non ricomincia ogni volta dal punto zero del soggetto pensante in modo isolato, ma sta nel grande dialogo della sapienza storica, che essa criticamente e insieme docilmente accoglie e sviluppa; ma non deve neppure chiudersi davanti a ciò che la fede cristiana ha ricevuto e donato all'umanità come indicazione del cammino". La via d'uscita dal tunnel nichilista, nel quale si è smarrita il pensiero post-moderno, è dunque indicata nell'equilibrio di fede e ragione, una feconda armonia/integrazione, che i secoli cristiani hanno stabilito e conservato. Malgrado le contrarie apparenze, è dunque possibile affermare che, per effetto del pontificato di Benedetto XVI, è iniziato il riscatto della verità cattolica, sofferente sotto la massa imprigionante/umiliante dei coriandoli lanciati dalle finestre dell'irenismo teologizzante. Nella tormentata storia della Chiesa durante l'età delle neo-rivoluzioni, la figura di Benedetto XVI rappresenta la volontà di sciogliere il nodo stretto dalla incauta/illusoria mitologia diffusa dal Concilio Vaticano II intorno all'autocorrezione dei moderni erranti. I puntuali ragionamenti e le critiche taglienti indirizzate da papa Ratzinger alle scolastiche, che avviliscono e tormentano la politica in scena nelle nazioni occidentali, comunità uscite dall'incubo ideologico per entrare nell'inferno del nichilismo, sono finalizzati al superamento degli errori piuttosto che alla loro paciosa/precipitosa assoluzione e alla loro empiamente pia assimilazione. Benedetto XVI ha iniziato un cammino opposto a quello suggerito dall'irenismo emanato dal Vaticano II. per influsso di uno smodato e incontrollato ottimismo. Nella scrupolosa post-fazione ai discorsi di papa Ratzinger, monsignor Giampaolo Crepaldi, quasi aggredendo l'opinione di Karl Rahner sui cristiani anonimi, sottolinea opportunamente il rifiuto opposto al relativismo e rammenta che "la libertà di religione non vuol dire che qualsiasi scelta religiosa conferma e verifica la libertà di religione". Opportunamente Benedetto XVI indica la causa della fragilità/volubilità della cultura di massa nella presunzione scientista: "La capacità di vedere le leggi dell'essere materiale ci rende incapaci di vedere il messaggio etico contenuto nell'essere, messaggio chiamato dalla tradizione lex naturalis, legge morale naturale". Di qui la critica inflessibile al positivismo giuridico malattia senile della modernità. Il 22 settembre del 2011, nel magistrale discorso al parlamento tedesco, Benedetto XVI, indicando la via d'uscita dall'irenismo, affrontò risolutamente il nodo del positivismo giuridico elucubrato da Hans Kelsen, attribuendolo a una ragione mutilata e perciò "non in grado di percepire qualcosa al di là di ciò che è funzionale" e in ultima analisi diventata strumento degli "ismi" di nuova e velenosa generazione: "Dove la ragione positivista si ritiene come la sola cultura sufficiente, relegando tutte le altre realtà culturali allo stato di sottoculture, essa riduce l'uomo, anzi minaccia la sua umanità". Di qui lo svolgimento di un magistero finalizzato alla correzione dell'ottimismo infondato e delle incaute aperture alla modernità. Il 17 settembre del 2010, rivolgendosi alle autorità del Regno Unito, Benedetto XVI, dopo aver citato San Tommaso Moro, la vittima in casa degli eredi dal boia Enrico VIII, ha segnato gli stretti confini oltre i quali la moderna democrazia non può essere condivisa: "Se i princìpi morali che sostengono il processo democratico non si fondano, a loro volta, su nient'altro di più solido che sul consenso sociale, allora la fragilità del processo si mostra in tutta la sua evidenza". Benedetto XVI ha affrontato anche il nodo dell'assolutismo democratico: ammesso quale strumento indispensabile la decisione a maggioranza l'autore osserva che "anche le maggioranze possono essere cieche o ingiuste. La storia lo dimostra in modo più che evidente: quando una maggioranza- per quanto preponderante - opprime con norme persecutorie una minoranza, per esempio religiosa o etnica, si può parlare ancora di giustizia o in generale di diritto?" Per uscire dal circolo vizioso avviato dall'assolutismo democratico, inversione demoniaca dell'ordine civile, occorre superare "il culto politico opposto alla verità, che è culto dei demoni, mettere l'unico universale servizio alla verità, che è libertà". Il problema che angustia i politologi postmoderni, in conseguenza di tale premessa, è ricondotto alla verità intravista (obliquamente) dal greco Evemero da Messina (330-250 a. C.), il quale sosteneva che "tutti gli dèi sono stati in origine una volta uomini". La riflessione sul paradosso di Evemero aiuta a vedere la realtà in agitazione alle spalle della democrazia assoluta: la divinizzazione dell'uomo è fomite di una politica schiavizzante. Considerata alla luce della tragica esperienza della mitologia politica in scena nei secoli delle rivoluzioni sterminatrici, la ruvida ed equivoca demistificazione di Evemero suggerisce il riconoscimento della bontà insita nell'unica rivoluzione che può interrompere il circuito della democrazia tiranna: la certezza che "ogni religione pagana poggia su una iperbolizzazione di sé da parte dell'uomo". In ultima analisi, Benedetto XVI rivela che la infernale vanità del paganesino agisce nei sistemi generati dal pensiero prevalente nell'età moderna. L'orizzonte della libertà è pertanto avvicinabile solo dalla scienza politica capace di percorrere la via di una demistificazione, con una decisione che abbia per bersagli la tracotanza e la superbia degli uomini abbagliati e fulminati dal potere del loro denaro e storditi dagli inni declamati dai loro servi. Obbediente al consiglio evangelico di rinunciare al corteo funerario degli illusi e dei devianti, Benedetto XVI non chiama in causa gli intontiti banditori di un umanesimo integrale concepito nella luce modernizzante emanata dagli errori di rivoluzioni in corsa lungo le piste sanguinarie del delirio e dell'autodistruzione prima di accedere alle disarmate sacrestie. Papa Ratzinger allude implicitamente al fallimento procurato ai democristiani dall'adesione all'umanesimo di Jacques Maritan, ed indica una via di liberazione dalla avventizia chimera incombente sulla vita politica contemporanea: l'illusione di aver chiuso vittoriosamente la partita con le ideologie criminogene emanate dal secolo dei lumi al lumicino. La filosofia politica proposta da Benedetto XVI indica la via difficile che i cattolici devono percorre per non estenuarsi nelle manfrine politicanti al suono dei pifferi in discesa dalla montagna democristiana. Il rimanente è il girare vano dei superstiti testimoni della teologia della liberazione intorno alla confusione tra poveri e poveri in spirito.

sabato 18 gennaio 2014

Manifesto di Verona

QUELLA “MERAVIGLIOSA UTOPIA” di Filippo Giannini. Viviamo l’anno 2013; il passato novembre è stato l’anniversario dell’enunciazione di quello che viene ricordato come il “Manifesto dei 18 Punti di Verona”. Quanto in esso contenuto è la logica conseguenza delle origini fasciste del 1919: principi che hanno attraversato il “Ventennio”, con un susseguirsi costante di decreti e leggi, di chiarissime finalità sociali, che già allora erano all’avanguardia, non solo in Italia, ma nel mondo intero e senza le quali oggi vivremmo su “palafitte sociali”. Tappa fondamentale di questo processo sono i principi essenziali dell’ordinamento corporativo, espressi e ordinati dalla “Carta del Lavoro” che vide la luce il 21 aprile 1927. La “Carta del Lavoro” portava il lavoratore fuori dal buio del medioevo sociale per immetterlo in un contesto di diritti dove i rapporti fra capitale e lavoro erano, per la prima volta nel mondo, previsti e codificati. In altre parole, la nascita dello Stato Corporativo rappresentò l’intento di superare sia le angustie imposte dallo Stato liberale, sia le sanguinose illusioni dello Stato sovietico. Questo esperimento, tutto italiano, incontrò vasti consensi presso i lavoratori di tutto il mondo, tanto da spaventare i manovratori della finanza internazionale che avvertì il pericolo mortale e operò per abbattere il Fascismo e le sue idee. Cosa che si verificò con la violenza delle armi. Il 14 ottobre 1944 Benito Mussolini così sintetizzava, lapidariamente, quei “Punti” i cui aspetti vitali erano le leggi sulla socializzazione delle imprese: . Questa “meravigliosa utopia” è oggi riproponibile per risolvere i problemi che angustiano l’attuale mondo, privo di ogni remora e adagiato sul sistema di vita americano? Il teorico e storico della dottrina cattolica Don Ennio Innocenti, che tanti anni ha dedicato allo studio e all’insegnamento, ha scritto che il problema affrontato da Mussolini nell’ultimo decennio della vita . E ha aggiunto: . Che il messaggio mussoliniano sia , si evince chiaramente anche dall’ enciclica “Rerum Novarum” di Papa Leone XIII del 1891, nella quale è definita la dottrina sociale della Chiesa. In essa è ben chiara la condanna degli eccessi del capitalismo e dei monopoli; la denuncia dello sfruttamento dei lavoratori qualificandolo come peccato sociale, ribadisce, nel contempo, la legittimità della proprietà, ma solo come funzione sociale che deve essere rispettata. Pure se sembra strano, anche da oltre Oceano giunsero segni di apprezzamento per l’opera messa in atto dall’Italia del Ventennio. J.P. Giggins, autore del libro L’America, Mussolini e il Fascismo, a pag. 45, ha scritto: . E Renzo De Felice aggiungeva: . Nonostante l’accostamento di principi così elevati, il “messaggio” del novembre 1943 è stato obliato proprio da quegli stessi che si sono considerati gli epigoni e i continuatori delle idee del Fascismo e della Repubblica Sociale. In questo secondo interminabile dopoguerra è stato scritto dai seguaci di questa “Repubblica nata dalla Resistenza” che l’idea mussoliniana della Socializzazione . E’ uno dei tanti artifizi di un regime corrotto e inetto, terrorizzato dal dover affrontare un serio confronto con lo Stato che lo aveva preceduto; tanto terrorizzato che è stato costretto a creare una cortina di menzogne e, contestualmente, a varare leggi antidemocratiche e liberticide, quali la “Legge Scelba”, la “Legge Reale” e la “Legge Mancino”. L’attuabilità della socializzazione delle imprese è dimostrata dalla storia. Infatti, anche se la situazione nel 1944 stava precipitando a causa del disastroso corso della guerra, nelle imprese socializzate si riscontrò un notevole incremento della produzione. A dicembre 1944 Nicola Bombacci programmò una serie di comizi e conferenze fra le imprese socializzate e, tra queste, visitò la Mondadori, traendone sorpresa e emozione. A seguito di ciò, inviò una lettera a Mussolini nella quale, fra l’altro, scrisse: . La guerra volgeva ormai alla fine e, come ha scritto Amicucci ne “I 600 giorni di Mussolini”: . Il 20 aprile 1945 gli eserciti invasori ruppero il fronte a Bologna e dilagarono nella pianura Padana. Era la fine. I comunisti che controllavano il C.L.N.A.I., come primo atto ufficiale, firmato da Mario Berlinguer (padre di Enrico), addirittura il 25 aprile, mentre si continuava a sparare ed era iniziato “l’olocausto nero”, come primo atto ufficiale abolirono la legge sulla socializzazione. Era il dovuto riconoscimento da parte dei comunisti verso il grande capitale, per l’aiuto economico elargito da quest’ultimo al movimento partigiano, dominato al novanta per cento dai comunisti.

giovedì 9 gennaio 2014

GUAI AI VINTI !!!

QUEL VOLO DEGLI “ANGELI DEL BENE” SU MY LAI dI Filippo Giannini A loro piace essere chiamati gli Angeli del Bene, incensati dalla Divina Provvidenza ed inviati su questo triste pianeta per lottare contro le Forze del Male in quei tempi impersonati dal Nazionalsocialismo e dal fascismo. Loro, dopo l’abbattimento delle due bieche tirannie hanno continuato (e continuano) a lottare contro ogni nemico che, di volta in volta, è impersonato nel maligno. Loro hanno punito tutti i tiranni che si sono resi colpevoli di stragi e malvagità. In questa lotta contro le Forze del Male, gli Angeli del Bene hanno operato su tutto il globo ove hanno lasciato la loro traccia a Stelle e Strisce. Un volo di questi Angeli è poco conosciuto e proviamo a proporlo: riguarda un episodio (uno fra i mille e mille) che avvenne durante la guerra del Vietnam. My Lai è un piccolo villaggio vicino alla costa del Vietnam Centrale. Gli abitanti vivono di pesca e di agricoltura. Quanto stiamo per ricordare proviene da fonti statunitensi e, quindi, al di sopra di ogni sospetto La Compagnia Charly del 1° battaglione di fanteria americano si era formato e addestrata in Georgia e alle reclute . Niente di strano: erano soldati e loro dovere era quello di uccidere il nemico. Al termine dell’addestramento gli uomini della Compagnia Charly giunsero nel Vietnam dalle Hawaii, nel dicembre 1967. La Compagnia era considerata la migliore del battaglione, i loro componenti provenivano da ogni parte degli Stati Uniti e appartenevano a famiglie della media borghesia americana. La Compagnia Charly per alcune settimane fu sottoposta a ripetuti scontri con i vietcong della zona di My Lai. Durante uno di questi combattimenti quattro soldati americani rimasero uccisi e 38 feriti. Immediatamente fu predisposta una rappresaglia. I servizi segreti statunitensi ritenevano che a My Lai risiedesse il Quartier Generale dei vietcong. Era una informazione errata. Il 15 marzo 1968 fu messo a punto l’attacco contro il villaggio e l’ordine venne dal colonnello Herald Anderson, comandante della brigata, e trasmesso al capitano Ernest Mandela, comandante della compagnia Charly. Nessuno del comando ammise mai la propria responsabilità per ciò che accadde. Il sergente Kennet Hodges, reduce di quell’operazione, ha testimoniato: . L’attacco su My Lai avvenne, come in molti altri casi, con gli elicotteri. Erano appena passate le sette del mattino ed era sabato. Secondo i Servizi Segreti, a quell’ora tutti i civili erano al mercato e al villaggio sarebbero rimasti solo i vietcong. I primi elicotteri arrivarono su My Lai alle 7,35; in venti minuti tutti i 120 uomini e i cinque ufficiali della compagnia avevano preso terra e nessuno sparò alcun colpo contro di loro, né ci fu alcun cenno di resistenza. Racconta una donna, Phan Thi Tuan, scampata al massacro: . Un reduce, Varnando Simpson, racconta: . Fred William, anche lui reduce da quella missione testimonia: . Un’altra donna, So Thi Qui: . E il raccnto di una giovane donna, Phan Thi Trin: . Le comunicazioni radio rivelarono che il comando era a conoscenza del massacro. Il capitano Thompson quel giorno era a bordo del suo elicottero e in quelle ore volava basso sul luogo dell’eccidio. Quando vide che i soldati avanzavano verso un gruppo di donne e di bambini indifesi, ordinò al suo equipaggio di puntare le armi contro i suoi compagni a terra. Qualora questi avessero sparato contro i civili . La testimonianza del sergente Kenneth Hodges è sintomatica: . Malgrado la totale assenza di qualsiasi resistenza, il tenente William Calley continuò a ordinare ai suoi uomini di proseguire il massacro. La maggior parte obbedì, pochi si rifiutarono e fra questi Hanry Stanley che si oppose di eseguire gli ordini, malgrado le minacce del tenente Calley. Alle 11,30 la compagnia Charly fece una pausa per il pranzo, avevano ucciso più di 400 persone. I giornali americani, giorni dopo, parlarono di una importante vittoria e di molti nemici uccisi. Quanto è accaduto a My Lai è stato tenuto celato per molto tempo. Quando la notizia del massacro si sparse per tutto il mondo, generò una ondata di sdegno e di orrore. A seguito di ciò gli uomini della compagnia Charly furono posti sotto inchiesta e si dichiararono . Il comandante, capitano Ernest Mandela, contestò le accuse con queste parole: . Il tenente William Calley, accusato di 109 assassinii si difese sostenendo di aver eseguito degli ordini. Ebbene dei 46 uomini della compagnia Charly, colpevoli di assassinii, stupri, mutilazioni, uno solo fu condannato: il tenente William Calley. Ma l’opinione pubblica americana subì una metamorfosi: da una situazione di vergogna e di condanna si trasformò in un atteggiamento di giustificazione e di perdono. William Calley, incarcerato per tre giorni, fu rilasciato per ordine del presidente Nixon e posto agli arresti domiciliari. Tre anni dopo la prima sentenza che lo condannava all’ergastolo, fu rilasciato sulla parola. A seguito di quanto sin qui scritto, il passaggio ad un accostamento alle rappresaglie messe in atto dalle Forze del Male nel secondo conflitto mondiale, risulta automatico. Ma è un accostamento improponibile, e ci spieghiamo. Le Convenzioni Internazionali di guerra vigenti sino al termine del 1945 prevedevano, in ben circostanziati casi, il Diritto di rappresaglia, in questi termini: . Ne consegue che, pur nella loro ferocia, stupidità e inutilità, le rappresaglie messe in atto dalle Forze del Male nella seconda guerra mondiale erano, perlomeno, atti leciti. Invece, nel dopoguerra, il Diritto Internazionale, l’atto, allora lecito, venne modificato : . Di conseguenza tutte le azioni, tutte le rappresaglie messe in atto dal 1949 in avanti, non essendo ammesse – anzi esplicitamente condannate dal Diritto – debbono essere considerate semplicemente degli assassinii di massa e gli autori, veri criminali di guerra, perseguibili in ogni momento. Ci siamo spiegati?

lunedì 21 ottobre 2013

Piccoli Creditori senza più tutela (Articolo tratto da " Italia Oggi")

Giustizia sempre più lontana, tanto che un credito di poche migliaia di euro non ha più nessuna possibilità di essere tutelato. E ‘uno degli effetti della manovra di stabilità che inizia in questi giorni il suo percorso parlamentare. Infatti una delle misure della manovra sarà quello di render molto più oneroso il costo dell’accesso al servizio giustizia: a tal punto da non rendere più conveniente avviare un’azione giudiziaria per importi di cinque o diecimila euro. Infatti l’anticipazione forfettaria per le spese di notifica a carico degli uffici che viene più che triplicata, passando da 8 a 25 euro. Oltretutto il contributo in misura fissa incide in misura proporzionalmente più forte per le cause di importo inferiore. A questo si deve aggiungere la cancellazione dei tribunali minori che ha accentrato in quelli di maggiori dimensioni le sedi degli ufficiali giudiziari che devono fare le notifiche e curare le esecuzioni. Una delle conseguenze è che l’indennità di trasferta degli ufficiali giudiziari costerà in di più in molti casi a causa del rimborso chilometrico che è proporzionale alla distanza che deve essere percorsa. Questo nuovo balzello si aggiunge all’incremento del contributo unificato per le spese di giustizia che negli ultimi 10 anni è si è quintuplicato. Basti pensare che per un ricorso al Tar alcuni anni fa si spendevano 340 euro e ora siamo a quota 650, ma nel caso di appalti oltre 1 milione di euro si arriva fino a 6mila euro. Oppure che le cause di valore fino a 1033 euro erano esenti e ora si pagano 62 euro tra contributo unificato e anticipazione delle spese di notifica. Oppure, ancora, che non sono esenti da contributo unificato nemmeno separazioni e cause di lavoro. E non è aumentato solo il costo dell’accesso al pianeta giustizia. Costano di più anche il secondo grado (contributo aumentato della metà) e il ricorso in cassazione (contributo raddoppiato). di Marino Longoni

lunedì 23 settembre 2013

GLI ONESTI e I DISONESTI da un'articolo di Filippo Giannini che sarà pubblicato sul Popolo d'Italia

di Filippo Giannini Sì, ripeto e chiedo: insomma esiste il Male Assoluto? La mia risposta, per quanto a mia conoscenza, è affermativa. Esiste e come se esiste, solo che i paraculetti ci hanno indicato quello che tale non è! Questo articolo mi è stato ispirato dopo aver letto che il signor Andrea Signorelli, ex presidente dell’Inps percepisce una pensione di circa 90 mila Euro al mese. E non è il solo; infatti di super pensionati – delle così dette pensioni d’oro – in Italia ce ne sono circa 100 mila che ci costano intorno ai 13 miliardi di Euro l’anno. Questo è almeno quanto mi risulta. Allora, come dal titolo, facciamo un saltino qua e là… e iniziamo con quello che sembrerebbe una favola. L’Onestà: Sino a fine novembre 1943, Mussolini rifiutò ogni appannaggio non solo a titolo personale, ma anche per le spese della sua segreteria. Il Ministro Pellegrini-Giampietro (un fenomeno di Ministro di cui spero di trattare il profilo quanto prima) in una memoria pubblicata su Il Candido del 1958, ha scritto: . Infatti a guerra terminata la moglie del Male Assoluto, data l’indigenza in cui si trovavano lei ed i figli, chiese allo Stato italiano (quello nato dalla Resistenza) la pensione del marito, in quanto, bene o male, era stato capo del governo per più di vent’anni. Ebbene l’Inps si trovò in difficoltà nell’assegnare la pensione in quanto il marito aveva sempre rifiutato qualsiasi emolumento. Questo ricordo è dedicato ai vari Andrea Signorelli e ai centomila suoi Gemelli. L’Efficienza; nel ricordo del tratto Salerno Reggio Calabria: nel 1937, XV E.F. in Libia, la Via Balbia (la strada nazionale costiera che ancora congiunge Amseat, sul confine con l’Egitto, alla frontiera con la Tunisia), fu costruita in 18 mesi. In Etiopia la Addis Abeba-Massaua, una strada di 1.600 chilometri, con i mezzi tecnici di allora, fu realizzata in 18 mesi. Vogliamo parlare dei miracoli compiuti in quel periodo? Come ad esempio la costruzione in Italia e nelle colonie di decine e decine di nuove città? In uno dei prossimi articoli ne parlerò; in ogni caso chi volesse approfondire subito può leggere il mio libro “Benito Mussolini nell’Italia dei miracoli” così potrà saggiare l’entità del “male che fece il Male Assoluto”. Stando a quanto riportato nella trasmissione televisiva Quinta Colonna del 17 settembre 2013, sembra che la Presidentessa della Camera desideri (e, come si sa, i desideri di una Signora sono sacri) la sua macchina blue ed avrebbe puntato gli occhi su una BMW, il cui costo, sempre stando a quanto riportato nella suddetta trasmissione, sia di circa 70 mila Euro: mi pare di ricordare che al Male Assoluto la Lancia, in occasione dell’uscita del modello Lancia Ardea, gli avesse donato un modello; ma questi rifiutò il regalo. Solo dopo ripetute insistenze della fabbrica, l’auto fu accettata, ma solo dopo averla pagata. E la pagò con i soldi suoi. Avete sentito quanti proprietari (padroni) di fabbriche chiudono in Italia, per trasferirsi all’estero? Colpa vostra signori lavoratori, o colpa dei vostri padri o nonni. Perché? Facciamo un altro saltino. Per chiarezza ricordiamo che la Socializzazione proposta dal Male Assoluto faceva sì che i lavoratori partecipassero alla vita dell’azienda e alla partecipazione degli utili. In altre parole i lavoratori divenivano compartecipi e comproprietari dell’azienda. Ciò premesso, molto brevemente perché tornerò quanto prima sull’argomento, vediamo quanto ha scritto Bruno Tomasich su “L’altra storia”: . Per ripagare il notevole contributo avuto dai grandi industriali, i comunisti che controllavano appieno il CLNAI, come primo atto ufficiale, addirittura il 25 aprile 1945, proprio mentre si continuava a sparare e mentre era iniziato "l'olocausto nero", ripeto, come primo atto ufficiale ci fu l'abolizione della "Legge sulla Socializzazione". E l’operazione fu condotta proprio dal padre di Enrico Berlinguer. Non lo sapevate? D’altra parte fu legittima difesa, in quanto i Berlinguer erano ricchissimi proprietari terrieri. La prova? Eccola con i nomi: i comitati di liberazione dell’antifascismo sono accusati di connivenza con la grande finanza e i grandi industriali da precise documentazioni, come riporta l’archivio di Riccardo Gualino (Cartella n° 20 – Partiti Resistenza 1944-1945), fra queste, di rilievo la lettera datata 26 ottobre 1944 del Reparto Fronte clandestino di Resistenza che ringrazia per il contributo di 3 milioni di lire. Altre 250.000 lire furono ricevute dalle brigate partigiane del Piemonte. C’è una lettera (13 luglio 1945) con la quale si ringrazia per il sostegno finanziario fornito ad Aldo Garosci in data 26 marzo 1945. I Gualino, come scrive Bruno Tomasich, . E ancora, riporto sempre dall’interessantissima fonte: . Insomma, la lotta proletaria aveva a capo un super-banchiere: Alfredo Pizzoni. Insomma, caro lavoratore sei stato nfregato, ma non maledire tutti, d’altra parte per la sorte della guerra la Resistenza fu assolutamente ininfluente; si distinse solo per le stragi di uomini, donne e bambini (sì, tanti bambini colpevoli di essere figli di fascisti, o supposti tali), stragi avvenute, eroicamente, a guerra terminata. Mi riprometto di tornare sull’argomento Socializzazione quanto prima. Chiudo citando le ultime parole del Male Assoluto: . Interpretando il pensiero del soggetto del presente articolo, termino esortando i lavoratori a non permettere che le fabbriche vengano chiuse e trasferite all’estero: occupatele e socializzatele. 1) Ricordiamo che Nicola Bombacci fu uno dei tre fondatori nel 1920 del Partito Comunista d’Italia. Bombacci dopo un periodo di vita nel Paradiso bolscevico rientrò inorridito in Italia e volle morire assassinato accanto a Mussolini, perché, come disse: sarà Mussolini a portare il socialismo in Italia.

lunedì 9 settembre 2013

LA GRANDE DEPRESSIONE DEL '29 e L'ATTUALE CRISI

Presa diretta è un programma, diciamo politico, trasmesso settimanalmente da Rai/3 (una volta indacata come Radio Kabul). Ebbene il giorno 2 settembre 2013, il conduttore Riccardo Lacona, scrupolosamente con un brillantino all’orecchio sinistro, certamente per essere consono alla way of life yankee, ad un certo punto della trasmissione intervistò un signore. Questi era seduto in uno stanzone, dietro a lui, sullo sfondo, si intravedeva un grande quadro raffigurante Karl Marx; rispondendo ad una domanda del conduttore disse che per uscire dalla crisi che ci attanaglia, dovremmo fare quel che fece negli anni ’30 Franklin D. Roosevelt. Data l’enormità della bestemmia non potei trattenermi dal fare un balzo dal divano dove ero seduto. Provo a spiegarne il motivo. Per prima cosa prego i lettori di leggere attentamente e di tenerlo ben presente anche oltre la fine della lettura, quanto ebbe a dire l’allora futuro Presidente Usa Woodrom Wilson. Questi tenne una lezione alla Columbia University e, sfacciatamente, così caricò la mentalità predatoria degli studenti americani: . Sarebbero sufficienti queste parole per comprendere “come siamo ridotti oggi!”. Ma non basta, tanto è sufficiente per esclamare: e pensare che in Europa ci sono ancora tanti idioti che festeggiano la data della “liberazione” del 1945! Ma la lezione di Woodrom Wilson è solo un passaggio; vediamo le sue radici. Quello che poi sarà il primo Presidente degli Stati Uniti, George Washington profetizzò quella che sarà la guerra contro l’Europa (cito a memoria): . Pochi decenni dopo subentrò colui che sarà il quinto Presidente Usa, James Monroe con la sua famosa Dottrina, detta, impropriamente: Dottrina Monroe (2 dicembre 1823): essa sanciva che il continente americano (tutto, incluso quello meridionale!) non era un territorio destinato alla colonizzazione europea e che ogni tentativo delle potenze europee di estendere la loro influenza sul continente americano sarebbe stato considerato dagli Stati Uniti come una minaccia. In altre parole gli Stati Uniti ponevano la propria sovranità non solo sull’America del Nord (che sarebbe pure stato giusto e ovvio), ma su tutto il “continente americano”, quindi anche sull’America meridionale. Infatti non tardò molto che gli statunitensi si avvalsero di questo diritto (?). E questo diritto sarà esercitato non solo sul continente americano tutto, ma su ogni angolo del mondo, grazie all’alleanza massonica della diabolica triade Francia-Gran Bretagna-Stati Uniti. Gli effettivi padroni del mondo, anche grazie alla scarsa capacità politica dimostrata nel XX Secolo. Le prime due cadranno da Potenze Mondiali, lasciando il posto alla terza, quella cioè, come ha scritto Bernhard Shaw: . Quindi siamo messi bene! Da Bernhard Shaw, anche il direttore della rivista Harper’s: . E siamo come stiamo! Torniamo alla ci a zeta zeta a ta proferita dal capiscine di turno nella ricordata trasmissione Presa diretta e cioè che per uscire dalla crisi dovremo fare come Roosevelt negli anni ’30. Anticipo che negli anni ’30 tutto il mondo – ad eccezione di Italia e Germania – affogavano nella crisi congiunturale iniziata nel 1929. Si facciano forza il capiscione e il signor Riccardo Lacona, ma quanto segue è la verità VERA. In merito sentiamo quanto hanno scritto su “L’Economia Italiana fra le due Guerre” Giorgio De Angelis, laureato in Scienze politiche all’Università di Roma: . E, sempre nello stesso volume, il professor Gaetano Trupiano, a pag. 169, afferma: . Ed ora altre citazioni . J.P. Diggins (L’America, Mussolini e il Fascismo) a pag. 45 ha scritto: . E ancora: il giornale Noradni Novnij di Brno, il 15 dicembre 1933, scriveva: <(…). In Italia il piano Mussolini rende una popolazione felice e nuove città sorgono in mezzo a terre redente, coperte ovunque di biondi cereali>. Caro Capiscione e caro signor Riccardo Lacuna, un invito accettatelo, se siete solo ignoranti vi suggerisco di andare a leggere la Storia (quella vera); se invece la vostra è solo malafede, beh! Continuate così. Però aggiungo: l’Italia sotto il male assoluto, pur essendo una piccola provincia in una grande Europa, tuttavia dettava leggi al mondo. Una prova? Una volta eletto Roosevelt, (e questo nel dopoguerra venne accuratamente nascosto) inviò nel 1934, in Italia Rexford Tugwell e Raymond Moley, due fra i suoi più preparati uomini del Brain Trust per studiare il miracolo italiano. Lucio Villari ha scritto: . Roosevelt inviò Rexford Tugwell a Roma per incontrare Mussolini e studiare da vicino le realizzazioni del Fascismo. Ecco come Lucio Villari ricorda il fatto tratto dal diario inedito di Rexford Tugwell in data 22 ottobre 1934 (Anche l’Economia Italiana tra le due Guerre, ne riporta alcune parti; pag. 123): . Molti economisti americani, vedevano nel Corporativismo italiano il coordinamento economico statale necessario davanti alla bancarotta liberista del lassez-faire, quindi suggerirono a Roosevelt di introdurre anche negli Stati Uniti qualcosa di simile al corporativismo italiano, il New Deal. Così nel 1933 (attenzione alla data signor Capiscione) Roosevelt firmò il First New Deal e il Second New Deal venne firmato nel 1934-1936. Lo stesso Bernhard Shaw affermò che . Fu un grande avvenimento, ma costituiva un ulteriore motivo di attrito con quei Paesi che adottavano il sistema liberista in economia e questo aggravato ancor più dal fatto che in quasi tutti i Paesi del mondo sorgevano partiti o movimenti tendenti a seguire l’esempio italiano. Che l’Italia fosse sulla strada giusta è attestato proprio da colui che è considerato uno dei maggiori scrittori del secolo: Giuseppe Prezzolini. Giuseppe Prezzolini nacque per caso (così era solito dire) a Perugia il 27 gennaio 1882 (morì, centenario, a Lugano nel 1982). Iniziò la sua attività di giornalista ed editore appena ventunenne. Dopo aver partecipato alla Prima Guerra mondiale si trasferì negli Stati Uniti nel 1929; ma, come poi scriverà, non mancherà di tornare frequentemente in Italia. Dopo uno di questi viaggi compiuto nei primi anni Trenta, scrisse: . Il grande banchiere americano John P. Morgan sembra condividere l’opinione di Prezzolini: . E questo, e tanto altro ancora in Italia, mentre l’America in quegli anni ancora navigava nella grande congiuntura che portava centinaia di persone al suicidio per la disperazione e la miseria. La grande Nazione americana doveva provvedere ad assistere 13 milioni di disoccupati. Questo, mentre l’Italia fascista era impegnata in una pianificazione economica di vasta portata. Il Presidente americano intravide nel piano italiano i mezzi necessari per porre rimedio ai mali esplosi nel 1929; nel contempo quegli stessi mezzi potevano essere utilizzati per evitare che nel futuro il Paese potesse cadere nella medesima crisi. Roosevelt imboccò quella strada utilizzando, però, mezzi e leggi non proprio conformi ad una democrazia. Con questa definizione ci riferiamo all’Executive Order 6102 a firma di Franklin D. Roosevelt: con tale Order veniva imposto agli americani di consegnare tutto l’oro alla Federal Riserve. A questa imposizione faceva eccezione l’oro utilizzato per scopi professionali, ad esempio, per i dentisti. Chi non ottemperava rischiava una pena di 10 mila dollari (del valore del tempo) e fino a 10 anni di carcere. In Italia, invece, proprio in quegli anni, sotto la dittatura mussoliniana vennero offerti alla Patria, con spontaneità ed entusiasmo, oltre 33 mila chili d’oro e più di 94 mila chili d’argento. Il testo, in lingua originale dell’Executive Order, viene riportato in Appendice n° 3 e 4 nel mio ultimo libro Le Guerre di Mussolini? (attenzione al punto interrogativo). Oggi la triade gangsteristica, Usa, Gran Bretagna e Francia, o quel che rimane dei soliti noti, stanno organizzando un nuovo attacco, questa volta tocca alla Siria, Le giustificazioni sono le solite banali, e pre-costruite. E la solita storia che si ripete da almeno quattro secoli. Tratto dalla rete-articolo di Giannini

mercoledì 3 luglio 2013

MATRIMONI GAY

di Antonio Socci Cara Rosy, vorrei segnalarti una notizia: in India, il 31 maggio scorso, una ragazza di 30 anni, Bimbala Bas, ha sposato un cobra. Magari il fatto riempirà di entusiasmo il tuo schieramento politico (che si professa “multiculturalista”, dunque aperto a tutti i costumi non occidentali). Di certo tu dovrai considerarlo nella tua attività di ministro mandato a dare “riconoscimento pubblico” ai nuovi tipi di “famiglia”. E’ successo in un villaggio di Atala, nello stato indiano di Orissa. I sacerdoti della sua setta vegetariana e animalista hanno celebrato il rito, con la solita festa tradizionale del paese, fra il rettile, che vive presso un formicaio e la sposa, vestita di seta come vuole la tradizione, che ha assicurato di comunicare in modo speciale col suo novello sposo e che ora è andata a vivere in una capanna vicino al formicaio del “coniuge”. La madre della ragazza, Dyuti Bhoi, ha dichiarato: “sono felice”. E’ proprio il caso di dire “parenti serpenti”… I compaesani sono stati altrettanto contenti perché ritengono che il fatto sia di buon auspicio (il cobra nel mondo induista è un simbolo del dio Shiva). Non è un evento così speciale. Qualche mese fa un’altra ragazza indiana si è sposata con un cane. In tempi di multiculturalismo, con tante migliaia di immigrati che vengono a vivere in Italia e soprattutto adesso con le frontiere spalancate dal centrosinistra, sarà un bel problema per te, caro ministro, rispondere di no al riconoscimento da parte dello Stato anche di questo tipo di “famiglia” qualora queste coppie dovessero emigrare qua. O essere emulate da altri emigrati già nella penisola. Infatti, una volta affermato che lo Stato italiano deve riconoscere qualunque convivenza che unisca due esseri, in base a quale ragionamento si potrà negare a chi ha questi gusti tale riconoscimento? Sarebbe oltretutto una discriminazione di tipo religioso. E può l’Italia della Sinistra multiculturale negare alle minoranze di vivere secondo i propri costumi? Si dirà che in questo caso trattasi di uomo e animale e che tutt’altra cosa è la convivenza fra due persone. Certo, per me infatti sarebbe offensivo e assurdo metterli sullo stesso piano. Ma mi chiedo se è assurdo anche per la Sinistra che, per esempio, intende proibire gli esperimenti di laboratorio sui topi e permetterli sugli embrioni umani. E’ assurdo anche per la sinistra che in Spagna intende riconoscere i “diritti dell’uomo” anche alle scimmie? Se si afferma – come fanno i promotori dei Pacs, anche in Italia – che l’istituto “famiglia” deve essere definito soggettivamente e che ognuno, vivendo con chi vuole, ha il diritto di ottenere il riconoscimento statale e i privilegi relativi, come si può negare a chi sposa un cobra o un cane o un gatto il “diritto” di farlo con il riconoscimento dello Stato? Lo si vuole discriminare? E perché mai? Oltretutto – ripeto – nella Spagna di Zapatero è ormai operativo il progetto dei socialisti di riconoscimento dei “diritti dell’uomo” anche per le scimmie. Una volta che le scimmie avranno ottenuto tale parificazione all’uomo, come e perché si potrà negare loro il diritto di “sposare” degli esseri umani? Zapatero non è lontano, è il sol dell’avvenire della sinistra italica. E’ l’ ideale a cui guardano la Rosa nel pugno e – come si è letto sul Corriere della sera – diversi ministri e ministre di questo governo. In realtà i Pacs (che potrebbero comprendere pure il “modello King Kong”) in Italia trovano un muro invalicabile: la Costituzione italiana. Il testo della Carta è chiaro nell’ escludere i Pacs, cioè il riconoscimento giuridico di tutte le forme di convivenza che non siano il matrimonio fra due esseri umani, uno di sesso maschile e l’altro di sesso femminile. All’articolo 29 infatti afferma che “La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio”. Parlando di matrimonio è certo e indiscutibile che i costituenti, nel 1946, intendessero parlare dell’unico matrimonio esistente (allora come ora), cioè l’unione di un uomo e una donna contratta davanti allo Stato. Ma siccome c’è qualche Azzeccagarbugli della Sinistra secondo cui questa formulazione potrebbe essere intesa in senso lato (per esempio anche includente coppie gay), va sottolineato che al successivo articolo 30 si spiega nel dettaglio che per coniugi la Costituzione intende i “genitori” che hanno “dovere e diritto” di “mantenere, istruire ed educare i figli”. Ciò significa che una persona può organizzare come crede la sua vita privata, può vivere con chi vuole e come vuole, ma il riconoscimento dello Stato va solo a quell’unione che la nostra civiltà ha chiamato famiglia e che ha la prerogativa della procreazione e dell’educazione dei figli ovvero che si assume certi obblighi e costi per il bene di tutta la società. E’ questa utilità sociale che viene riconosciuta dallo Stato il quale fa corrispondere certi diritti all’assunzione di certi doveri. La Sinistra pretende di smantellare questo articolo della Costituzione senza passare attraverso le procedure previste dalla Costituzione stessa. Il colpo di mano è rappresentato appunto dai Pacs (anche se, cara Rosy, li camuffate con altre dizioni). Nessuno naturalmente si oppone alla rimozione di eventuali problemi che sorgono per certe forme di convivenza ed è stato dimostrato che tutti i problemi si risolvono anche con adeguate riforme (nell’ambito del diritto privato), ma quella che la Sinistra sta combattendo è solo una battaglia ideologica, che non c’entra niente con le persone concrete (le quali infatti hanno disertato tutti i registri delle unioni civili istituite presso i comuni). E’ una battaglia ideologica per smantellare questo caposaldo della civiltà occidentale: la famiglia (si badi bene, non la famiglia cristiana, ma la famiglia in sé, istituzione laica, già riconosciuta, per dire, nella Roma antica, patria del diritto, la famiglia che garantisce la sopravvivenza di una società). Tale battaglia ideologica viene combattuta cercando di parificare alla famiglia, nei fatti, nell’ambito del diritto pubblico, tutte le forme di convivenza e arrivare – per esempio – all’adozione di bambini anche da parte di coppie omosessuali. Su Avvenire tu, ministro Rosy, hai scritto che bisogna prendere atto che ci sono “tante e diverse famiglie”: questo è il punto. Hai detto ovviamente una sciocchezza, perché invece nella Costituzione si riconosce il profilo giuridico di una sola “famiglia”, non di “tante e diverse famiglie”. Ma così hai dato la sensazione di voler obbedire alla Sinistra che intende andare proprio verso lo smatellamento (illegale) dell’articolo 29 della Costituzione e al furtivo riconoscimento, da parte dello Stato, di “tante e diverse famiglie”. Spero che non ti sfugga l’incostituzionalità dell’idea. E che ti renda conto dell’enormità devastante di questa svolta, di cui tu saresti un semplice strumento (si è davvero disposti a tutto per una poltrona ?). Tu dirai che sono ricorso a casi estremi – come la storia del matrimonio col cobra o col cane - per impressionare, mentre la realtà è diversa. Potrei risponderti che da sempre la cultura radicale usa i “casi estremi” (pensa alla vicenda dell’aborto). E potrei aggiungere che ormai la corsa nichilista è vertiginosa e i casi estremi diventano ben presto la norma (solo qualche anno fa anche la sinistra italiana giudicava folle la trasformazione del bambino concepito in cavia da esperimento e invece oggi eccoli lì). Tuttavia posso mostrarti un altro esempio, del tutto concreto, normale, che già riguarda la nostra società e che mette egualmente con le spalle al muro il vostro progetto nichilista. In Italia, come in Europa, vivono ormai decine di milioni di musulmani. Nel’ Islam, com’è noto, è permessa la poligamia, direttamente dal Corano. Fino a quattro mogli (mentre è proibito alle donne avere più mariti). Per quale ragione – se farete riconoscere dallo Stato tante forme di famiglia, compresa quella gay – non dovrebbe essere legalizzata anche la poligamia? Tu dirai che è una istituzione umiliante e degradante per le donne. Ma è solo la tua opinione (e anche la mia). Se ci sono (come ci sono) donne islamiche favorevoli, con quali ragioni impedirlo loro dopo che avete teorizzato che è famiglia ciò che soggettivamente l’individuo ritiene tale? Per i vostri principi multiculturali sarebbe una grave discriminazione. E quand’anche vi rifiuterete sarà la forza stessa dell’immigrazione islamica ad imporvelo. Il colonnello Gheddafi ha dichiarato ad Al Jazira il 2 maggio: “Vedo segni che preannunciano la vittoria di Allah sull’Europa senza ricorso a spade o fucili… Abbiamo in Europa 50 milioni di musulmani e la trasformeranno in un continente islamico fra pochi decenni”. Come vedi l’Eurabia non è un’invenzione della Fallaci. Alberto Ronchey sul Corriere della sera si è mostrato scioccato da queste parole. Giustamente. Ma se non controlliamo l’immigrazione e non blindiamo la Costituzione italiana, per esempio sulla famiglia e i diritti delle donne (e anche la Costituzione europea, d’impronta multiculturale), la poligamia – potete starne certi – arriverà. E voi, cara Rosy, porterete la responsabilità storica della distruzione della nostra civiltà. Ti rendi conto della gravità di ciò che – con spensierata incoscienza – state perpetrando ? E’ meglio dare ascolto all’Italia di buon senso. E alla Chiesa che già molte volte ha salvato la nostra civiltà dalle invasioni degli unni, dei vandali e da quelle dei musulmani. Fonte: AntonioSocci.it