martedì 30 dicembre 2008

BUON ANNO DI DESTRA


Il 2009 dovra’ essere il nostro anno, e con questo auspicio rivolgiamo il nostro augurio alla comunita’ che si ritrova attorno alle bandiere de La Destra, ai dirigenti, ai militanti, ai simpatizzanti, agli elettori.
Auguri anche a chi ha preferito altri lidi, perche’ la strada che abbiamo scelto si rivela troppo impervia per palati fini, poco abituati a lottare e a pazientare in attesa del tempo che verra’. Una strada dura, ma bella, che ci fa sentire degni di vivere.
Ma auguri soprattutto a tutti noi, a questa nostra gente con la pelle dura e tanto orgogliosa di continuare a essere di destra.
Buon anno nuovo, camerati!

sabato 27 dicembre 2008

LA QUESTIONE MORALE

Sono passati tanti anni da quando in molti, anche dalle nostre fila, andarono fuori dell’Hotel Raphael a tirare le monetine addosso a Bettino Craxi, l’esempio concreto della tangentopoli che da decenni sconvolgeva (?) l’Italia e gli italiani. Si alzavano le mani per far vedere che erano pulite. Eppure quell’uomo fu l’unico che ebbe le palle per affermare in un parlamento, non certo scevro da scempiaggini come quelle da lui commesse, che sì aveva “rubato” per il partito. Fu l’unico ad ammettere che esisteva un sistema di corruzione e di fondi neri. Fu l’unico che ebbe la faccia di farlo mentre gli altri rimanevno in silenzio. Un vergognoso e colpevole silenzio.E per certi aspetti fu proprio Craxi a mettere sul tappeto l’esistenza di una questione morale. Una questione morale che esiste da sempre. Dai tempi dei tempi. Che è connaturata nel nostro essere italiani.Oggi il problema della questione morale sembra essere tornato di “moda”. Si guarda a Pescara, a Potenza, a Napoli, a Firenze forse a breve anche a Roma. Si guarda e guardiamo tutti e mi viene da sorridere. Mi viene da sorridere perché questo nostro Bel paese è veramente il Paese di Pulcinella. Il Paese dove tutti sanno ma nessuno parla. Per paura? Per convenienza? Per malaffare? O perché in fondo tutti noi, nel nostro piccolo approfittiamo delle situazioni, degli amici, dei favori fatti e quindi ricambiati?Diciamo che è un poco di tutto questo. Un bel minestrone di usanze, di dicerie, di pensieri, di azioni, di giochetti, di personalismi, di incoerenza mascherata da scelte di vita, del nostro essere maneggioni e magliari, arruffoni e furbetti, di arrampicatori e di ladri di polli. E’ il nostro modo di essere società.Ci si scandalizza per le grandi truffe, per le gare d’appalto truccate, per i fondi neri a società e partiti, per gli intrighi di Palazzo, per gli intrallazzi tra finanza e politica ma non ci si scandalizza per i “regaletti” che portiamo al nostro medico o al nostro politico di riferimento, all’insegnate di nostro figlio o al mister della sua squadra nella speranza che lo metta nella posizione di gioco che noi vogliamo, all’amico che lavora all’ufficio postale perché ci faccia passare avanti o non mi faccia fare la fila. E via dicendo.E allora perché fare finta di scandalizzarsi se poi si scopre che un sindaco aveva la sua bella consulenza ad una Asl, se l’imprenditore pagava mazzette ai politici e ai tecnici per avere in appalto dei grossi lavori, se i partiti utilizzano fondi neri per andare avanti nella loro opera?Il Palazzo, come viene comunemente indicato da tutti, non è alto che la rappresentazione speculare della società del nostro Paese. Ci si scandalizza delle auto blu che circolano in Italia? Ci si scandalizza della mancanza di democrazia all’interno dei partiti dove tutto viene calato dall’alto, dove le candidature sono decise a tavolino, dove la meritocrazia è una parola vuota. Dove chi sbaglia non paga mai né si sogna di dimettersi dai propri incarichi. Non solo istituzionali ma anche interni ad un partito. La parola dimissioni non è scritta nel vocabolario di certi politici, di quelli che hanno fatto di essa un mero lavoro che porta potere e guadagno. Già, ci si scandalizza di tutto ciò senza soffermarsi un attimo a pensare chi gli ha permesso e chi gli permette tutto questo se non noi cittadini, impegnati o meno in politica.Del resto è facile puntare il dito contro qualcuno. E’ molto facile. Più difficile è vedere ed ammettere le proprie colpe, i propri errori. Aveva ragione da vendere Fabrizio De Andrè quando scriveva e poi cantava:“…E se credente ora che tutto sia come prima perché avete votato ancora la sicurezza, la disciplina, convinti di allontanare la paura di cambiare verremo ancora alle vostre porte e grideremo ancora più forte per quanto voi vi crediate assolti siete per sempre coinvolti, per quanto voi vi crediate assolti siete per sempre coinvolti….”.Sì, siamo anche noi coinvolti. Coinvolti nella questione morale. E lo siamo in prima persona perché, almeno per quanto concerne e riguarda i politici, siamo noi con il nostro voto “utile o inutile” che sia a mandarli nei Palazzi. Siamo noi a venderci per una promessa di un posto di lavoro. Siamo noi che accettiamo 100 euro in cambio di un voto. Siamo noi che crediamo supinamente a questo o quello, a promesse che cadono sempre nel vuoto. Pensando di cambiare e non cambiando assolutamente nulla.E’ vero, esiste una questione morale, ma per sconfiggerla dobbiamo prima fare i conti con la nostra morale e prima di puntare il dito sugli altri dobbiamo puntarlo su noi stessi senza aggrapparsi al giustizialista di turno e godere del tintinnio di manette. Perché quando si arriva a questo punto vuol dire che abbiamo perso tutti. E se vogliamo cambiare dobbiamo avere il coraggio di farlo. Ma di farlo veramente senza delegare gli altri. E’ troppo comodo. E’ troppo facile
Richelieu

IL NATALE NELLA POESIA LITURGICA di ROMANO IL MELODE

Adamo ed Eva
alla grotta del nuovo bambino
di Manuel Nin

Le tradizioni liturgiche orientali, molto spesso con forme letterarie belle e nello stesso tempo contrastanti, ci propongono la contemplazione del mistero della nostra fede. Romano il Melode, teologo e poeta bizantino del vi secolo, nel suo primo kontàkion (poema a uso liturgico) come ritornello ripete le parole "nuovo bambino, il Dio prima dei secoli" che riassumono il mistero celebrato: il Dio eterno, esistente prima dei secoli, diventa nuovo nel bambino neonato. La tradizione bizantina, celebrando la "nascita secondo la carne del Dio e salvatore nostro Gesù Cristo" accosta, sia nell'iconografia che nell'eucologia, la celebrazione del Natale a quella della Pasqua. L'icona del Natale nel bambino fasciato messo in un sepolcro vuole prefigurare già il sepolcro dove il Signore, di nuovo fasciato, verrà messo il Venerdì Santo per risuscitarne glorioso all'alba di Pasqua. I testi della liturgia con immagini molto profonde e vivaci ci propongono così tutto il mistero della nostra salvezza.
Nelle settimane precedenti il Natale, senza un vero e proprio periodo corrispondente all'Avvento delle tradizioni latine, la liturgia bizantina in bellissimi tropari ci ha fatto pregustare tutto il mistero dell'Incarnazione: l'attesa fiduciosa e la povertà della grotta, prefigurazione della miseria dell'umanità che accoglie il Verbo di Dio; e ancora, tutta la serie di figure e personaggi che si affacciano nella vita liturgica di questi giorni: i profeti Naum, Abacuc, Sofonia, Aggeo, Daniele e i Tre Fanciulli; Betlemme, quasi personificata e collegata con l'Eden; Isaia che si rallegra, Maria, la Madre di Dio presentata come "agnella", cioè colei che porta in seno Cristo, l'Agnello di Dio; infine, nelle due domeniche che precedono il Natale, i Progenitori di Dio da Adamo fino a Giuseppe, cioè la lunga serie di figure che hanno atteso il Cristo e che ci ricordano il fatto che anche noi siamo parte di una storia e di una umanità che l'accolgono nella veglia fiduciosa, ma anche nel buio, nel dubbio e nel peccato.
Nel secondo dei kontàkia Romano il Melode narra la visita di Adamo ed Eva alla grotta del neonato. Il canto di Maria all'orecchio del bambino sveglia Eva dal sonno eterno ed essa persuade Adamo di recarsi nella grotta per capire cosa sia quel canto. Nel dialogo tra Eva e Adamo svegliati ormai dal loro sonno la donna gli annuncia la buona notizia: "Ascoltami, sono la tua sposa: io, che sono stata la prima a provocare la caduta dei mortali, oggi mi rialzo. Considera i prodigi, guarda l'ignara di nozze che guarisce la nostra piaga con il frutto del suo parto. Il serpente una volta mi sorprese e si rallegrò, ma al vedere ora la mia discendenza fuggirà strisciando". La nascita verginale di Cristo diventa guarigione, salvezza per il genere umano ferito dal peccato.
E le risponde Adamo: "Riconosco la primavera, o donna, e aspiro le delizie da cui decademmo allora. Scorgo un nuovo, diverso paradiso: la Vergine che porta in grembo l'albero di vita, lo stesso albero sacro che custodivano i cherubini per impedirci di toccarlo. Ebbene, guardando crescere questo intoccabile albero, ho avvertito, o mia sposa, il soffio vivificante che fa di me, polvere e fango immoti, un essere animato. Adesso, rinvigorito dal suo profumo, voglio andare dove cresce il frutto della nostra vita, dalla Piena di grazia". Il risveglio di Adamo è una prefigurazione, in quanto viene collocato nella primavera, cioè nel contesto pasquale in cui sarà definitivamente riportato in paradiso. E questo è anche cambiato, rinnovato: "Scorgo un nuovo, diverso paradiso", che altro non è se non il grembo della Vergine che porta il nuovo albero della vita.
"Sono sopraffatto dall'amore che sento per l'uomo" risponde il Creatore. "Io, o ancella e madre mia, non ti rattristerò. Ti farò conoscere tutto ciò che sto per fare e avrò rispetto per la tua anima, o Maria. Il bambino che ora porti tra le braccia, lo vedrai fra non molto con le mani inchiodate, perché ama la tua stirpe. Colui che tu nutri, altri l'abbevereranno di fiele; colui che tu chiami vita, dovrai tu vederlo appeso alla croce, e di lui piangerai la morte. Ma tu mi stringerai in un abbraccio allorché sarò risuscitato, o Piena di grazia. Tutto questo sopporterò volentieri, e causa di tutto questo è l'amore che ho sempre sentito e sento tuttora per gli uomini, amore di un Dio che non chiede altro che di poter salvare". All'udire queste parole Maria grida: "O mio grappolo, che gli empi non ti frantumino! Quando sarai cresciuto, o Figlio mio, che io non ti veda immolato!". Ma egli risponde: "Non piangere Madre, su ciò che non sai: se tutto questo non sarà compiuto, tutti coloro, a favore dei quali mi implori, periranno, o Piena di grazia".
Un Dio il quale "non chiede altro che di poter salvare". Questa è la realtà, l'unica realtà che celebriamo in questi giorni nella nostra fede cristiana: l'amore di Dio per gli uomini manifestatosi pienamente in Gesù Cristo. E viviamo questa realtà in tutta la nostra vita come cristiani. Come cristiani nel condividere - e forse anche nel mettere in contrasto la nostra fede - con un mondo segnato fortemente dall'individualismo, dall'oblio dell'altro, dall'ignoranza degli altri; una fede che dovrà predicare un Dio che è dono gratuito, che perdona, che ama, e perché ama si sacrifica per gli altri e non chiede altro che poter salvare. Lui "nuovo bambino, il Dio prima dei secoli".

lunedì 22 dicembre 2008

sabato 20 dicembre 2008

AUGURI di BUON NATALE E FELICE ANNO NUOVO

Auguri di buon Natale e Felice Anno Nuovo a tutti gli uomini e donne di buona volontà;

Auguri a tutti coloro che soffrono;

Auguri a tutti quelli che si impegnano ad alleviare la sofferenza degli altri;

Auguri a tutti quelli che non riescono più ad arrivare a fine mese con la propria pensione o stipendio;

Auguri a tutti i genitori che non riescono a passare il Natale con i propri figli;

Auguri a tutti quelli che hanno subito un'ingiustizia;

Auguri a tutti coloro che si sono rivolti alla "giustizia" e non hanno ottenuto nulla;

Auguri a chi ha sempre lavorato onestamente;

Auguri a chi viene emarginato per le proprie idee;

Auguri a chi ha avuto il coraggio di lottare in quello in cui crede,nonostante tutto;

Auguri a chi crede ancora che la politica sia sevizio;

Auguri a tutti quelli che nonostante sappiano di vivere in un mondo "di furbi" sono rimasti coerenti con le proprie idee;

Auguri a chi vive il Natale nella Fede e non lo considera come semplice festa consumistica;

Auguri a chi non non si è mai approfittato;

Auguri a tutti coloro che credono;

Auguri a tutti quelli che amano;

Auguri a tutti quelli che passeranno Natale in solitudine;

Auguri a tutti coloro che passeranno Natale lontano da casa;

Auguri a chi è stato tradito;

Auguri a tutti quelli che a Natale diranno una preghiera per Eluana;

A tutti costoro, lontani o vicini che siano, auguro di cuore Buon Natale e, soprattutto, che l'anno nuovo possa riservare loro le soddisfazioni che la vita gli ha finora negato.
BUONA DESTRA A TUTTI!

Federico Mallucci

IL SOSTEGNO DELLA DESTRA ALLA PROTESTA DEI NON UDENTI

Ieri c’è stata una manifestazione di protesta sotto la sede Rai in via Verdi, organizzata dall’Ente Nazionale Sordi.

I non udenti hanno protestato pacificamente, per lamentare la disattenzione che la Rai sta operando nei loro confronti.

La televisione di Stato non garantisce più la sottotitolazione dei programmi e non trasmette neanche un’edizione quotidiana del Telegiornale regionale con il Linguaggio dei Segni.

Sono gli effetti dei tagli della spesa pubblica, che in questo modo vanno a ledere dei diritti delle persone disabili.

“La Destra – sostiene il Capogruppo in Comune Giuseppe Lonero – appoggia pienamente la protesta, perché l’atteggiamento della televisione pubblica provoca una discriminazione nei confronti delle persone sorde. Perchè la persona sorda dovrebbe pagare il canone della Rai, se non può usufruire pienamente del servizio reso? E’ quindi urgente – conclude Lonero - prendere un provvedimento mirato per questa categoria di cittadini italiani che elimini questa ingiustizia.”

giovedì 18 dicembre 2008

AUGURI NATALIZI de LA DESTRA TIGULLIO



Per la Befana c'è ancora tempo...

mercoledì 17 dicembre 2008

NESSUNA RESA!


Ricordatevi di Leonida e dei suoi, di Alessandro il Grande, di Cesare Augusto, di Carlo Magno, di Artù, Federico II ed Enrico V, ricordatevi di tutti coloro che combatterono sempre, senza mai arrendersi per quanto in minoranza e sconfitti.
Sconfitti forse ma mai abbattuti, domati nè piegati. Mai schiavi!
Una piccola sconfitta può insegnare per le battaglie future, rinserriamo i ranghi, alzate gli scudi!
Adesso conosciamo i nostri errori e non li ricommetteremo.
Avanti, banda di fratelli! Noi pochi, noi felici pochi.

martedì 16 dicembre 2008

L'ENNESIMO ERRORE DI FINI

Perché Fini si sbaglia su Pio XI


Gli storici sostengono che Papa Ratti cercò di evitare che fossero promulgate le leggi razziali, e giunse per questo ai ferri corti con Mussolini. L'opinione di padre Giovanni Sale, storico de "La Civiltà Cattolica".

Secondo padre Giovanni Sale, lo storico de "La Civiltà Cattolica", e grande studioso del ‘900 italiano, la società non si è mobilitata contro le leggi razziali perché "era oppressa da un regime autoritario molto forte. Non si può dire che l'italiano medio fosse razzista, o favorevole alla legislazione antisemita. Tanto è vero che durante poi l'occupazione tedesca molti italiani hanno aiutato gli israeliti, li hanno nascosti a casa anche a costo della loro vita". La società civile era "annichilita dal regime". E il Papa? "Ho trovato un documento, firmato da Pio XI, nel quale dice che gli italiani in materia di razzismo non seguono Mussolini. E questo lo fece dire al Duce dal padre Tacchi-Venturi, per avvertirlo che la società italiana non aveva un atteggiamento di ostilità nei confronti degli ebrei. E quindi le leggi razziali non erano che un modo per accodarsi all'alleato tedesco". Però in Parlamento le leggi razziali passarono senza che ci fosse un'opposizione. Benedetto Croce, Enrico De Nicola, gli ex direttori di grandi giornali - Albertini, Frassati e Bergamini -, il generale Badoglio erano membri del Parlamento. "Questo è vero, ma il Parlamento era un Parlamento in cui le forze di opposizione non sono più presenti, e queste personalità non ci vanno. Croce ebbe delle parole dure, anche se non troppo, in verità, per le leggi razziali. Ma detto questo l'autorità pubblica che si oppose alle leggi razziali e all'antisemitismo fu Pio XI. Questa è una verità elementare, che va detta, e non dobbiamo avere nessuna remora nel dirla. Risulta chiaramente dalla documentazione. Pio XI fu la sola personalità di rilievo pubblico a prendere posizione nei confronti di Mussolini". Il regime "fece forza sulla società silente, ma ostile". Mussolini "negli ultimi tempi ce l'aveva con il Papa per questo, perché sapeva che gli italiani seguivano il Papa. E infatti in una lettera che Mussolini scrisse in quei mesi a Vittorio Emanuele III, disse che ‘il Papa sta tirando troppo la corda' per dire che la situazione con la Santa Sede era diventata difficile". Quindi, dichiara padre Giovanni Sale, "La dichiarazione del presidente Fini su presunte responsabilità della chiesa in ordine alla promulgazione delle leggi razziali del 1938, ci sembra un poco sconcertante. Il presidente sottovaluta gli studi recenti sulla materia, basati sulla documentazione dell'Archivio Segreto Vaticano, dai quali risulta che la Chiesa nella persona di Pio XI fece il possibile prima per evitare la promulgazione di una legislazione discriminatoria nei confronti degli ebrei, poi, ma inutilmente, per limitarne gli effetti". Fra l'altro il Papa nel settembre 1938 affermò che "l'antisemitismo è inammissibile. Noi siamo spiritualmente semiti". Leggendo le parole della terza carica dello Stato si poteva avere l'impressione che la Chiesa cattolica fosse muta e acquiescente nei confronti delle decisioni del Duce, ormai sul piano inclinato dell'abbraccio sempre più stretto con Hitler. Ma secondo gli storici, anche quelli, come Alberto Melloni e Agostino Giovagnoli che non rischiano certo l'apologia, la situazione reale era diversa. Anche se naturalmente c'erano sfumature differenti. Pio XI non è rimasto in silenzio, ma ha parlato pubblicamente contro il “Manifesto della razza”. Il 15 luglio 1938, il giorno dopo la pubblicazione, durante un'udienza concessa alle suore del Cenacolo, Papa Ratti disse: “Oggi stesso siamo venuti a sapere qualcosa di molto grave: si tratta, ora, di una vera apostasia”. E criticò “quel nazionalismo esagerato, che ostacola la salvezza delle anime, che innalza barriere tra i popoli, che è contrario non solo alla legge del buon Dio, ma alla fede stessa, allo stesso Credo”. Qualche giorno più tardi, il 21 luglio, ricevendo in udienza gli assistenti ecclesiastici di Azione Cattolica, ribadì: “Cattolico vuol dire universale, non razzistico, nazionalistico, separatistico”. Queste ideologie – continuò – finiscono “con il non essere neppure umane”. Il 28 luglio, a Castelgandolfo, rivolgendosi agli alunni del collegio di Propaganda Fide, Pio XI disse ancora: ”Il genere umano non è che una sola e universale razza di uomini. Non c'è posto per delle razze speciali… La dignità umana consiste nel costituire una sola e grande famiglia, il genere umano, la razza umana. Questo è il pensiero della Chiesa”. Negli ultimi mesi del 1938, dopo la promulgazione delle leggi razziali, la linea della Santa Sede fu quelle di cercare di attenuarne gli effetti, come dimostrano le trattative serrate e spesso tesissime, tra il Vaticano e il governo italiano. “La Civiltà Cattolica” non condannò pubblicamente la legislazione antisemita promulgata a settembre di quell'anno, anche se in vari articoli pubblicati in precedenza, la rivista dei gesuiti aveva preso le distanze dalle teorie razziste. Il “silenzio” dell'autorevole rivista lettain Segreteria di Stato fu provocato da un decreto ministeriale che imponeva “la proibizione di pubblicare commenti sulla questione razziale divergenti dal senso del Governo nazionale”. Il fascismo imbavagliò gli organi di informazione cattolici proibendo loro non solo di intervenire contro il manifesto della razza, ma addirittura di rendere note le parole già pronunciate da Pio XI. L'8 agosto 1938 Montini, Sostituto della Segreteria di Stato, informò il governo americano di questi provvedimenti, in modo che all'estero non si dicesse che il Vaticano e la stampa cattolica tacevano sui provvedimenti liberticidi emessi contro gli ebrei per pusillanimità o per complicità con il regime. Dai documenti degli archivi vaticani risulta dunque che il Papa fece tutto quello che gli era possibile per evitare la promulgazione di una legislazione discriminatoria nei confronti degli ebrei, e poi, inutilmente, aveva tentato di limitarne gli effetti. Fra l'altro in quei mesi la Santa Sede mise in moto diverse iniziative per aiutare gli ebrei discriminati, chiedendo attraverso le nunziature che fossero accolti in vari Paesi, come dimostrano i dispacci inviati dal Segretario di Stato Pacelli. Il Papa sottoscriverà un appello in favore degli scienziati e degli studiosi che avevano perso il posto, chiedendo ai porporati d'oltreoceano di favorire il loro inserimento.



lunedì 15 dicembre 2008

ACCATTATEVILLO!


http://www.apple.com/trailers/independent/reclaimingtheblade/
http://reclaimingtheblade.com/
http://it.youtube.com/user/Reclaimingtheblade

Salviamo le "nostre" identità culturali da qualunque colonialismo e da ogni fasulla invenzione.

domenica 14 dicembre 2008

CONTRO L'EUTANASIA

Sostegno al Granduca del Lussemburgo nella sua opposizione all'eutanasia

Il Parlamento del Granducato del Lussemburgo vuole depenalizzare eutanasia e suicidio assistito, ma il
sovrano – il Granduca Henri – si rifiuta di firmare la legge. Un atto di straordinario coraggio e di coerenza,
che denuncia la deriva antiumana delle democrazie relativiste: un parlamento, democraticamente eletto,
vuole legalizzare l’omicidio del consenziente, e un sovrano – che regna per meccanismo ereditario –
difende la vita dei suoi sudditi e resta fedele alla verità sull’uomo.
Non si può che additare all’esempio della comunità internazionale il sovrano del piccolo stato europeo,
che con il suo “no” suona come rimprovero a tutti quei politici che in questi decenni hanno accettato di
firmare – senza colpo ferire – le leggi di morte sull’aborto, la fecondazione artificiale, l’eutanasia.
Inqualificabile, invece, la condotta del Primo Ministro Jean-Claude Juncker, che vuole modificare la
costituzione per esautorare il Granduca dal legittimo potere di veto sulle leggi approvate dal parlamento.
Il fatto più agghiacciante è che Junnker è un esponente dei cristiano sociali, cioè della democrazia
cristiana lussemburghese. Da perfetto erede dei funambolismi morotei, questo Junker si è opposto alla
legge sull’eutanasia durante il dibattito parlamentare, ma ora si appresta ad attuare un vero e proprio
“colpo di stato” istituzionale per togliere di mezzo le resistenze del sovrano e proseguire a occupare la
sua poltrona di primo ministro.
Verità e Vita aderisce alla campagna di sostegno al Granduca, e invita ogni persona di buona volontà a
fare lo stesso. Ecco il collegamento per sostenere questa campagna pro life:
http://www.liberte-politique.com/soutien_au_Grand_Duc_du_Luxembourg/php/appel.php

http://www.liberte-politique.com/soutien_au_Grand_Duc_du_Luxembourg/php/appel.php

sabato 13 dicembre 2008

EUROPAITALIA 13


E' uscito il numero doppio dicembre 2008-gennaio 2009!




Il Focus:
GIOVANE EUROPA
Le nuove generazioni e l'Unione Europea, oggi e domani.


Cardini, Chiesa, Facciotto, Panzeri, Vinciguerra
OBAMA, SANTO SUBITO

Agnoli
ELUANA ENGLARO: prima condanna a morte nell'Italia repubblicana?


Contributi speciali di:
FRANCO CARDINI, S.EM. PAUL POUPARD,
S.A.I.R. OTTO VON HABSBURG

L'Intervista:
On. Antonella Mularoni
nuovo Segretario di Stato per gli Affari Esteri della Repubblica di San Marino.

E poi: Europanorama, Economia e Imprese, le Rubriche...
64 pagine a colori, € 5,00.



L'Editoriale

Credo quia absurdum…

Qualche anno dopo il secondo conflitto mondiale uno dei poeti statunitensi più importanti del ‘900, Ezra Pound, contemplando il panorama dell’Europa devastata dalla guerra, solcata da una sempre più profonda e feroce cortina di ferro, ridotta a terreno di scontro di superpotenze extraeuropee dotate dell’arma di distruzione di massa per eccellenza, quella nucleare, vide al di là delle contingenze e scrisse due versi straordinari: “Credo quia absurdum. Credo nell’Europa e nella sua rinascita”.
È vero che i poeti sanno guardar lontano: solo dopo decenni, negli ultimi anni del “secolo lungo”, l’assurdo è divenuto realtà; dopo l’implosione del comunismo realizzato è iniziato il processo di ritorno di un’Europa sempre più unita, potenza di pace, al centro del grand jeu della politica mondiale. Inoltre, negli ultimi mesi lo scenario della crisi finanziaria, globale nella sua estensione ma prettamente statunitense nella sua genesi, sta liberando il “vecchio” continente da ogni complesso d’inferiorità economico e strutturale; se una lezione può trarsi al momento da eventi ancora in pieno sviluppo, questa è la maggior robustezza dell’economia sociale di mercato rispetto ad ogni altra ubriacatura virtuale, la maggior capacità del Piccolo di resistere alle grandi tempeste, la maggior coesione delle identità storicamente e spiritualmente forti rispetto ad ogni melting pot.
Per il nostro mensile, che continua la sua corsa ad occhi aperti tra Europa, Italia e San Marino entrando nel terzo anno di vita, guardare in modo non distratto né convenzionale gli eventi che riempiono le cronache induce a centrare l’attenzione su due temi che si connettono in diverso modo al tema della speranza: il futuro dell’Europa, ossia i giovani europei, e la nuova Presidenza USA.
Le nostre strade sono percorse ogni minuto da una nuova generazione di giovani, nati dopo il 1989, che non hanno conosciuto i drammi del ‘900 e sono cresciuti in un’Europa unita. Questi giovani parteciperanno nel prossimo mese di maggio alle Elezioni per il Parlamento europeo, per la prima volta a 27 Stati e non a 15, e quindi veramente innovative. Come vivono i giovani d’Europa questa loro identità continentale? Che cos’è l’Europa unita per loro? Un’opportunità, un gravame, una patria? Grazie al prezioso concorso dell’Ufficio di Rappresentanza della Commissione Europea di Milano, Europaitalia dedica a questo tema il focus centrale di questo numero doppio.
Parimenti giovane e proiettato al futuro appare nella corale rappresentazione dei media il nuovo Presidente degli Stati Uniti d’America, Barack Obama. L’Obamamania esplosa in tutto “l’occidente” coinvolge ed interroga l’Europa unita e gli Europei, facendo sperare nella fine del disastroso unilateralismo della precedente amministrazione statunitense.
Queste speranze vanno ovviamente verificate nel tempo, e fin d’ora un poco di avveduta prudenza appare necessaria. L’Unione Europea ha manifestato immediatamente le proprie speranze di un rinnovato dialogo e partnership con la nuova amministrazione, e vi sono segni incoraggianti; nel contempo il sano realismo politico impone di rammentare l’attualità della celebre frase di sir Winston Churchill, secondo cui «L’Inghilterra non ha alleati ma interessi».
Chi scrive non crede a prossime rivoluzioni nella politica estera statunitense, anche perché il nuovo presidente deve prima affrontare e vincere la sfida costituita dalla crisi sociale ed economica che negli USA ha raggiunto livelli da terzo mondo, singolarmente trascurati dalla stampa occidentale. Secondo un recente rapporto del Dipartimento all’Agricoltura Federale USA, dal 2006 al 2007 i bambini malnutriti negli USA sono aumentati del 40%, giungendo a lambire la cifra di 700.000 unità. I poveri che nel 2007 secondo il Rapporto non sono riusciti ad “alimentarsi adeguatamente” sono 36,2 milioni ( il 12 % della popolazione), con picchi che giungono fino al 17% negli Stati del Sud del paese. Un disagio sociale che si esprime nell’esplosione della criminalità, e nell’aumento vertiginoso della popolazione carceraria, che ha superato l’% della popolazione complessiva. Prima di pensare al mondo Barack Obama dovrà dare pane agli affamati, e disinnescare una mina sociale di immensa gravità. Auguri, Presidente!

Il Direttore

Un altro anno assieme ad EUROPAITALIA, per capire, crescere, conoscere, discutere, costruire, creare, pensare Europeo.

Un grazie e cuore a: Francesco M. Agnoli, Roberta Angelilli, Michele Antonelli, Stephan Baier, Pasquale A. Baldocci, Claudio Cardelli, Franco Cardini, Alman Ceoldo, Maria Cristina Ceoldo, Guglielmo Cevolin, Luigi Copertino, Silvia Cravatta, Giancarlo Dall’Ara, Giancarlo D’Anna, Domenico Del Nero, Camilian Demetrescu, Paolo Facciotto, Marco Fasol, Aldo Ferrari, Claudio Finzi, Dalmazio Frau, Paolo Gambi, Anna Gianfreda, Angela Giuccioli, Gennaro Grimolizzi, Omar Guetarni, Paolo Gulisano, Mykhailo Kirsenko, Rainhard Kloucek, Ennio Lucarelli, Giuseppe Magrì, Stefano Manzocchi, Emma Marcegaglia, Andrea Marcigliano, Victor Matteucci, Mario Mauro, Alessandro Mazzerelli, Valerio Melandri, M.Paola Napoleone, Mons. Luigi Negri, Chiara Nejrotti, Ulderico Nisticò, Francesco Paderi, Domenico Palmieri, Carlo Pantaleo, Elena Percivaldi, Stefano Piacenti, Matteo Piccin, Andrea Pininfarina, Andrea Porcarelli, Bernd Posselt, Mons. Paul Poupard, Cesare Pozzi, Romano Ricciotti, Christian Roccati, Alberto Rosselli, Fabrizio Rossi, Mons. Antonio Rouco Varela, Fulvio Salimbeni, Giorgio Salina, Armando Savignano, Anton Sbutega, Stevka Smitran, Stefano Taddei, Alain Terrenoire, Alessandro Tricoli, Alberto Tripi, Carlos Uriarte, Luca Ventaloro, Fabrizio Vielmini, Alex Voglino, Otto von Habsburg, Paolo Zanna, Samuele Zerbini.
Il Direttore
Console Adolfo Morganti

Redazione: Via Valle di Marco 3, 47890 San Marino Città (RSM).
Telefono, 349/59.89.835; Fax 0549/99.55.76. E-mail info@europaitalia.eu
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Il nuovo sito di Europaitalia: rinnovato, arricchito, aggiornato!

venerdì 12 dicembre 2008

giovedì 11 dicembre 2008

TROPPO SILENZIO


Il blog è troppo silenzioso da troppi giorni, proviamo a dargli una scossa "trasversale".
Proviamo a parlare di Cultura e di cultura.
Mi diverte di recente vedere l'agitarsi di alcuni "nuovi" esponenti del PdL ( Partito del Lifting? ), soprattutto tra alcuni riciclati della presto defunta Alleanza Nazionale.
Partiamo dall'assioma che purtroppo la Cultura sta ad alcuni di AN e di FI come la meringata a un diabetico; voi già capirete che trattare di Cultura con la maiuscola nel caso sarà perlomeno ridicolo.
Eppure ciononostante alcuni esponenti dei sunnominati partiti, per loro stessa ammissione in privata sede, non siano in grado di distinguere un endecasillabo da una prosa adesso si interessano addirittura di poesia, e la promuovono anche.
D'accordo non di solo pane, o frutta, o olio, o altro vive l'uomo...
Naturale, tutto fa gioco in previsione di future elezioni e volete che si neghi l'onore di congratularsi con lo spirito poetico del macellaio sotto casa che si è pagato un bel libro dei propri versi migliori?
Ma vi ricordate, amici miei, camerati, il Cyrano di Rostand?
Sì certo che lo ricordate, voi l'avete letto... voi.
Ecco così è.
Per alcuni anni persino la nostra striscia di terra ligure è stata amministrata addirittura in campo "culturale" da un esponente della destra ( minuscola prego ) di allora.
Strano.
Strano perchè non ricordo un solo evento, una manifestazione, un progetto effettuato allora ( nè dopo ) che potesse ascriversi a una seria categoria detta Cultura, men che meno Cultura di Destra.
Anzi si è, come sempre, lasciato fare man bassa alla sinistra, che lei sì, da oltre mezzo secolo ha ben capito come utilizzare il sistema.
Ma adesso arriva il PdL ( Paradiso del Lucro? ) e i suoi nuovi rinforzi della dissolvente AN.
Adesso portano nuova linfa anche in capo culturale, trattano di arti, conoscenza, scienza e sapienza. Flirtano con ogni branca del sapere, dall'"esoterismo cristiano" al sufismo, dalle tradizioni orientali a tutto quanto fa spettacolo.
Ma basta sollevare quel leggero velo, quel drappo tricolore che ricopre e uniforma tutto per vedere il nulla, perchè null'altro è sotto il velo.
Ma prenderanno messe di voti, non temete, voti dai bottegai che memori dell'inclito onore fatto alla loro suocera scrittrice di sirventesi e madrigali, si ricorderanno del gran politico che ha plaudito la loro opera, e per imperitura riconoscenza voteranno lui e , laddove possibile, tutto il gran carrozzone.
E se per caso non l'aveste fatto, davvero, rileggetevi Cyrano.

PS
Siccome il post è trasversale seguite il resto su
Il Palazzo della Luna e Il Corriere Metapolitico

martedì 9 dicembre 2008

LA DESTRA ITALIANA

Ieri, a Pomezia, si è svolta la prima riunione del Comitato centrale de La Destra, massimo organo del partito, che ha definito l’organigramma nazionale, eletto Nello Musumeci vicesegretario del partito, delineato i prossimi impegni, dalle elezioni europee, alla manifestazione popolare del 24 gennaio a Roma.
Pochi credevano nelle nostre potenzialità e ora cominciano a ricredersi. C’è stato chi ha brigato contro di noi e si sta accorgendo di aver giocato male le proprie carte. Un motivo in più per essere orgogliosi di aver ridato vita a questa meravigliosa creatura che è la nuova destra italiana, la nostra destra, l’unica vera destra italiana.

Con questo incontro, un mese dopo il Congresso nazionale, il gruppo dirigente de La Destra si rimette in marcia in tutto il Paese. L’obiettivo è quello di individuare la strada giusta per affermare il messaggio etico, la proposta politica, la qualità delle candidature, mettendo al bando ogni traccia di personalismo interno, malattia permanente della destra politica italiana. Troppo spesso, infatti, l’individualismo ha caratterizzato le nostre comunità, ma non possiamo permettercelo più. O si capisce per davvero che vuol dire appartenenza comunitaria oppure non ne vale la pena.

Rappresentare la Destra significa offrire risposte improntate anzitutto a senso etico, a giustizia sociale, a quei valori, cioè, che da sempre rispecchiano il nostro modo di vivere e di essere.
Risposte ad una società malata e incapace di offrire sicurezza alla comunità.
Sul piano della sicurezza - E’ di queste ore lo scontro tribale fra Procure della Repubblica sul caso De Magistris che, non dimentichiamolo, riguarda un magistrato che per aver indagato sui potenti è stato messo in condizione di non nuocere con la compiacenza dei due poli principali. Quando i magistrati arrivano a un passo dall’arrestarsi fra loro, il cittadino avverte insicurezza, smarrimento, ha il diritto di chiedersi dove sta di casa il diritto.
Sul piano sociale- Un’elemosina di 40 euro mensili è stata rifilata dal Governo ai più poveri, mentre si soffre la tragedia della casa, e chi lavora nel pubblico è soggetto a un regime di tassazione degli straordinari diverso da chi lavora nel privato. Si dice che la sicurezza del cittadino è prioritaria per il governo, ma si lasciano con buste paga da fame poliziotti e carabinieri del nostro Paese.
Annunciano con i loro giornali la campagna per l’abolizione delle province, ma nei provvedimenti che approvano delegano a questi enti persino il bollo auto che pure avevano promesso di cancellare. E’ più cara l’acqua, perché la si è resa disponibile, con un provvedimento approvato nella canicola di agosto, alla speculazione privata.
Gli italiani avvertono un’ingiustizia profonda ogni volta che sentono un assessore comunale o regionale aprire le porte degli asili e delle case popolari agli immigrati e sbatterle in faccia ai nostri connazionali.
E’ l’Italia dove si muore sul lavoro, è l’Italia dove si muore a 17 anni persino a scuola, come è accaduto a Rivoli in quella che, signor Presidente del Consiglio, è stata tutt’altro che una tragica fatalità, ma un rischio drammatico che corrono ogni giorno in moltissime scuole i nostri figli.
Le politiche sociali restano le grandi assenti nell’azione di Governo.

Esiste, pertanto, uno spazio politico che La Destra può rappresentare, con serietà e coerenza.

Tra i progetti in corso, stiamo ultimando una proposta di delibera per gli enti locali – a partire da quelli più grandi per dimensione - per affrontare concretamente il tema delle politiche di mutuo sociale, sulla base dell’intuizione di Casa Pound e della proposta di legge che La Destra ha presentato alla Regione Umbria.

Al nostro orizzonte c’è la battaglia per tornare nelle istituzioni parlamentari con La Destra, attraverso l’assemblea di Strasburgo. L’oligarchia che governa non è riuscita finora nel disegno perverso di cancellare le culture nazionali dallo scenario continentale. Volevano una nuova legge-canaglia e finora non ce l’hanno fatta. Non è detto che non ci proveranno, ma glielo impediremo in ogni modo. Ormai il tempo è scaduto.
Io sono disponibile a candidarmi alle Europee solo se c’è un clima che faccia capire a tutti che siamo consapevoli della delicatezza della partita in ballo. Non è un problema di seggi: ce ne saranno da due a quattro, dipenderà dalla nostra capacità di macinare consensi. Ma non è obbligatorio che a Strasburgo ci sia io. Ci sarò solo se ne varrà la pena. Si può fare campagna elettorale anche senza candidarsi. Il segretario del partito la fa solo se tutti capiscono che ora si combatte ventre a terra.

Ringrazio quanti si sono mobilitati dal congresso ad oggi con la campagna di preadesioni e invito a mandare ciascuno dei moduli riempiti al partito.
Ora la struttura c’è e penso si possa essere fiduciosi sulla capacità di raccogliere le prime firme vere in calce alle liste che vareremo nelle prossime ore con il presidente Buontempo, secondo lo statuto che ci siamo dati al congresso.
Ringrazio quanti hanno dato e daranno disponibilità a candidarsi in una battaglia durissima e ognuno conquisterà un titolo in più a rappresentare per sempre La Destra, perché è qui che si vede la forza delle fede dei nostri dirigenti e militanti.
Alle strutture regionali rivolgo l’appello a completare le proposte di candidatura entro mercoledì prossimo: dobbiamo preparare la modulistica e inviarvela prima di Natale.
Se non si comprende l’urgenza di partire, vorrà dire che dalla prossima settimana cambieremo i segretari regionali laddove si registra una stasi.
Dobbiamo mettere in campo militanti, cercare cancellieri e consiglieri, autenticare per bene ogni singola firma, ci sarà chi tenterà di rifilarci quelle false, sapremo bene come riconoscerli.

Nominerò un gruppo di dirigenti per ognuna delle cinque circoscrizioni europee per curare ogni dettaglio della raccolta di firme per ogni regione. Ogni circoscrizione ne dovrà raccogliere trentacinquemila, di cui almeno tremilacinquecento ad Aosta per il nordovest; Trentino e Friuli per il nord Est; Umbria per il centro; Basilicata e Molise per il sud; Sardegna per le isole. Le Regioni più grandi dovranno fare il resto.

Quella in programma il 24 gennaio a Roma, poi, sarà la prima grande manifestazione popolare della nuova destra italiana, con un corteo che partirà da piazza Esedra, per testimoniare la nostra vitalità e dire al Paese che la destra c’è ancora, nonostante la fuga di Alleanza nazionale verso il potere.
Ci saremo per lanciare la piattaforma per l’Europa di domani, che vogliamo cristiana e sociale; per abbracciare un popolo senza rappresentanza; per indicare una politica di valori e di fede che è alla base della nostra esistenza politica.

In primavera saremo attesi anche ad un altro, delicato momento di confronto politico con le elezioni amministrative. Non è il tempo per alleanze omogenee, venti regioni non sono gestibili da Roma e credo che il partito debba favorire il massimo sforzo di autonomia della nostra classe dirigente territoriale.
Il partito centrale ha la garanzia del simbolo e questo deve tranquillizzare tutti. Il territorio sarà chiamato a decidere, ma abbiamo il diritto di sapere che cosa si decide per conto de La Destra. Altrimenti non si fa un partito, ma una federazione di liste civiche.
Metteremo in cantiere riunioni in tutte le realtà regionali, per ragionare assieme sulle prospettive di ogni realtà locale. Proporremo una bozza di programma quadro per le amministrazioni locali, che dovrà rappresentare il punto di riferimento che qualsivoglia alleanza si decida di sperimentare.
E poi si dovrà ragionare sulle candidature, che dobbiamo essere pronti a presentare sin dal primo turno, nelle province e nei comuni superiori ai 15mila abitanti, visto che ci sarà l’election day.
Particolare attenzione ci dovrà essere anche nel rapporto con le liste civiche, che possono rappresentare un’efficace forma di alleanza nel territorio, soprattutto laddove La Destra ha difficoltà di penetrazione per superare lo sbarramento imposto dalla legge elettorale, che in Sicilia portano odiosamente persino al 5 per cento senza alcuna vergogna.
Ci dovremo poi dedicare alle regionali in Sardegna, e probabilmente in Campania.

Nell’ambito della strategia del partito, dovremo valorizzare l’arma referendaria ed essere capaci di presentare al Paese un ventaglio di opzioni referendarie, fatte maturare nella coscienza dei cittadini a partire dai nostri iscritti, per mettere in campo proposte che diano il senso chiaro di un ritorno alla giustizia sociale.
Francesco Storace

domenica 7 dicembre 2008

sabato 6 dicembre 2008

venerdì 5 dicembre 2008

SIENA VICE IL PREMIO ATTILIO MORDINI


Assegnato a Primo Siena il "Premio alla Cultura Attilio Mordini"

Il 22 novembre scorso, nel Palazzo Reale di Milano, nel corso di una cerimonia inserita nel convegno "Una politica per l'educazione", poresiduto dall'On. Paola Frassineti ed organizzata dalla AESPI (Associazione Europea Scuola e Professioalità Insegnante") in collaborazione con il "Centro Studi Europa 2000" ed i perodici Tradizione e Intervento nella Società è stata inaugurata la prima edizione del "Premio alla Cultura Attilio Mordini" assegnato ad una decina di personalità italiane, tra le quali un Veneto del Cile: allo scrtittore e pedagogista Prof. Primo Siena per la sua lunga traiettoria nella diffusione della cultura italiana all'estero. Ha ritirato il premio la figlia Prof.ssa Silvia Siena.

giovedì 4 dicembre 2008

L'APOCALISSE DI MARIO POLIA

Apocalissi [Recensione conferenza] + audio Mario Polia

Apocalissi è il titolo dell’ultimo libro di Mario Polia e Gianluca Marletta, presentato in anteprima presso Palazzo Valentini a Roma, sabato 29 novembre, dall’Associazione LabCom.

Il testo, che passa in rassegna le tradizioni del filone semita e del mondo indoeuropeo precristiano nonché del cristianesimo stesso, è certamente un invito allo studio e all’approfondimento di un tema, quello della rivelazione, molto forte ed utile per cogliere quella correlazione diretta che esiste tra il micro ed il macro cosmo, tra i tempi ed i ritmi di un mondo, quello moderno, che sta attraversando il proprio grande autunno.

Ma cosa significa “apocalisse” al di là dei significati catastrofici, che spesso gli si attribuiscono?

L’apocalisse non è altro che il momento in cui il senso della storia si rivela; il contenuto, poi, di tale rivelazione come ricorda Mario Polia, non è da considerarsi figlio della profezia ma semplicemente una logica conseguenza della degenerazione umana.

La corrispondenza degli scenari narrati dai testi sacri delle diverse tradizioni prese in esame,con la realtà odierna sono impressionanti ma anche prevedibili da uomini, quelli antichi, conoscitori della natura umana e consapevoli che il caos nasce dalla perdita della legge, dall’aver spezzato i vincoli con il sacro.

Emerge così che la causa dell’apocalisse sarà - o è già - l’uomo stesso, la sua avarizia, e la sua insensibilità verso la natura che egli violenta.

Come insegna la legge dell’analogia, c’è una diretta corrispondenza tra il micro ed il macro cosmo, tra l’uomo ed il mondo, e proprio come una madre soffre e si consuma osservando la morte del figlio, così la natura diventa sempre più muta e sorda in relazione alla morte etica della propria creatura. Il succo, però, di questo messaggio escatologico non è la fine del vecchio mondo, quanto l’inizio del nuovo.

Abbandonando i futili discorsi sulle possibili date e sui calcoli per ottenerle, l’attenzione dei relatori si è perciò concentrata sullo studio e la ricerca del perché il nostro mondo sta finendo; gli unici numeri tirati in ballo (precisamente le stime dell’Unesco secondo cui l’87 % delle risorse mondiali sono in mano al 13% della popolazione, gran parte della quale occidentale), sono solo la conferma di una umanità malata e avara.

In questo clima generale di crisi che certamente preannuncia la prossimità della fine, il soldato di Dio, l’uomo di militanza, non deve disquisire sul possibile momento in cui la freccia colpirà il suo cuore ma, continuare la sua lotta per la Verità e la Giustizia, nella trincea e sotto la bandiera che ha scelto di servire.

Egli sarà il custode dei semi che illumineranno l’età futura.

“Apocalissi - La fine dei tempi nelle religioni”

Autori: Mario Polia e Gianluca Marletta
Edizioni: Sugarco, 2008
Pagine: 264
Prezzo: € 19,80

Ordina la tua copia qui!

Il libro:
Le profezie sui Tempi Ultimi ci attraggono con il loro fascino irresistibile e a volte inquietante. Apocalissi. La fine dei tempi nelle religioni è un viaggio inedito, e unico nel suo genere, alla scoperta di questo filone mitico presente in tutte le religioni: in un percorso universale che va dalle fedi monoteistiche alle tradizioni orientali, dall’Ameri precolombiana all’Europa precristiana, interrogando la Bibbia e il Corano, il Vishnu Purana indù e il Popol Vuh maya, nell’ottica scientifica ma affascinante della moderna storia delle religioni. Un viaggio nel futuro dell’umanità così come immaginato, con impressionanti analogie nelle sue tappe fondamentali, dal pensiero religioso d’ogni tempo e luogo: dalla decadenza spirituale dell’uomo all’allontanamento dal divino, dalla corruzione della società agli sconvolgimenti naturali, dal regno oscuro e grottesco dell’uomo-che-si-fa-dio alla vittoria finale della luce.

Mario Polia, antropologo, archeologo, storico delle religioni. Docente di Antropologia Culturale nella Pontificia Università Gregoriana. Direttore del Museo Demoantropologico di Leonessa. Direttore dell’Istituto di Studi Piceni, Ascoli. Etnografo, in Perù, dal 1971.

Gianluca Marletta, nato a Roma nel 1971, è laureato in Storia Medievale presso l’università di RomaTre e in Scienze Religiose alla Pontificia Universitas Lateranensis. Insegnante di Religione, conferenziere e articolista, ha pubblicato vari saggi su tematiche storico-religiose e antropologiche.

lunedì 1 dicembre 2008

EROI


Abbiamo sempre bisogno di Eroi.
Cominciamo così a ricordarli tutti:

"Quando gli oceani sulla terra si prosciugarono, gli uomini si convinsero che era giunta la loro fine. Per qualche strano motivo, non aprirono gli occhi sul mare sconfinato che si estendeva sulle loro teste. Il dubbio su quale fosse la via da prendere per l'umanità, era motivo di grande afflizione. Ma, sperando in un avvenire radioso per una nuova specie umana, un pugno di uomini strinse i denti e partì alla volta dello spazio. Questi coraggiosi vennero derisi, e additati come fuorilegge all'inseguimento di un sogno effimero... Questa è la storia di quel tempo... Siamo nell'anno 2977..."

Vaga verso stelle lontane. Il suo vessillo è un teschio bianco in campo nero. Vive la sua vita in uno spazio senza confini e senza domani, in armonia con le leggi dell'universo. Libero.

A bordo dell'Arcadia erro per lo spazio. La voce sommessa di questo mare infinito mi invoca, e mi invita a vivere senza catene... La mia bandiera è un simbolo di libertà.

MA A FINE MESE NON CI SI ARRIVA .......

Hai voglia, Berlusconi, a spargere spiccioli alla povera gente. Il problema è ben più serio e si capisce che cosa vuol dire non avere una forza di destra vera al governo del Paese, che le sue proposte le ha messe nero su bianco nella mozione approvata dal Congresso.
40 euro al mese ai più poveri sono fuffa.
Rinunciare a lanciare sulla casa un proposta rivoluzionaria come il mutuo sociale è dire che chi non ha continuerà a non avere.
Detassare gli straordinari per il privato e non per il pubblico equivale a dividere chi lavora, sfruttando i primi e penalizzando i secondi (tra cui quei poliziotti e carabinieri a cui dite sempre di impegnarsi per la sicurezza dei cittadini).
Avete promesso di abolire le province e il bollo auto ed è finita che fate gestire il bollo auto dalle province.
Avete di nuovo lasciato il campo agli speculatori dell’acqua, che non volete più pubblica.
Trovate i soldi per dare quattrini ingenti a Gheddafi, ma gli immigrati continuano a sbarcare e le tredicesime sono sempre più povere.

Negli asili nido e nelle case popolari entrano più stranieri e meno italiani: è questa la giustizia sociale? No, tutto questo è demagogia, è vecchia storia sinistra che abbiamo già conosciuto nella nostra storia quando con le bandiere rosse si ingannavano i più poveri. Ora sono diventate azzurre, ma che cambia?
Vai dicendo in giro, per soggezione culturale, che la tua è una politica di sinistra e ci chiediamo perché uno di destra ti debba votare…

Lo hanno fatto e credo che in giro ci sia qualche pentimento. Noi ti e vi aspettiamo al varco. Non ne possiamo più di farci prendere in giro. Anche perché, mentre regali un euro al giorno ai più poveri, il risanatore di Alitalia, Fantozzi, si cucca 15 milioni di euro, dicono….
E noi paghiamo. Ma le banche no.
Noi lo diremo il 24 gennaio a Roma. Per la coesione nazionale, contro l’egoismo sociale. A dire che l’uomo viene prima del lavoro. La persona prima del profitto. Tu non ci sarai. Sennò Bossi ti molla.

Francesco Storace

sabato 29 novembre 2008

venerdì 28 novembre 2008

giovedì 27 novembre 2008

PRO ALBERTO ROSSELLI


Solidarietà ad Alberto Rosselli, minacciato di morte per aver scritto il libro sull'Olocausto degli Armeni

Il giornalista-scrittore genovese Alberto Rosselli come Roberto Saviano, autore di «Gomorra»
Qualcuno non ha gradito il suo saggio storico sull'olocausto per mano dei Turchi nel lontano 1915

di Rino Di Stefano

Il Giornale (Liguria Cronaca), Domenica 23 novembre 2008, p. 56

Roberto Saviano non è l’unico scrittore ad essere stato minacciato di morte per aver scritto un libro. Anche a Genova abbiamo un caso di questo genere. È pur vero che il giornalista napoletano, per sua stessa ammissione, non aveva valutato appieno le conseguenze della pubblicazione del suo libro «Gomorra». E dopo, soltanto dopo, si è reso conto a sue spese che il prezzo del successo era rinunciare alla vita, sotto scorta 24 ore su 24, con la costante paura di finire un giorno nel mirino della pistola di un camorrista. In Liguria, invece, abbiamo un altro scrittore che, occupandosi da sempre di storia, mai più pensava di suscitare una reazione del tipo Saviano solo per essersi occupato del dramma di un popolo avvenuto nell’ormai lontano 1915 in quel di Turchia:il massacro di un milione e mezzo di armeni in Anatolia. Secondo la Convenzione dei Diritti dell’Uomo delle Nazioni Unite, quello sterminio «è da considerarsi come il primo genocidio del XX secolo». Ed è proprio su quest
i fatti, accertati da più fonti storiche, che il giornalista-scrittore genovese Alberto Rosselli ha scritto il libro «L’olocausto armeno», pubblicato dalle Edizioni Solfanelli di Chieti.
Il volume, 96 pagine di piccolo formato con un costo di 7,50 euro, vuole essere la testimonianza di come il piano di eliminazione di un intero popolo, non era soltanto il prodotto della politica attuata dal «sedicente partito progressista dei Giovani Turchi, ma traeva le sue profonde origini dalle antiche e mai del tutto sopite contrapposizioni tra la maggioranza musulmana turco-curda e la minoranza cristiana armena». Rosselli, da buon cronista storico, si limita a riportare ciò che avvenne in quei terribili anni. E dice, per esempio, che lo sterminio dei cristiani anatolici è già stato riconosciuto dal governo d’Israele nel 1994, dai Parlamenti russo, bulgaro e cipriota nel 1995, dal Vaticano e dal Parlamento Europeo nel 2000. Fatti accertati, dunque, e certamente nessun particolare mistero rivelato. Soltanto un’accurata e ampia ricostruzione delle vicende storiche che ha portato l’Europa a imporre «il riconoscimento del genocidio da parte di Ankara» quale condizione impresc
indibile per l’integrazione turca nella UE.
«Il libro - racconta Rosselli - uscì nel 2007. Dopo alcuni mesi cominciai a ricevere a casa telefonate minacciose, sia nei mie riguardi, sia verso mia moglie. Voci sempre diverse ci dicevano che eravamo dei bastardi, che ci avrebbero ucciso e così via. E alle telefonate seguirono anche messaggi dello stesso tono via e-mail. A quel puntomi recai in Questura a denunciare il fatto, ma fu inutile. Pare, infatti, che le telefonate vengano dall’estero, così come le e-mail. In pratica, mi suggerirono di lasciar perdere e di non dare un peso eccessivo alla cosa. Il punto è che questi signori rivelano di conoscere perfettamente le mie mosse e quelle di mia moglie. Sanno persino che ho un cane e come si chiama. E questo può significare solo una cosa: da un anno mi controllano da vicino».
La situazione che più ha spaventato Rosselli è avvenuta sabato 27 settembre, cioè il giorno in cui a Anguillara Sabazia, amena cittadina sul lago di Bracciano, in Lazio, stava ricevendo il Premio letterario internazionale Arché, proprio per il suo libro «L’Olocausto Armeno». L’anno prima aveva vinto lo stesso premio per il saggio «Sulla Turchia e l’Europa». Quel pomeriggio, mentre si trovava in un albergo della zona, una voce con accento straniero lo ha chiamato al telefono della stanza e ancora una volta lo ha minacciato di morte, coprendolo di insulti. L’ultima volta in cui ha ricevuto queste minacce è stato domenica 26 ottobre, sul suo cellulare, mentre stava recando a Palazzo Tursi per partecipare al dibattito organizzato dal senatore Enrico Musso (Pdl) sul progetto del sindaco Marta Vincenzi di costruire una moschea a Genova.
Ma che cosa dice di tanto sconvolgente il libro di Rosselli perché il suo autore venga minacciato di morte da terroristi internazionali? Nulla che non sia già stato accertato in sede storica. Per esempio, racconta di quando, già nel biennio 1894-1896 le milizie ottomane, affiancate da quelle curde, rasero al suolo 2500 villaggi armeni sterminando circa 300mila persone tra uomini, donne, vecchi e bambini. Sempre nel 1896 il sultano Abdul Hamid ordinò quella che è passata alla storia come la «strage di Urfa». Le milizie del sultano costrinsero circa 3mila armeni terrorizzati a rifugiarsi nella locale cattedrale, alla quale poi diedero fuoco, causando la morte di tutti i fedeli. Non contenti, rapirono anche 100mila donne e costrinsero un egual numero di cristiani a convertirsi all�Islam. Ma il genocidio vero e proprio, racconta Rosselli, fu progettato nel 1913 quando il comitato centrale dei Giovani Turchi «pianificò il genocidio attraverso la messa a punto di un’efficiente stru
ttura paramilitare, l’Organizzazione Speciale (OS), coordinata da due medici, Nazim e Shakir». In un intervento del 25 marzo 1915, il dottor Nazim, segretario esecutivo del comitato, disse: «La Jemiet (Assemblea) ha deciso di salvare la madrepatria dalle ambizioni di questa razza maledetta (gli armeni) e di prendersi carico di cancellare questa macchia che oscura la storia ottomana. La Jemiet, incapace di dimenticare tutti i colpi e le vecchie amarezze, ha quindi deciso di annientare tutti gli armeni viventi in Turchia, senza lasciarne vivo nemmeno uno, e a questo riguardo è stata data al governo ampia libertà d’azione». Il primo eccidio avvenne il 24 aprile l915 quando 500 esponenti del Movimento Armeno vennero incarcerati e strangolati col fil di ferro. In un rapporto del 1917 l’ufficiale medico tedesco Hans Stoffels riferì di avere osservato a Mosul (Irak settentrionale) interi villaggi armeni con migliaia di corpi in decomposizione. «I bambini - racconta - precedentement
e violentati, sodomizzati e torturati nei modi più orrendi». Poi inventarono «l’utile combustione»: i prigionieri armeni venivano buttati vivi dentro le caldaie delle locomotive per fornire energia addizionale ai mezzi. L’ultimo sterminio, racconta sempre Rosselli, avvenne nel 1922 a Smirne, quando il nuovo regime repubblicano di Kemal Ataturk, che continuava a negare il massacro, fece uccidere circa 100mila civili greci e armeni.

«L’Olocausto Armeno» di Alberto Rosselli, Edizioni Solfanelli, 96 pagine, Euro 7,50.

lettorespeciale@rinodistefano.com

domenica 23 novembre 2008

IL VALORE DELLA MEMORIA


L’Associazione ‘Impégnàti’ invita al Convegno che si terrà:

Venerdì 19 Dicembre, alle ore 18.30, presso il Palazzo Zenobio degli Armeni.

Dorsoduro ai Carmini, 2596 - Venezia

IL VALORE DELLA MEMORIA - La tragedia armena
Riflessioni storiche e filosofiche.

Introdurrà il Presidente dell’Associazione ‘Impégnàti’

Dott. Mario Caputi

Relatori

Prof.ssa Antonia Arslan
scrittrice e saggista

Prof.ssa Siobhan Nash-Marshall
filosofo e saggista

Dott. Alberto Rosselli
giornalista e saggista

Segreteria organizzativa: Tel: +39 348 3546370 info@impegnati.it.

LA DESTRA SIAMO NOI !!

E' l'ora de La Destra...l'unica Segnala

Dunque si sciolgono. Ieri, Forza Italia ha dato a Berlusconi pieni poteri (ohibò) per sciogliere il partito dentro il PdL. Poi toccherà ad An e tutti insieme staranno nella melassa senza identità.
Staranno in Europa, con i droga libera e gli sfascia famiglie chiamati Partito Popolare Europeo.
Aspetteranno con gioia l’arrivo dei Fratelli musulmani dalla Turchia, canteranno le gesta dei liberismo più sfrenato, fino a che il mago di Arcore li manderà a quel paese. 70 a 30 sarà il rapporto fra di loro e i poveri militanti di quella che fu la destra italiana dovranno supplicare un posto al sole dal notaio.

Per la Destra che c’è, la nostra, l’unica che non nasconde la propria identità, si apre un’autostrada che ci vedrà volare se non cederemo alle tentazioni delle scorciatoie di potere.
Calma e gesso, testa e cuore, fede e combattimento per indicare all’Italia la rotta dei valori in un mondo in cui la persona non conta più nulla.
Per noi no. 14 milioni di non votanti attendono segnali di vita: glieli negano quelli del partito grosso. Glieli offriremo noi del partito non ancora grande, ma già grande partito.

Francesco Storace

sabato 22 novembre 2008

TUTTI INSIEME, APPASSIONATAMENTE


Evviva!
Il Gran Cav. ovviamente è riuscito ( come dubitarne? ) nel proprio intento.
Ha comprato ( e loro si sono graziosamente venduti ) i rimasugli del partito di Fini e quattro altri stracciaculi minori.
Adesso li fa tutti confluire nel gran calderone liberalcapitalistico popolare che porterà ovunque gioia e felicità, produttività e reddito, combatterà il male assoluto insieme con quello un po' meno assoluto del Comunismo sotto l'egida del più puro Consumismo.
Tutto il popolo lieto parteciperà alla Grande Azienda Italia, al suo budget e ai suoi dividendi.
Chissà cosa faranno gli "esclusi" ( trombati no, pare brutto ) di AN quando si renderanno conto che i soli e unici a trarre guadagno ( perchè di null'altro si sono mai occupati ) dall'operazione sarà la "banda dei quattro" che siederà sotto al tavolo del Cav. Nano.
Perchè soltanto i colonnelli senza gradi nè mostrine potranno rosicchiare le ossa già spolpate che verranno loro passate come si faceva una volta con i cani della muta.
E gli altri?
Vogliamo scommettere che tra qualche tempo, alcuni, memori improvvisamente di essere appartenuti alla "Destra Sociale", rispolverando parole ormai desuete come Onore, Fedeltà, Tradizione, si presenteranno a bussare alle nostre porte chiedendo di assere riaccolti?
Vogliamo scommettere?

venerdì 21 novembre 2008

LA RIVOLUZIONE BIANCA DELLA BANDA DEI QUATTRO

Il 22 novembre 1968 i Beatles pubblicavano il loro "White Album"

"I Beatles sono più famosi di Gesù Cristo": la frase pronunciata da John Lennon, che suscitò profonda indignazione soprattutto negli Stati Uniti, dopo tanti anni suona solo come la "spacconata" di un giovanottone della working class inglese alle prese con un inatteso successo, dopo essere cresciuto nel mito di Elvis e del rock'n'roll. Eppure al talento di Lennon e degli altri tre Beatles si devono alcune delle migliori pagine della musica leggera moderna. Solo canzonette, diranno i detrattori non senza una punta di snobismo. Tutto vero. Nessuno può pensare ai Beatles come a dei geni assoluti della composizione e neppure, in fondo, come a dei virtuosi dei rispettivi strumenti. Ma resta il fatto che dopo 38 anni dallo scioglimento, le canzoni con il marchio Lennon-McCartney, hanno mostrato una straordinaria resistenza all'usura del tempo, divenendo fonte di ispirazione per più di una generazione di musicisti pop.
Esattamente 40 anni fa, il 22 novembre 1968, i Beatles pubblicavano una pietra miliare e non solo della loro discografia. Un doppio lp, senza titolo, conosciuto come The White Album, "album bianco", dal colore della copertina che aveva inciso in rilievo solo il nome del gruppo. Nel 1968 i Beatles erano all'apice del successo, nonostante il fallimento del progetto Magical Mistery Tour. L'album Sgt Pepper's Lonely Hearts Club Band, con le sue musicalità psichedeliche, la ricercatezza dei suoni, aveva portato una vera e propria rivoluzione musicale e li aveva consegnati al mito. Tuttavia non sarebbe stato quello il loro vertice creativo; un vertice che avrebbero toccato paradossalmente nel momento in cui stava già divenendo insanabile la crisi interna del gruppo, che vedeva contrapposti in particolare Paul McCartney e John Lennon, con George Harrison e Ringo Starr impotenti spettatori. Di fatto i "Fab four" non esistevano più; esistevano entità separate, musicisti di talento che si presentarono in ordine sparso negli studi di Abbey Road, ognuno con i propri musicisti a supporto. Eppure fu in un tale scenario che il White Album si concretizzò.
Fu una vera e propria cesura con il passato. Chi si aspettava un seguito alle escursioni visionarie di Sgt Pepper's e in parte di Magical Mistery Tour rimase deluso. I Beatles, lo si intuisce fin dal minimalismo della copertina, scelsero in qualche modo di tornare alle radici. Ma a modo loro, dando libero sfogo alla creatività e continuando a curare particolarmente le liriche, in alcuni casi ricreando atmosfere e nuclei narrativi. Musicalmente nell'album coesistono canzoni ispirate al rock più puro e duro, come Back In The U.S.S.R. e Helter Skelter, ballate acustiche come Blackbird o Julia, il country di Rocky Raccoon, "canzonette" come Obladi Oblada, pretenziose incursioni nello sperimentalismo come Revolution 9. Un disco di suggestive contaminazioni, cross over si direbbe oggi, un'utopia musicale dove si trova tutto e il contrario di tutto, in un assemblaggio forse discutibile ma rivelatore dello spirito di un'epoca: gli anni della contestazione giovanile, in cui - tra contraddizioni, eccessi e fughe in avanti - tutto sembrava possibile e lecito; in cui i giovani si avventuravano in terreni anche artistici fino ad allora inesplorati e ricchi di prospettive.
I Beatles in questo erano privilegiati. Osannati dai fan anche se non sempre dalla critica, attenti alle trasformazioni in atto, veri e propri investigatori della scena artistica, potevano permettersi di comporre liberamente, senza i lacci imposti dall'industria discografica. Per questo avevano fondato una loro etichetta, la Apple Records, che veniva inaugurata proprio con il White Album. Opera ambiziosissima, come detto, in cui coesistevano tutte le anime del gruppo e in cui trovarono pari dignità anche le canzoni di George Harrison, in particolare While My Guitar Gently Weeps (in cui cedette l'"a solo" all'amico Eric "slowhand" Clapton) e persino di Ringo Starr. George Martin, il loro produttore e arrangiatore, aveva consigliato di pubblicare solo la metà dei brani; ma pur nella loro incompiutezza musicale, anche quelli considerati meno riusciti sono serviti a confezionare un'opera unica nel suo genere.
A quarant'anni di distanza l'ascolto di questo disco rende evidenti i cambiamenti verificatisi nella musica leggera. E non si tratta di cambiamenti sempre migliorativi. Quale disco potrebbe oggi contenere un brano onirico come Dear Prudence insieme con una canzone in stile anni Trenta come Honey Pie? Quale gruppo sarebbe oggi talmente libero da poter inserire in un cd un brano come Revolution 9? Attualmente i prodotti discografici appaiono per lo più standardizzati, stereotipati, ben lontani dalla creatività dei Beatles, che peraltro incidevano con apparecchiature tecniche rudimentali se rapportate a quelle odierne. E sebbene la tecnologia oggi venga in soccorso - anche troppo - del talento, esperienze d'ascolto come quelle offerte dai Beatles sono davvero rare.
Più orientata a sfornare modelli consumistici musicali, soprattutto a livello d'immagine, che a produrre musica vera e propria, l'industria discografica sacrifica troppo spesso fantasia e creatività. I Beatles agli inizi degli anni Sessanta si proposero come modello attraverso la loro musica, diventando solo con l'arrivo del successo personaggi da emulare. La loro rivoluzione passò prima di tutto attraverso le canzoni. Era la loro musica a essere originale ancor prima del loro abbigliamento o del loro taglio di capelli. Rappresentarono certo anche un fenomeno di costume, ma sostenuto soprattutto dal valore creativo della loro produzione musicale.
Se ancora oggi, su scala planetaria, ci sono ragazzi - oltre che nostalgici ultraquarantenni - che acquistano e ascoltano i dischi dei Beatles vuol dire che, al di là delle mode del momento, resta il fascino delle loro canzoni. Di quella strana alchimia di suoni e parole che probabilmente non si è più realizzata nella storia della musica leggera, nemmeno nei suoi episodi più felici.
Non che all'epoca, nel 1968 e giù di lì, i Beatles fossero amati da tutti. Molti, soprattutto negli ambienti più duri della contestazione giovanile, li consideravano troppo sdolcinati e intimistici, preferendo espressioni più ruvide o ritenute più "impegnate" del rock. Ma il tempo ha dato ragione ai quattro ragazzi di Liverpool. E mentre di molti gruppi di allora si è persa traccia, la stella dei Beatles appare ancora intramontabile. Malgrado permanga nella pubblicistica una grande sproporzione tra agiografia e analisi, è indubbio che il loro vero talento risiedeva nell'ineguagliata capacità di comporre canzoni popolari (pop) con quella sorta di euforica leggerezza che costituisce un autentico marchio di fabbrica. E il White Album, pur nella sua eclettica unicità, non sfugge a questa regola. Quarant'anni dopo resta una sorta di magico florilegio musicale: trenta canzoni da sfogliare e ascoltare a piacimento, certi di trovarvi delle perle a tutt'oggi inarrivate.

(©L'Osservatore Romano - 22 novembre 2008) di G.Fiorentino e G.Vallini

ETICA E SCIENZA

Quando si tratta di successi sulle staminali scende il silenzio

A ncora una novità dal fronte della medicina rigenerativa: il primo trapianto di organi senza terapia anti-rigetto. Ad una donna è stata sostituita la trachea con una ricevuta da un donatore, ma modificata con le cellule staminali della donna stessa. In questo modo è stato possibile evitare che la paziente assumesse farmaci anti-rigetto, con un netto miglioramento della sua qualità di vita, rispetto a quella che avrebbe avuto con una gravosa terapia farmacologica di mantenimento. Siamo di fronte all’ennesimo successo delle cellule staminali adulte, e non embrionali: curiosamente, si omette spesso di specificare il tipo di staminali quando si parla dei successi in questo settore della ricerca medica. Sono passati dieci anni dalla prima linea di cellule staminali embrionali umane, ma i risultati si fanno ancora attendere, mentre con quelle adulte le applicazioni non mancano. Per quanto riguarda le staminali 'etiche', poi, e cioè le iPS (pluripotenti indotte), prodotte dallo scienziato giapponese Yamanaka, prossime alle staminali embrionali ma ottenute manipolando cellule adulte, è bene ricordare che il principio su cui si basa la procedura per ottenerle è stato ricavato da studi sui topi, e non su embrioni umani. L’argomento dei sostenitori della ricerca sulle embrionali umane è che la ricerca deve seguire tutte le strade possibili, perché solo verificando ogni opzione potremo un giorno stabilire con cognizione di causa quale effettivamente sia la più efficace. Un argomento discutibile, almeno ad avviso di chi scrive. Innanzitutto, non si sono fatti consistenti passi in avanti nonostante dieci anni di ricerche lautamente sovvenzionate in tutto il mondo. Fiumi di denaro sono stati investiti nello studio delle embrionali in Europa, in particolare nel Regno Unito, e poi in Asia, in Australia ed anche negli Stati Uniti d’America, dove non c’è un divieto alla ricerca sugli embrioni umani. Questo tipo di studi può essere liberamente condotto dappertutto negli Usa utilizzando finanziamenti privati – che non mancano – e in molti Stati (come ad esempio la California) anche con fondi pubblici. I fondi federali si possono usare per un numero limitato di linee staminali embrionali, e cioè per quelle prodotte fino all’agosto 2001: il presidente uscente Bush non ha impegnato denaro federale per distruggere embrioni, ma ha voluto mantenere il finanziamento alle linee cellulari già esistenti all’inizio della sua presidenza, permettendo comunque agli Usa di continuare la ricerca sulle staminali embrionali. I risultati, però, non sono stati quelli che ci si aspettava. Quando si sceglie come impegnare ingenti risorse economiche ed umane nella ricerca scientifica, solitamente lo si fa nella direzione più promettente: in ogni progetto che si rispetti, sono le voci 'stato dell’arte' e 'risultati attesi' a far decidere se vale o meno la pena erogare un certo finanziamento, e nel caso delle staminali embrionali entrambe le voci lasciano a desiderare. D’altra parte, non è neppure possibile sostenere che è unicamente la possibilità di aumentare la conoscenza di un fenomeno a rendere lecito ogni tipo di ricerca. Se la possibilità di ottenere informazioni, anche in previsione di terapie future, fosse l’unico criterio da seguire per decidere se condurre o meno un certo esperimento, senza alcuna considerazione di ordine etico, allora si aprirebbero strade pericolose. Non è necessario – anche se il ricordo andrebbe sempre tenuto vivo – menzionare gli esperimenti medici nei lager nazisti: basti pensare alle problematiche legate alle sperimentazioni dei farmaci o di nuove terapie per gli esseri umani, o anche a quelle connesse alla sperimentazione animale, in particolare sui primati non umani: è indubbio che la sperimentazione sugli esseri viventi, in particolare sugli umani, possa portare a conoscenze interessanti e ad informazioni preziose, ma è altrettanto evidente che non tutti gli esperimenti sono eticamente possibili. Se ad esempio ci fosse la certezza che la vivisezione di un solo malato potesse portare a conoscenze risolutive per la cura di importanti patologie, sarebbe forse lecito procedere a un esperimento del genere? Attualmente in Europa sono stati impegnati fondi di ricerca per sviluppare metodi alternativi alla sperimentazione animale, allo scopo di stabilire la tossicità di prodotti commerciali, ad esempio cosmetici. Si tratta cioè di sostituire dei test che già funzionano, con nuove procedure, per evitare di utilizzare animali in laboratorio. Perché non è possibile applicare agli embrioni umani almeno gli stessi criteri di precauzione e tutela che si seguono per gli animali? In un corretto approccio alla ricerca scientifica, il metodo che si utilizza è imposto dall’oggetto della ricerca stessa. Se si parla di embrioni umani, sarebbe importante trarne le conseguenze.
di Assuntina Morresi da Avvenire

ELUANA : L'EUROPA ULTIMA SPERANZA

Articolo di PINO CIOCIOLA tratto da Avvenire.

Adesso anche l’Europa si occuperà del caso Eluana. 55185/08 è infatti il nu­mero che la Corte di Strasburgo per i di­ritti dell’uomo ha assegnato al fascicolo appe­na aperto, in seguito al ricorso (mentre altri an­cora ne sono in arrivo) di 34 associazioni con­tro l’interruzione dell’alimentazione di Eluana Englaro autorizzata dalla Cassazione italiana. L’avvocato delle associazioni, Rosaria Elefante, ha fatto sapere che «la Corte ha scelto di segui­re la via ordinaria», e dunque di non attivare u­na procedura d’urgenza, «ma l’importante è che il ricorso sia stato registrato». Così ora «chie- deremo la fissazione, il prima possibile, di un’u­dienza e una comunicazione ufficiale sul caso da Strasburgo al governo italiano». I ricorrenti adesso devono decidere se proseguire nel ri­corso, poi – una volta comunicata la decisione positiva, che è ovviamente scontata – alla Cor­te di Strasburgo toccherà pronunciarsi sulla ri­cevibilità e sul merito. Si tratta di un passo «significativo e importan­te », per il sottosegretario al Welfare, Eugenia Roccella: «Evidentemente la Corte ha giudica­to che ci fossero elementi congrui per prende­re in considerazione il ricorso. È molto impor­tante ed indicativo, cioè, che non sia stato re­spinto ». Poi è anche fondamentale – ha conti­nuato – che siano state «proprio le associazio­ni dei malati, finora di fatto inascoltate, ad averlo presentato. La Corte ha cioè considerato che le associazioni dei malati sono direttamente coin­volte e quindi legittimate a presentare ricorso». Il papà di Eluana, Beppino Englaro, è laconico. «Prendo solo atto di quest’altro ostacolo», dice. Aggiungendo di aver «agito con grande limpi­dezza » e usando parole dure con le associazio­ni dei malati che hanno fatto ricorso a Stra­sburgo: «Stanno facendo di tutto per ostacola­re quel che è stato deciso». Infine un annuncio: «Ritengo che non mi resta altra scelta di quella di non parlare più, altri­menti non uscirò mai da questo vortice». Ma an­che un’ultima frase di Beppino che gronda do­lore e suscita un brivido: «Non posso impedire agli altri di parlare e dire quello che vogliono, ma io devo conservare le poche forze che mi ri­mangono per portare a termine quello che de­vo fare. Adesso andrò avanti in silenzio per la mia strada».
Ma le voci di chi s’interroga sulla possibilità che sia posta fine alla vita di Eluana non si spengo­no. Il sottosegretario Roccella torna sulle rifles­sioni del presidente del Consiglio superiore di sanità Franco Cuccurullo. «Condivido total­mente il suo giudizio sulla sentenza della Cor­te di Cassazione sul caso Englaro. È eutanasia», dice. E annota: «seppure a titolo personale, pro­vengono da una fonte autorevole». Cuccurullo in un’intervista ad Avvenire aveva infatti spie­gato che «Eluana non muore della patologia da cui è affetta, ma di fame e di sete. Anzi, viene fatta morire, quindi si tratta di eutanasia».
A commentare invece duramente è Amedeo Bianco, presidente della Federazione degli Or­dini dei medici (che il 12 luglio scorso disse «i­dratazione e alimentazione sono trattamenti medici»): «Non mi risulta ci sia un pronuncia­mento ufficiale del Consiglio superiore di sa­nità sul caso Eluana, né che Cuccurullo sia sta­to investito per esprimere un parere ufficiale». Una polemica tanto aspra nei toni quanto sor­prendente nelle argomentazioni.



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MOBILITAZIONE A GENOVA


Sabato 22 novembre il movimento giovanile de La Destra Gioventu’ Italiana organizzerà un presidio in via XX Settembre a Genova, angolo via San Vincenzo dalle ore 10.00 del mattino per manifestare contro questa riforma universitaria, in particolare contro il Decreto legge Tremonti 133.” Siamo contrari a qualsiasi taglio incondizionato dei fondi nei confronti degli Atenei italiani .
Riteniamo il decreto del Governo come una minaccia incombente per l'università italiana da anni stretta nella morsa dei baronati universitari e degli interessi di questo o quel politico”.Riteniamo che in questi anni si siano fatti troppi sprechi con i soldi pubblici che hanno portato al moltiplicarsi dei Corsi di Laurea il più delle volte inutili e ad un proliferare di sedi e poli distaccati in ogni città. In alcuni casi abbiamo assistito all'apertura di nuovi Atenei con il solo scopo di creare nuovi posti di lavoro e di potere per questa casta baronale ,che soffoca il sistema universitario italiano, tanto dedita e legata alla sinistra italiana
La mole di questi sprechi ha condizionato e minato la qualità di tutti gli istituti nel nostro paese avendo tolto gran parte delle risorse per la didattica per le strutture e per la ricerca. Per questo Gioventù Italiana chiede che siano effettuati dei tagli solo dove è necessario e solo dove sono stati effettuati sprechi , riteniamo inoltre che il decreto 133 vada a togliere le risorse a tutti gli atenei a tutti i corsi di laurea in maniera indistinta ed ingiusta.
Inoltre scenderemo in piazza per recriminare il nostro diritto all'agibilità politica all'interno dell' Ateneo genovese, dopo i fatti degli ultimi mesi, dove i nostri militanti sono stati oggetto di ripetute aggressioni da parte dei gruppi studenteschi dell'ultra sinistra.

Non vogliamo tornare in un clima di odio politico nei nostri confronti , chiediamo di avere il diritto di poter liberamente manifestare le nostre idee all'interno dell'Università. Per questo saremo presenti per far capire che esistiamo e che non ci piegheremo davanti a chi con la violenza ci vorrebbe fuori dalle università.

In questo senso abbiamo inviato una lettera al rettore dell'Università di Genova e al prefetto della città chiedendo tutele per i nostri militanti e la nostra organizzazione.

  • Resp.naz.org GI Luca LORENZI
  • Resp reg. GI Luca NOCENTINI
  • Resp.Prov. GI Diego GRASSI
  • Resp. Reg. GI Università Irene MANISCALCO

martedì 18 novembre 2008

DISCORSI







Grazie a Luca per le segnalazioni

lunedì 17 novembre 2008

BRAVI, BRAVI

Riportiamo da Azione Tradizionale:

Chi non si ritiene più cattolico può chiedere di cancellare il proprio nome dai registri parrocchiali.

Non è certo una novità il fatto che - da diversi anni - chi lo desideri possa fare richiesta di essere sbattezzato; la notizia risulta inquietante se si pensa che in nome di un mito, quale la libertà religiosa, si priva una parte dell’umanità di una grande protezione spirituale.

Il 25 ottobre scorso addirittura è stata indetta la giornata dello sbattezzo (vedi immagine sopra), ovvero il giorno della cancellazione degli effetti civili del battesimo, una data per niente a caso se si pensa al periodo particolare in cui viene indetta, alle porte della festività dei morti, data che in molti culti segna una sorta di apice delle forze del male. L’evento è stato inoltra salutato dall’uscita di un nuovo libro nel quale si raccontano le storie di persone sbattezzate.

Essere sbattezzati, non significa soltanto rinunziare ad una protezione quanto affacciarsi verso le porte degli inferi. Chiunque, infatti, abbia un minimo di conoscenze di ritualità cattolica sa benissimo che più che un marchio di cristianità, il battesimo è un vero e proprio esorcismo, anzi è proprio questo il motivo per cui i bambini vengono battezzati il prima possibile, per garantire loro quella protezione necessaria ad una crescita proiettata verso l’alto.

Rinunziando ad una protezione del genere viene naturale chiedersi se davvero il motivo di tale iniziativa risieda nel capriccio di qualche piccolo intellettualoide ateo o sia un vero e proprio controbattessimo ad opera di quelle forze che da sempre si sono opposte alla Tradizione.

Nulla da aggiungere se non che questa è l'evidente ennesima vergogna del tanto vantato stato laico moderno di cui questo sordido paese va così fiero.

domenica 16 novembre 2008

MOTIVAZIONI


Smith: Perché signor Anderson? Perché? Perché? Perché lo fa? Perché si rialza? Perché continua a battersi? Pensa veramente di lottare per qualcosa a parte la sua sopravvivenza? Sa dirmi di che si tratta, ammesso che ne abbia coscienza? È la libertà? È la verità? O magari la pace... Non mi dica che è l'amore! Illusioni, signor Anderson, capricci della percezione, temporanei costrutti del debole intelletto umano, che cerca disperatamente di giustificare un'esistenza priva del minimo significato e scopo! Ogni costrutto è artificiale quanto Matrix stessa! Anche se devo dire che solo la mente umana poteva inventare una scialba illusione come l'amore! Ormai dovrebbe aver capito signor Anderson, a quest'ora le sarà chiaro, lei non vincerà, combattere è inutile. Perché, signor Anderson? Perché? Perché persiste?

Neo: Perché così ho scelto.

Da Matrix L'agente Smith a colloqui con Thomas Anderson "Neo"
Se qualcuno si sta chiedendo cosa c'entri questo post è meglio cambi strada, mestiere e professione. Soprattutto cambi gruppo politico.

giovedì 13 novembre 2008

UN APPELLO PER L'EUROPA


Alcuni storici, provenienti da differenti nazioni ed università d'Europa (e non solo), hanno firmato, una decina di giorni fa, un appello, chiamato "di Blois", per contestare la sempre più invadente normativa, anche penale, in tema di ricerca e di memoria storica.

I già numerosi firmatari si oppongono all'imposizione di pene carcerarie o d'altro genere a cui, sempre di più, vanno incontro gli studiosi di tematiche storiche, sia che si parli di Seconda Guerra Mondiale (questione ebraica in particolare), sia che si parli di conflitto turco-armeno, sia in altri casi. I firmatari contestano che la politica possa dire qualcosa sui temi storici, imponendo delle verità e, di fatto, creando i presupposti per danneggiare sia la libertà di ricerca, sia la libertà intellettuale in generale, sia libertà civili più ampie.

Appello che, ovviamente, ogni buon europeo non può che condividere.


Vogliamo solo aggiungere una breve noticina: tra i firmatari c'è anche Carlo Ginzburg, attualmente docente a Pisa, il quale, in primavera, firmò contro Sylvain Gouguenheim, "reo" di aver scritto il testo "Aristote à Mont-Saint-Michel", colpevole, a sua volta, solo di aver ricordato come il debito culturale dell'Europa nei confronti del mondo maomettano sia inferiore a quanto afferma la vulgata multiculturalista. Un po' più di coerenza sarebbe gradita.

Associazione "Liberté pour l'Histoire", promotrice dell'Appello di Blois

Appello di Blois (Pierre Nora, Liberté pour l'Histoire, ottobre 2008)
http://www.lph-asso.fr/articles/50.html