sabato 29 novembre 2008

venerdì 28 novembre 2008

giovedì 27 novembre 2008

PRO ALBERTO ROSSELLI


Solidarietà ad Alberto Rosselli, minacciato di morte per aver scritto il libro sull'Olocausto degli Armeni

Il giornalista-scrittore genovese Alberto Rosselli come Roberto Saviano, autore di «Gomorra»
Qualcuno non ha gradito il suo saggio storico sull'olocausto per mano dei Turchi nel lontano 1915

di Rino Di Stefano

Il Giornale (Liguria Cronaca), Domenica 23 novembre 2008, p. 56

Roberto Saviano non è l’unico scrittore ad essere stato minacciato di morte per aver scritto un libro. Anche a Genova abbiamo un caso di questo genere. È pur vero che il giornalista napoletano, per sua stessa ammissione, non aveva valutato appieno le conseguenze della pubblicazione del suo libro «Gomorra». E dopo, soltanto dopo, si è reso conto a sue spese che il prezzo del successo era rinunciare alla vita, sotto scorta 24 ore su 24, con la costante paura di finire un giorno nel mirino della pistola di un camorrista. In Liguria, invece, abbiamo un altro scrittore che, occupandosi da sempre di storia, mai più pensava di suscitare una reazione del tipo Saviano solo per essersi occupato del dramma di un popolo avvenuto nell’ormai lontano 1915 in quel di Turchia:il massacro di un milione e mezzo di armeni in Anatolia. Secondo la Convenzione dei Diritti dell’Uomo delle Nazioni Unite, quello sterminio «è da considerarsi come il primo genocidio del XX secolo». Ed è proprio su quest
i fatti, accertati da più fonti storiche, che il giornalista-scrittore genovese Alberto Rosselli ha scritto il libro «L’olocausto armeno», pubblicato dalle Edizioni Solfanelli di Chieti.
Il volume, 96 pagine di piccolo formato con un costo di 7,50 euro, vuole essere la testimonianza di come il piano di eliminazione di un intero popolo, non era soltanto il prodotto della politica attuata dal «sedicente partito progressista dei Giovani Turchi, ma traeva le sue profonde origini dalle antiche e mai del tutto sopite contrapposizioni tra la maggioranza musulmana turco-curda e la minoranza cristiana armena». Rosselli, da buon cronista storico, si limita a riportare ciò che avvenne in quei terribili anni. E dice, per esempio, che lo sterminio dei cristiani anatolici è già stato riconosciuto dal governo d’Israele nel 1994, dai Parlamenti russo, bulgaro e cipriota nel 1995, dal Vaticano e dal Parlamento Europeo nel 2000. Fatti accertati, dunque, e certamente nessun particolare mistero rivelato. Soltanto un’accurata e ampia ricostruzione delle vicende storiche che ha portato l’Europa a imporre «il riconoscimento del genocidio da parte di Ankara» quale condizione impresc
indibile per l’integrazione turca nella UE.
«Il libro - racconta Rosselli - uscì nel 2007. Dopo alcuni mesi cominciai a ricevere a casa telefonate minacciose, sia nei mie riguardi, sia verso mia moglie. Voci sempre diverse ci dicevano che eravamo dei bastardi, che ci avrebbero ucciso e così via. E alle telefonate seguirono anche messaggi dello stesso tono via e-mail. A quel puntomi recai in Questura a denunciare il fatto, ma fu inutile. Pare, infatti, che le telefonate vengano dall’estero, così come le e-mail. In pratica, mi suggerirono di lasciar perdere e di non dare un peso eccessivo alla cosa. Il punto è che questi signori rivelano di conoscere perfettamente le mie mosse e quelle di mia moglie. Sanno persino che ho un cane e come si chiama. E questo può significare solo una cosa: da un anno mi controllano da vicino».
La situazione che più ha spaventato Rosselli è avvenuta sabato 27 settembre, cioè il giorno in cui a Anguillara Sabazia, amena cittadina sul lago di Bracciano, in Lazio, stava ricevendo il Premio letterario internazionale Arché, proprio per il suo libro «L’Olocausto Armeno». L’anno prima aveva vinto lo stesso premio per il saggio «Sulla Turchia e l’Europa». Quel pomeriggio, mentre si trovava in un albergo della zona, una voce con accento straniero lo ha chiamato al telefono della stanza e ancora una volta lo ha minacciato di morte, coprendolo di insulti. L’ultima volta in cui ha ricevuto queste minacce è stato domenica 26 ottobre, sul suo cellulare, mentre stava recando a Palazzo Tursi per partecipare al dibattito organizzato dal senatore Enrico Musso (Pdl) sul progetto del sindaco Marta Vincenzi di costruire una moschea a Genova.
Ma che cosa dice di tanto sconvolgente il libro di Rosselli perché il suo autore venga minacciato di morte da terroristi internazionali? Nulla che non sia già stato accertato in sede storica. Per esempio, racconta di quando, già nel biennio 1894-1896 le milizie ottomane, affiancate da quelle curde, rasero al suolo 2500 villaggi armeni sterminando circa 300mila persone tra uomini, donne, vecchi e bambini. Sempre nel 1896 il sultano Abdul Hamid ordinò quella che è passata alla storia come la «strage di Urfa». Le milizie del sultano costrinsero circa 3mila armeni terrorizzati a rifugiarsi nella locale cattedrale, alla quale poi diedero fuoco, causando la morte di tutti i fedeli. Non contenti, rapirono anche 100mila donne e costrinsero un egual numero di cristiani a convertirsi all�Islam. Ma il genocidio vero e proprio, racconta Rosselli, fu progettato nel 1913 quando il comitato centrale dei Giovani Turchi «pianificò il genocidio attraverso la messa a punto di un’efficiente stru
ttura paramilitare, l’Organizzazione Speciale (OS), coordinata da due medici, Nazim e Shakir». In un intervento del 25 marzo 1915, il dottor Nazim, segretario esecutivo del comitato, disse: «La Jemiet (Assemblea) ha deciso di salvare la madrepatria dalle ambizioni di questa razza maledetta (gli armeni) e di prendersi carico di cancellare questa macchia che oscura la storia ottomana. La Jemiet, incapace di dimenticare tutti i colpi e le vecchie amarezze, ha quindi deciso di annientare tutti gli armeni viventi in Turchia, senza lasciarne vivo nemmeno uno, e a questo riguardo è stata data al governo ampia libertà d’azione». Il primo eccidio avvenne il 24 aprile l915 quando 500 esponenti del Movimento Armeno vennero incarcerati e strangolati col fil di ferro. In un rapporto del 1917 l’ufficiale medico tedesco Hans Stoffels riferì di avere osservato a Mosul (Irak settentrionale) interi villaggi armeni con migliaia di corpi in decomposizione. «I bambini - racconta - precedentement
e violentati, sodomizzati e torturati nei modi più orrendi». Poi inventarono «l’utile combustione»: i prigionieri armeni venivano buttati vivi dentro le caldaie delle locomotive per fornire energia addizionale ai mezzi. L’ultimo sterminio, racconta sempre Rosselli, avvenne nel 1922 a Smirne, quando il nuovo regime repubblicano di Kemal Ataturk, che continuava a negare il massacro, fece uccidere circa 100mila civili greci e armeni.

«L’Olocausto Armeno» di Alberto Rosselli, Edizioni Solfanelli, 96 pagine, Euro 7,50.

lettorespeciale@rinodistefano.com

domenica 23 novembre 2008

IL VALORE DELLA MEMORIA


L’Associazione ‘Impégnàti’ invita al Convegno che si terrà:

Venerdì 19 Dicembre, alle ore 18.30, presso il Palazzo Zenobio degli Armeni.

Dorsoduro ai Carmini, 2596 - Venezia

IL VALORE DELLA MEMORIA - La tragedia armena
Riflessioni storiche e filosofiche.

Introdurrà il Presidente dell’Associazione ‘Impégnàti’

Dott. Mario Caputi

Relatori

Prof.ssa Antonia Arslan
scrittrice e saggista

Prof.ssa Siobhan Nash-Marshall
filosofo e saggista

Dott. Alberto Rosselli
giornalista e saggista

Segreteria organizzativa: Tel: +39 348 3546370 info@impegnati.it.

LA DESTRA SIAMO NOI !!

E' l'ora de La Destra...l'unica Segnala

Dunque si sciolgono. Ieri, Forza Italia ha dato a Berlusconi pieni poteri (ohibò) per sciogliere il partito dentro il PdL. Poi toccherà ad An e tutti insieme staranno nella melassa senza identità.
Staranno in Europa, con i droga libera e gli sfascia famiglie chiamati Partito Popolare Europeo.
Aspetteranno con gioia l’arrivo dei Fratelli musulmani dalla Turchia, canteranno le gesta dei liberismo più sfrenato, fino a che il mago di Arcore li manderà a quel paese. 70 a 30 sarà il rapporto fra di loro e i poveri militanti di quella che fu la destra italiana dovranno supplicare un posto al sole dal notaio.

Per la Destra che c’è, la nostra, l’unica che non nasconde la propria identità, si apre un’autostrada che ci vedrà volare se non cederemo alle tentazioni delle scorciatoie di potere.
Calma e gesso, testa e cuore, fede e combattimento per indicare all’Italia la rotta dei valori in un mondo in cui la persona non conta più nulla.
Per noi no. 14 milioni di non votanti attendono segnali di vita: glieli negano quelli del partito grosso. Glieli offriremo noi del partito non ancora grande, ma già grande partito.

Francesco Storace

sabato 22 novembre 2008

TUTTI INSIEME, APPASSIONATAMENTE


Evviva!
Il Gran Cav. ovviamente è riuscito ( come dubitarne? ) nel proprio intento.
Ha comprato ( e loro si sono graziosamente venduti ) i rimasugli del partito di Fini e quattro altri stracciaculi minori.
Adesso li fa tutti confluire nel gran calderone liberalcapitalistico popolare che porterà ovunque gioia e felicità, produttività e reddito, combatterà il male assoluto insieme con quello un po' meno assoluto del Comunismo sotto l'egida del più puro Consumismo.
Tutto il popolo lieto parteciperà alla Grande Azienda Italia, al suo budget e ai suoi dividendi.
Chissà cosa faranno gli "esclusi" ( trombati no, pare brutto ) di AN quando si renderanno conto che i soli e unici a trarre guadagno ( perchè di null'altro si sono mai occupati ) dall'operazione sarà la "banda dei quattro" che siederà sotto al tavolo del Cav. Nano.
Perchè soltanto i colonnelli senza gradi nè mostrine potranno rosicchiare le ossa già spolpate che verranno loro passate come si faceva una volta con i cani della muta.
E gli altri?
Vogliamo scommettere che tra qualche tempo, alcuni, memori improvvisamente di essere appartenuti alla "Destra Sociale", rispolverando parole ormai desuete come Onore, Fedeltà, Tradizione, si presenteranno a bussare alle nostre porte chiedendo di assere riaccolti?
Vogliamo scommettere?

venerdì 21 novembre 2008

LA RIVOLUZIONE BIANCA DELLA BANDA DEI QUATTRO

Il 22 novembre 1968 i Beatles pubblicavano il loro "White Album"

"I Beatles sono più famosi di Gesù Cristo": la frase pronunciata da John Lennon, che suscitò profonda indignazione soprattutto negli Stati Uniti, dopo tanti anni suona solo come la "spacconata" di un giovanottone della working class inglese alle prese con un inatteso successo, dopo essere cresciuto nel mito di Elvis e del rock'n'roll. Eppure al talento di Lennon e degli altri tre Beatles si devono alcune delle migliori pagine della musica leggera moderna. Solo canzonette, diranno i detrattori non senza una punta di snobismo. Tutto vero. Nessuno può pensare ai Beatles come a dei geni assoluti della composizione e neppure, in fondo, come a dei virtuosi dei rispettivi strumenti. Ma resta il fatto che dopo 38 anni dallo scioglimento, le canzoni con il marchio Lennon-McCartney, hanno mostrato una straordinaria resistenza all'usura del tempo, divenendo fonte di ispirazione per più di una generazione di musicisti pop.
Esattamente 40 anni fa, il 22 novembre 1968, i Beatles pubblicavano una pietra miliare e non solo della loro discografia. Un doppio lp, senza titolo, conosciuto come The White Album, "album bianco", dal colore della copertina che aveva inciso in rilievo solo il nome del gruppo. Nel 1968 i Beatles erano all'apice del successo, nonostante il fallimento del progetto Magical Mistery Tour. L'album Sgt Pepper's Lonely Hearts Club Band, con le sue musicalità psichedeliche, la ricercatezza dei suoni, aveva portato una vera e propria rivoluzione musicale e li aveva consegnati al mito. Tuttavia non sarebbe stato quello il loro vertice creativo; un vertice che avrebbero toccato paradossalmente nel momento in cui stava già divenendo insanabile la crisi interna del gruppo, che vedeva contrapposti in particolare Paul McCartney e John Lennon, con George Harrison e Ringo Starr impotenti spettatori. Di fatto i "Fab four" non esistevano più; esistevano entità separate, musicisti di talento che si presentarono in ordine sparso negli studi di Abbey Road, ognuno con i propri musicisti a supporto. Eppure fu in un tale scenario che il White Album si concretizzò.
Fu una vera e propria cesura con il passato. Chi si aspettava un seguito alle escursioni visionarie di Sgt Pepper's e in parte di Magical Mistery Tour rimase deluso. I Beatles, lo si intuisce fin dal minimalismo della copertina, scelsero in qualche modo di tornare alle radici. Ma a modo loro, dando libero sfogo alla creatività e continuando a curare particolarmente le liriche, in alcuni casi ricreando atmosfere e nuclei narrativi. Musicalmente nell'album coesistono canzoni ispirate al rock più puro e duro, come Back In The U.S.S.R. e Helter Skelter, ballate acustiche come Blackbird o Julia, il country di Rocky Raccoon, "canzonette" come Obladi Oblada, pretenziose incursioni nello sperimentalismo come Revolution 9. Un disco di suggestive contaminazioni, cross over si direbbe oggi, un'utopia musicale dove si trova tutto e il contrario di tutto, in un assemblaggio forse discutibile ma rivelatore dello spirito di un'epoca: gli anni della contestazione giovanile, in cui - tra contraddizioni, eccessi e fughe in avanti - tutto sembrava possibile e lecito; in cui i giovani si avventuravano in terreni anche artistici fino ad allora inesplorati e ricchi di prospettive.
I Beatles in questo erano privilegiati. Osannati dai fan anche se non sempre dalla critica, attenti alle trasformazioni in atto, veri e propri investigatori della scena artistica, potevano permettersi di comporre liberamente, senza i lacci imposti dall'industria discografica. Per questo avevano fondato una loro etichetta, la Apple Records, che veniva inaugurata proprio con il White Album. Opera ambiziosissima, come detto, in cui coesistevano tutte le anime del gruppo e in cui trovarono pari dignità anche le canzoni di George Harrison, in particolare While My Guitar Gently Weeps (in cui cedette l'"a solo" all'amico Eric "slowhand" Clapton) e persino di Ringo Starr. George Martin, il loro produttore e arrangiatore, aveva consigliato di pubblicare solo la metà dei brani; ma pur nella loro incompiutezza musicale, anche quelli considerati meno riusciti sono serviti a confezionare un'opera unica nel suo genere.
A quarant'anni di distanza l'ascolto di questo disco rende evidenti i cambiamenti verificatisi nella musica leggera. E non si tratta di cambiamenti sempre migliorativi. Quale disco potrebbe oggi contenere un brano onirico come Dear Prudence insieme con una canzone in stile anni Trenta come Honey Pie? Quale gruppo sarebbe oggi talmente libero da poter inserire in un cd un brano come Revolution 9? Attualmente i prodotti discografici appaiono per lo più standardizzati, stereotipati, ben lontani dalla creatività dei Beatles, che peraltro incidevano con apparecchiature tecniche rudimentali se rapportate a quelle odierne. E sebbene la tecnologia oggi venga in soccorso - anche troppo - del talento, esperienze d'ascolto come quelle offerte dai Beatles sono davvero rare.
Più orientata a sfornare modelli consumistici musicali, soprattutto a livello d'immagine, che a produrre musica vera e propria, l'industria discografica sacrifica troppo spesso fantasia e creatività. I Beatles agli inizi degli anni Sessanta si proposero come modello attraverso la loro musica, diventando solo con l'arrivo del successo personaggi da emulare. La loro rivoluzione passò prima di tutto attraverso le canzoni. Era la loro musica a essere originale ancor prima del loro abbigliamento o del loro taglio di capelli. Rappresentarono certo anche un fenomeno di costume, ma sostenuto soprattutto dal valore creativo della loro produzione musicale.
Se ancora oggi, su scala planetaria, ci sono ragazzi - oltre che nostalgici ultraquarantenni - che acquistano e ascoltano i dischi dei Beatles vuol dire che, al di là delle mode del momento, resta il fascino delle loro canzoni. Di quella strana alchimia di suoni e parole che probabilmente non si è più realizzata nella storia della musica leggera, nemmeno nei suoi episodi più felici.
Non che all'epoca, nel 1968 e giù di lì, i Beatles fossero amati da tutti. Molti, soprattutto negli ambienti più duri della contestazione giovanile, li consideravano troppo sdolcinati e intimistici, preferendo espressioni più ruvide o ritenute più "impegnate" del rock. Ma il tempo ha dato ragione ai quattro ragazzi di Liverpool. E mentre di molti gruppi di allora si è persa traccia, la stella dei Beatles appare ancora intramontabile. Malgrado permanga nella pubblicistica una grande sproporzione tra agiografia e analisi, è indubbio che il loro vero talento risiedeva nell'ineguagliata capacità di comporre canzoni popolari (pop) con quella sorta di euforica leggerezza che costituisce un autentico marchio di fabbrica. E il White Album, pur nella sua eclettica unicità, non sfugge a questa regola. Quarant'anni dopo resta una sorta di magico florilegio musicale: trenta canzoni da sfogliare e ascoltare a piacimento, certi di trovarvi delle perle a tutt'oggi inarrivate.

(©L'Osservatore Romano - 22 novembre 2008) di G.Fiorentino e G.Vallini

ETICA E SCIENZA

Quando si tratta di successi sulle staminali scende il silenzio

A ncora una novità dal fronte della medicina rigenerativa: il primo trapianto di organi senza terapia anti-rigetto. Ad una donna è stata sostituita la trachea con una ricevuta da un donatore, ma modificata con le cellule staminali della donna stessa. In questo modo è stato possibile evitare che la paziente assumesse farmaci anti-rigetto, con un netto miglioramento della sua qualità di vita, rispetto a quella che avrebbe avuto con una gravosa terapia farmacologica di mantenimento. Siamo di fronte all’ennesimo successo delle cellule staminali adulte, e non embrionali: curiosamente, si omette spesso di specificare il tipo di staminali quando si parla dei successi in questo settore della ricerca medica. Sono passati dieci anni dalla prima linea di cellule staminali embrionali umane, ma i risultati si fanno ancora attendere, mentre con quelle adulte le applicazioni non mancano. Per quanto riguarda le staminali 'etiche', poi, e cioè le iPS (pluripotenti indotte), prodotte dallo scienziato giapponese Yamanaka, prossime alle staminali embrionali ma ottenute manipolando cellule adulte, è bene ricordare che il principio su cui si basa la procedura per ottenerle è stato ricavato da studi sui topi, e non su embrioni umani. L’argomento dei sostenitori della ricerca sulle embrionali umane è che la ricerca deve seguire tutte le strade possibili, perché solo verificando ogni opzione potremo un giorno stabilire con cognizione di causa quale effettivamente sia la più efficace. Un argomento discutibile, almeno ad avviso di chi scrive. Innanzitutto, non si sono fatti consistenti passi in avanti nonostante dieci anni di ricerche lautamente sovvenzionate in tutto il mondo. Fiumi di denaro sono stati investiti nello studio delle embrionali in Europa, in particolare nel Regno Unito, e poi in Asia, in Australia ed anche negli Stati Uniti d’America, dove non c’è un divieto alla ricerca sugli embrioni umani. Questo tipo di studi può essere liberamente condotto dappertutto negli Usa utilizzando finanziamenti privati – che non mancano – e in molti Stati (come ad esempio la California) anche con fondi pubblici. I fondi federali si possono usare per un numero limitato di linee staminali embrionali, e cioè per quelle prodotte fino all’agosto 2001: il presidente uscente Bush non ha impegnato denaro federale per distruggere embrioni, ma ha voluto mantenere il finanziamento alle linee cellulari già esistenti all’inizio della sua presidenza, permettendo comunque agli Usa di continuare la ricerca sulle staminali embrionali. I risultati, però, non sono stati quelli che ci si aspettava. Quando si sceglie come impegnare ingenti risorse economiche ed umane nella ricerca scientifica, solitamente lo si fa nella direzione più promettente: in ogni progetto che si rispetti, sono le voci 'stato dell’arte' e 'risultati attesi' a far decidere se vale o meno la pena erogare un certo finanziamento, e nel caso delle staminali embrionali entrambe le voci lasciano a desiderare. D’altra parte, non è neppure possibile sostenere che è unicamente la possibilità di aumentare la conoscenza di un fenomeno a rendere lecito ogni tipo di ricerca. Se la possibilità di ottenere informazioni, anche in previsione di terapie future, fosse l’unico criterio da seguire per decidere se condurre o meno un certo esperimento, senza alcuna considerazione di ordine etico, allora si aprirebbero strade pericolose. Non è necessario – anche se il ricordo andrebbe sempre tenuto vivo – menzionare gli esperimenti medici nei lager nazisti: basti pensare alle problematiche legate alle sperimentazioni dei farmaci o di nuove terapie per gli esseri umani, o anche a quelle connesse alla sperimentazione animale, in particolare sui primati non umani: è indubbio che la sperimentazione sugli esseri viventi, in particolare sugli umani, possa portare a conoscenze interessanti e ad informazioni preziose, ma è altrettanto evidente che non tutti gli esperimenti sono eticamente possibili. Se ad esempio ci fosse la certezza che la vivisezione di un solo malato potesse portare a conoscenze risolutive per la cura di importanti patologie, sarebbe forse lecito procedere a un esperimento del genere? Attualmente in Europa sono stati impegnati fondi di ricerca per sviluppare metodi alternativi alla sperimentazione animale, allo scopo di stabilire la tossicità di prodotti commerciali, ad esempio cosmetici. Si tratta cioè di sostituire dei test che già funzionano, con nuove procedure, per evitare di utilizzare animali in laboratorio. Perché non è possibile applicare agli embrioni umani almeno gli stessi criteri di precauzione e tutela che si seguono per gli animali? In un corretto approccio alla ricerca scientifica, il metodo che si utilizza è imposto dall’oggetto della ricerca stessa. Se si parla di embrioni umani, sarebbe importante trarne le conseguenze.
di Assuntina Morresi da Avvenire

ELUANA : L'EUROPA ULTIMA SPERANZA

Articolo di PINO CIOCIOLA tratto da Avvenire.

Adesso anche l’Europa si occuperà del caso Eluana. 55185/08 è infatti il nu­mero che la Corte di Strasburgo per i di­ritti dell’uomo ha assegnato al fascicolo appe­na aperto, in seguito al ricorso (mentre altri an­cora ne sono in arrivo) di 34 associazioni con­tro l’interruzione dell’alimentazione di Eluana Englaro autorizzata dalla Cassazione italiana. L’avvocato delle associazioni, Rosaria Elefante, ha fatto sapere che «la Corte ha scelto di segui­re la via ordinaria», e dunque di non attivare u­na procedura d’urgenza, «ma l’importante è che il ricorso sia stato registrato». Così ora «chie- deremo la fissazione, il prima possibile, di un’u­dienza e una comunicazione ufficiale sul caso da Strasburgo al governo italiano». I ricorrenti adesso devono decidere se proseguire nel ri­corso, poi – una volta comunicata la decisione positiva, che è ovviamente scontata – alla Cor­te di Strasburgo toccherà pronunciarsi sulla ri­cevibilità e sul merito. Si tratta di un passo «significativo e importan­te », per il sottosegretario al Welfare, Eugenia Roccella: «Evidentemente la Corte ha giudica­to che ci fossero elementi congrui per prende­re in considerazione il ricorso. È molto impor­tante ed indicativo, cioè, che non sia stato re­spinto ». Poi è anche fondamentale – ha conti­nuato – che siano state «proprio le associazio­ni dei malati, finora di fatto inascoltate, ad averlo presentato. La Corte ha cioè considerato che le associazioni dei malati sono direttamente coin­volte e quindi legittimate a presentare ricorso». Il papà di Eluana, Beppino Englaro, è laconico. «Prendo solo atto di quest’altro ostacolo», dice. Aggiungendo di aver «agito con grande limpi­dezza » e usando parole dure con le associazio­ni dei malati che hanno fatto ricorso a Stra­sburgo: «Stanno facendo di tutto per ostacola­re quel che è stato deciso». Infine un annuncio: «Ritengo che non mi resta altra scelta di quella di non parlare più, altri­menti non uscirò mai da questo vortice». Ma an­che un’ultima frase di Beppino che gronda do­lore e suscita un brivido: «Non posso impedire agli altri di parlare e dire quello che vogliono, ma io devo conservare le poche forze che mi ri­mangono per portare a termine quello che de­vo fare. Adesso andrò avanti in silenzio per la mia strada».
Ma le voci di chi s’interroga sulla possibilità che sia posta fine alla vita di Eluana non si spengo­no. Il sottosegretario Roccella torna sulle rifles­sioni del presidente del Consiglio superiore di sanità Franco Cuccurullo. «Condivido total­mente il suo giudizio sulla sentenza della Cor­te di Cassazione sul caso Englaro. È eutanasia», dice. E annota: «seppure a titolo personale, pro­vengono da una fonte autorevole». Cuccurullo in un’intervista ad Avvenire aveva infatti spie­gato che «Eluana non muore della patologia da cui è affetta, ma di fame e di sete. Anzi, viene fatta morire, quindi si tratta di eutanasia».
A commentare invece duramente è Amedeo Bianco, presidente della Federazione degli Or­dini dei medici (che il 12 luglio scorso disse «i­dratazione e alimentazione sono trattamenti medici»): «Non mi risulta ci sia un pronuncia­mento ufficiale del Consiglio superiore di sa­nità sul caso Eluana, né che Cuccurullo sia sta­to investito per esprimere un parere ufficiale». Una polemica tanto aspra nei toni quanto sor­prendente nelle argomentazioni.



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MOBILITAZIONE A GENOVA


Sabato 22 novembre il movimento giovanile de La Destra Gioventu’ Italiana organizzerà un presidio in via XX Settembre a Genova, angolo via San Vincenzo dalle ore 10.00 del mattino per manifestare contro questa riforma universitaria, in particolare contro il Decreto legge Tremonti 133.” Siamo contrari a qualsiasi taglio incondizionato dei fondi nei confronti degli Atenei italiani .
Riteniamo il decreto del Governo come una minaccia incombente per l'università italiana da anni stretta nella morsa dei baronati universitari e degli interessi di questo o quel politico”.Riteniamo che in questi anni si siano fatti troppi sprechi con i soldi pubblici che hanno portato al moltiplicarsi dei Corsi di Laurea il più delle volte inutili e ad un proliferare di sedi e poli distaccati in ogni città. In alcuni casi abbiamo assistito all'apertura di nuovi Atenei con il solo scopo di creare nuovi posti di lavoro e di potere per questa casta baronale ,che soffoca il sistema universitario italiano, tanto dedita e legata alla sinistra italiana
La mole di questi sprechi ha condizionato e minato la qualità di tutti gli istituti nel nostro paese avendo tolto gran parte delle risorse per la didattica per le strutture e per la ricerca. Per questo Gioventù Italiana chiede che siano effettuati dei tagli solo dove è necessario e solo dove sono stati effettuati sprechi , riteniamo inoltre che il decreto 133 vada a togliere le risorse a tutti gli atenei a tutti i corsi di laurea in maniera indistinta ed ingiusta.
Inoltre scenderemo in piazza per recriminare il nostro diritto all'agibilità politica all'interno dell' Ateneo genovese, dopo i fatti degli ultimi mesi, dove i nostri militanti sono stati oggetto di ripetute aggressioni da parte dei gruppi studenteschi dell'ultra sinistra.

Non vogliamo tornare in un clima di odio politico nei nostri confronti , chiediamo di avere il diritto di poter liberamente manifestare le nostre idee all'interno dell'Università. Per questo saremo presenti per far capire che esistiamo e che non ci piegheremo davanti a chi con la violenza ci vorrebbe fuori dalle università.

In questo senso abbiamo inviato una lettera al rettore dell'Università di Genova e al prefetto della città chiedendo tutele per i nostri militanti e la nostra organizzazione.

  • Resp.naz.org GI Luca LORENZI
  • Resp reg. GI Luca NOCENTINI
  • Resp.Prov. GI Diego GRASSI
  • Resp. Reg. GI Università Irene MANISCALCO

martedì 18 novembre 2008

DISCORSI







Grazie a Luca per le segnalazioni

lunedì 17 novembre 2008

BRAVI, BRAVI

Riportiamo da Azione Tradizionale:

Chi non si ritiene più cattolico può chiedere di cancellare il proprio nome dai registri parrocchiali.

Non è certo una novità il fatto che - da diversi anni - chi lo desideri possa fare richiesta di essere sbattezzato; la notizia risulta inquietante se si pensa che in nome di un mito, quale la libertà religiosa, si priva una parte dell’umanità di una grande protezione spirituale.

Il 25 ottobre scorso addirittura è stata indetta la giornata dello sbattezzo (vedi immagine sopra), ovvero il giorno della cancellazione degli effetti civili del battesimo, una data per niente a caso se si pensa al periodo particolare in cui viene indetta, alle porte della festività dei morti, data che in molti culti segna una sorta di apice delle forze del male. L’evento è stato inoltra salutato dall’uscita di un nuovo libro nel quale si raccontano le storie di persone sbattezzate.

Essere sbattezzati, non significa soltanto rinunziare ad una protezione quanto affacciarsi verso le porte degli inferi. Chiunque, infatti, abbia un minimo di conoscenze di ritualità cattolica sa benissimo che più che un marchio di cristianità, il battesimo è un vero e proprio esorcismo, anzi è proprio questo il motivo per cui i bambini vengono battezzati il prima possibile, per garantire loro quella protezione necessaria ad una crescita proiettata verso l’alto.

Rinunziando ad una protezione del genere viene naturale chiedersi se davvero il motivo di tale iniziativa risieda nel capriccio di qualche piccolo intellettualoide ateo o sia un vero e proprio controbattessimo ad opera di quelle forze che da sempre si sono opposte alla Tradizione.

Nulla da aggiungere se non che questa è l'evidente ennesima vergogna del tanto vantato stato laico moderno di cui questo sordido paese va così fiero.

domenica 16 novembre 2008

MOTIVAZIONI


Smith: Perché signor Anderson? Perché? Perché? Perché lo fa? Perché si rialza? Perché continua a battersi? Pensa veramente di lottare per qualcosa a parte la sua sopravvivenza? Sa dirmi di che si tratta, ammesso che ne abbia coscienza? È la libertà? È la verità? O magari la pace... Non mi dica che è l'amore! Illusioni, signor Anderson, capricci della percezione, temporanei costrutti del debole intelletto umano, che cerca disperatamente di giustificare un'esistenza priva del minimo significato e scopo! Ogni costrutto è artificiale quanto Matrix stessa! Anche se devo dire che solo la mente umana poteva inventare una scialba illusione come l'amore! Ormai dovrebbe aver capito signor Anderson, a quest'ora le sarà chiaro, lei non vincerà, combattere è inutile. Perché, signor Anderson? Perché? Perché persiste?

Neo: Perché così ho scelto.

Da Matrix L'agente Smith a colloqui con Thomas Anderson "Neo"
Se qualcuno si sta chiedendo cosa c'entri questo post è meglio cambi strada, mestiere e professione. Soprattutto cambi gruppo politico.

giovedì 13 novembre 2008

UN APPELLO PER L'EUROPA


Alcuni storici, provenienti da differenti nazioni ed università d'Europa (e non solo), hanno firmato, una decina di giorni fa, un appello, chiamato "di Blois", per contestare la sempre più invadente normativa, anche penale, in tema di ricerca e di memoria storica.

I già numerosi firmatari si oppongono all'imposizione di pene carcerarie o d'altro genere a cui, sempre di più, vanno incontro gli studiosi di tematiche storiche, sia che si parli di Seconda Guerra Mondiale (questione ebraica in particolare), sia che si parli di conflitto turco-armeno, sia in altri casi. I firmatari contestano che la politica possa dire qualcosa sui temi storici, imponendo delle verità e, di fatto, creando i presupposti per danneggiare sia la libertà di ricerca, sia la libertà intellettuale in generale, sia libertà civili più ampie.

Appello che, ovviamente, ogni buon europeo non può che condividere.


Vogliamo solo aggiungere una breve noticina: tra i firmatari c'è anche Carlo Ginzburg, attualmente docente a Pisa, il quale, in primavera, firmò contro Sylvain Gouguenheim, "reo" di aver scritto il testo "Aristote à Mont-Saint-Michel", colpevole, a sua volta, solo di aver ricordato come il debito culturale dell'Europa nei confronti del mondo maomettano sia inferiore a quanto afferma la vulgata multiculturalista. Un po' più di coerenza sarebbe gradita.

Associazione "Liberté pour l'Histoire", promotrice dell'Appello di Blois

Appello di Blois (Pierre Nora, Liberté pour l'Histoire, ottobre 2008)
http://www.lph-asso.fr/articles/50.html

mercoledì 12 novembre 2008

NON UCCIDETE ELUANA !!!!!

Avvenire 12/11/2008, Pagina A01


SIGNORI GIUDICI, PENSATECI
AVREMO LA PRIMA CONDANNA A MORTE REPUBBLICANA?
DAVIDE RONDONI
Ai Signori Giudici chiediamo solo una cosa: non dateci una condanna a morte. La pri­ma condanna a morte dell’Italia repubblicana. Un genere di condanna che l’Italia ripudia – van­tandosene dinanzi al mondo – e che mai nessun motivo di rivalsa, di odio, di giustizialismo ha in­trodotto sarà invece inaugurata in nome di una malintesa idea di pietà? È quasi sempre in nome del bene che gli uomini compiono qualcosa di o­scuramente cattivo. Se la Corte darà il via libera alla volontà del padre di staccare l’alimentazio­ne per Eluana e se egli troverà qualche centro medico disposto a farlo, avrà luogo l’esecuzione e l’inizio della pubblica estenuante agonia.
Ai Signori della Corte chiediamo di considerare tutto questo: a una ragazza i nerme, che non può né esprimere né difendere le sue reali, attuali vo­lontà, si cesserà di dare alimento. A una ragazza, avvolta sì in un silenzio misterioso, ma non ari­da dentro, tanto da affrontare un’estenuante e­morragia come le è capitato alcune settimane fa, si vorrebbe ora dare quella morte da cui ella con le sue sole forze si è invece tirata fuori. E questo perché qualcuno - a differenza di altri - non sop­porta più questa dura, triste condizione. Il padre in coscienza ha voluto combattere questa stra­na battaglia perché sua figlia muoia. Non ce la fa­ceva più. È comprensibile. Meno comprensibile l’accanirsi non perché le cure e la pazienza di al­tri sopportino la pena e le premure, bensì per la sua morte. Per toglierla di torno. Anche se non dà nessun fastidio, e già ci sono le voci di chi, come le suore che l’accudiscono, dice: la teniamo noi. Il problema, ora che i magistrati hanno scelto di occuparsi di questa faccenda, non è più, per così dir e una dramma­tica faccenda privata tra il signor Englaro e sua figlia. È una faccenda di diritto. E il diritto italia­no non contempla la condanna a morte. Per nessuno. Neppure per chi compie la strage o lo stupro più efferato. Vo­gliamo cominciare da una ragazza?
Il dilemma ora è: uno può chiedere e ottenere che un altro muoia? A meno che non si consi­deri Eluana già morta. Pensate a lei così, Signori della Corte? La medi­cina, secondo i protocolli internazionali, non classifica Eluana tra i morti. E nemmeno tra co­loro che sono tenuti in vita con inutile accani­mento. Voi la condannerete a morte? O la consi­dererete come già morta? E siete certi che la sue condizioni siano davvero 'irreversibili', come lo stesso Pg della Cassazione ieri è sembrato chie­dervi?
Bisognerà dunque avvisare tutti coloro che han­no parenti e amici in condizioni simili, e non so­no pochi. Dire a loro: la Suprema Corte li consi­dera già morti, o condannabili. Il nostro è un appello senza potere e senza alcun velo politico. Abbiamo solo voglia che in Italia non si condanni a morte alcuno. Tanto meno u­na ragazza inerme. Nel tenerla in vita, secondo le condizioni che il destino ha misteriosamente riservato a lei, non si fa torto a nessuno. Nem­meno a lei, poiché nessuno può comunque ar­rogarsi il diritto di interpretare ora la volontà di Eluana. Le persone cambiano. La vita, lo sap­piamo, ci modella, a volte radicalmente. Ma se si dà il via libera alla esecuzione allora si stabilisce che in Italia, a determinate condizioni, c’è la pe­na di morte. E che tali condizioni non sono d’es­ser assassini o stupratori, o terroristi. Ma la con­dizione è d’esser inerme, 'inutile', insopporta­bile, e nelle mani degli altri. Io non credo che i Signori della Corte siano fa­vore voli alla pena di morte. Non lo voglio crede­re. Magari lasciassero sospesa la vicenda, incal­zando piuttosto il Parlamento a fare leggi chiare, a cui tutti attenersi e non variabili da giudice a giu­dice, da medico a medico. Non si sta 'solamen­te' discutendo di una ragazza, a cui certo tutti au­guriamo un corso sereno del suo oscuro destino, ma di un caso le cui conseguenze varranno per tutti. Il suo povero corpo, la sua persona, che sem­brano valere più niente, secondo la visione di chi la vede già come morta, potrebbero essere inve­ce quelli di un’incredibile eroina. L’ultima muta barriera, la estrema insurrezione contro una stra­na volontà di introdurre nella nostra già feritis­sima Italia l’uso della condanna a morte.

martedì 11 novembre 2008

NOI SI'


Noi c'eravamo.
Fieri di esserci stati perchè comunque, seppure con molti aspetti da rivedere è stata un'interessante esperienza.
L'Urbe, la città Eterna, dovrebbe insegnare sempre qualcosa a qualcuno, se così non è è soltanto colpa del "discepolo" e non del docente.
Magari un partito leggero dovrebbe cominciare a imporre una maggior snellezze ( non soltanto fisica ) ai suoi appartenenti, ma ben presto verrà anche questa ne siamo, pardòn, sono certo.
Si può migliorare, tutto è perfettibile.
Un bel ripulisti, una gentile operazione di scrematura e La Destra può essere l'unica alternativa valida all'imperante ottusità di centro e sinistra.
Dal momento che soltanto La Destra è DESTRA con buona pace dei simpatici plastificatori e riciclati confluiti del PdL.
Grandissimo merito personale lo voglio tributare a Nello Musumeci, signore d'altri tempi ma mai passatista, forbito e d'impeto, elegante, colto eppure popolare nel senso migliore del termine.
Un uomo che non avrebbe sfigurato alla corte dello Stupor Mundi.
Un'altra piacevolissima sorpresa è stata il sentire citare da parte dell'ottimo Alberto Arrighi, invece che i "soliti", il grande poeta Alfred Lord Tennyson insieme con altre più che nobili incursioni culturali, sociali e politico economiche.
Perchè sì signori e soprattutti voi Camerati, ricordatevi che la Cultura di Destra esiste ed esiste da molto più tempo di quella attribuita a Ezra Pound e JRR Tolkien, prima di Mishima e D'Annunzio.
Sarebbe ora che ve ne accorgeste. Prendete esempio proprio da uno come l'Arrighi.
Poi si sa, Roma è Roma, è il Centro del Mondo, anche se nessuno più ci crede, e io continuo a credere e a sperare che seppur minimamente lo spirito dell'auerea città tocchi i cuori, gli animi e le menti di tutti coloro che, camerati o simpatizzanti, hanno per poche ore calcato quel sacro suolo e li risvegli, portando alla luce il loro vero essere uomini liberi.

Grazie a Federico, Enrico, Piero, Marcella, Marco e Luigi che era con noi. Grazie a Massimiliano e a tutti gli altri Camerati che hanno condiviso con noi ancora una volta un momento della nostra vita.

PRIMO CONGRESSO NAZIONALE

Il grande cuore de La Destra

Un anno è passato dalla Costituente del nostro movimento. Un anno duro, difficile, pieno di sfide e tradimenti, di promesse e boicottaggi. Un anno comunque esaltante dove abbiamo costruito, tra mille difficoltà, quello che oggi è un movimento con solide basi ed un futuro radioso. Ormai, dopo aver attraversato la tempesta nel procelloso mare della politica italiana, La Destra c’è. Eccome se c’è. L’abbiamo vissuta tutti noi delegati, in prima persona. L’anno vista tutti sui media nazionali. Mai come ora abbiamo avuto visibilità mediatica. Nel bene o nel male. Ma non importa, diceva qualcuno, l’importante è che se ne parli. E tutti, giornalisti compresi, hanno dovuto inchinarsi e rendere onore a questo popolo de La Destra che non si è dato per vinto. A questo popolo che ha combattuto contro tutte le avversità, immaginabili e non. La, sulle barricate, questo popolo ha condotto la sua battaglia in nome e per conto di ideali e valori che non sono mai morti e mai morranno. Sul blog alcuni scrivevano prima del congresso “finché ci sarà in vita uno di noi la Destra non morirà”. Avevano ragione da vendere. E lo abbiamo dimostrato, tutti, delegati e non.
Non si può abbattere un popolo, non lo si può annientare, soprattutto quando a sostenerlo c’è la forza delle idee. Idee imperiture e che affondano le radici nel tempo, nei secoli, nella memoria e nella storia. E’ proprio vero che le radici profonde non gelano.
Tre giorni intensi, di passione, di sfida, di confronto, a volte anche aspro. Ed è giusto che sia così. E’ giusto che sia accaduto così. Non sarebbe potuto essere altrimenti. In caso contrario avremmo sbagliato partito. Tutti, a partire dal Segretario e dal Presidente.
Stanchezza, stress, malumori. Tutto fa parte del nostro essere uomini e donne di Destra. Uomini e donne che hanno dato una lezione di politica rimanendo in piedi tutta la notte per approvare o discutere emendamenti ad uno Statuto che è poi la nostra Costituzione, la nostra Bibbia. Mai, e credetemi di congressi ne ho fatti tanti, mai dicevo avevo visto tanta gente così attenta, così partecipe, così coinvolta nella costruzione di questa che è una casa che nessuno bombarderà. Ci hanno provato: non ci sono riusciti. Uomini, donne e tantissimi giovani di Gioventù Italiana arrivati a Roma per esserci, per condividere la storia. La nostra storia.
A tutti loro, a tutti noi, non può che andare un grazie, di cuore. Perché hanno ed abbiamo dimostrato a tutti di che pasta sono fatti i militanti, gli iscritti de La Destra.
Grazie di cuore

Richelieu

lunedì 10 novembre 2008

I NOSTRI EROI


Intanto un'immagine del nostro eroico manipolo che posa irridente e sprezzante in prossimità della fontana detta "di Trevi" durante la notte capitolina.

Il resto su:
http://picasaweb.google.com/DalmatiusPF/LeCronacheDelCapitanoThibaud#

mercoledì 5 novembre 2008

ELEZIONI PRESIDENZIALI AMERICANE : OBAMA HA VINTO

Obama ha vinto, viva Obama....ma...

Obama ha vinto. Anzi, ha stravinto. Proprio come dicevano i sondaggi. Gli americani hanno scelto il cambiamento. Legittimo e giusto. Ma hanno realmente scelto per il cambiamento, hanno realmente abbattuto quelle barriere sociali, culturali, politiche e razziali che la più grande democrazia del globo si portava dietro da decenni, secoli? O si sono aggrappati ad una speranza proprio come è accaduto in Italia con il voto quasi plebiscitario per Berlusconi?

Davvero il Wasp, il potere bianco e anglosassone, ha ceduto di fronte alla presa di coscienza del we can? Non credo. Se non altro perché ci sono già stati neri afroamericani ai vertici della politica Usa come Condoleeza Rice e Colin Powell. Al di la del voto popolare c’è qualcosa di più che comunque va analizzato. Quello di ieri non è stato un voto per Obama in quanto leader di un new deal del terzo millennio, non è stata la fine di una segregazione politica degli afroamericani. No, non è stato tutto questo, è stato un voto contro George W. Bush. Un voto contro una famiglia di imprenditori e magnati del petrolio che per anni, tra padre e figlio, hanno mandato a morire ragazzi senza nessun motivo valido se non quello degli interessi personali in Iraq ed in Afghanistan. E’ stato un voto contro società come la Carlyle, di cui fanno parte George H. W. Bush, suo figlio George W. Bush, l’ex segretario di Stato James Baker III, Frank Carlucci, Jonh Mayor ex primo ministro inglese e Shafig Bin Laden fratello di Osama Bin Laden e la Hallyburton del vice presidente Dick Cheney. E’ stato un voto contro chi ha massacrato l’economia americana e mondiale portandola ad una crisi peggiore di quella del 1929.

Insomma è stato un voto contro e non per. Una sorta di ancora di salvezza. Lo sapevano benissimo i repubblicani che hanno scelto un candidato comunque debole ed un vice presidente ancora più debole e anche fortemente chiacchierato per metodi, azioni e stile di vita. Lo sapevano bene e non è stato quindi un caso che in molti hanno saltato la barricata.

Nessuna fine del Wasp quindi, semplicemente una messa in stand by. Proprio come accaduto in Italia per il centrosinistra (che ora si esalta per la vittoria di Barak Obama pur sapendo che il neo presidente afroamericano poco ha a che fare con partiti come il Pd. Insomma al solito ci si auto esalta per convincere gli altri che il vento è cambiato). I repubblicani, come i nostrani centrosinistri, hanno preferito passare la mano e rimanere in attesa di tempi migliori. Obama avrà il tempo per dimostrare quanto vale o se è solo un fantoccio messo la dai soliti poteri forti che comunque lo hanno lautamente finanziato e sostenuto. Chi meglio di lui, democratico, nero, con un passato discusso per amicizie considerate “pericolose” poteva essere collocato alla Casa Bianca? Dietrologia? No, assolutamente. E’ il gioco della politica, null’altro. Se non riuscirà a fare quanto promesso, Obama verrà messo alla gogna proprio da coloro che lo hanno sostenuto e finanziato pronti a scatenare media e finanziatori al grido di “Bush è morto, viva Bush”.

Del resto si sa, convogliare il voto della protesta è facile. Molto facile. Basta avere mezzi e denaro e quelli, nell’America della recessione, non mancano affatto.

E’ pur vero che Obama potrebbe rivelarsi un soggetto non manovrabile. Non inquadrabile negli schemi, Come Kennedy, come M.L.King o come Malcom X…. Già, ma ricordatevi anche che fine hanno fatto. A meno che il giocattolo America non si sia veramente rotto.


Richelieu

martedì 4 novembre 2008

ONORE E PACE

IV NOVEMBRE : FESTA DELLE FORZE ARMATE E DELL'UNITA' D'ITALIA

Il 4 novembre 1918, novanta anni fa, aveva termine il primo conflitto mondiale. La "Grande Guerra" è un evento che ha segnato profondamente l’inizio del XXº secolo, determinando radicali mutamenti politici e sociali.
La data, che celebra la fine vittoriosa della guerra, commemora la firma dell’armistizio siglato a Villa Giusti (Padova) con l’Impero austro-ungarico. Il 4 novembre, nel tempo, è divenuta la giornata dedicata alle Forze Armate e all’Unità Nazionale.
La ricorrenza del 4 novembre rappresenta, per tutti gli italiani, l’occasione di celebrare l’unità nazionale rendendo omaggio al valore e alla dedizione, nel nome della Patria, delle nostre Forze Armate. Tale data ricorda l’emissione del Bollettino della Vittoria con il quale venne annunciata nel 1918 la resa dell'Impero Austro-ungarico all'Italia che poneva fine alla prima guerra mondiale.

Il testo, fuso nel bronzo delle artiglierie catturate al nemico, è esposto in tutte le Caserme e i Municipi d'Italia: “Comando Supremo, 4 novembre 1918, ore 12: La guerra contro l'Austria-Ungheria che, sotto l'alta guida di S.M. il Re, duce supremo, l'Esercito Italiano, inferiore per numero e per mezzi, iniziò il 24 maggio 1915 e con fede incrollabile e tenace valore condusse ininterrotta ed asprissima per 41 mesi, è vinta.

La gigantesca battaglia ingaggiata il 24 dello scorso ottobre ed alla quale prendevano parte cinquantuno divisioni italiane, tre britanniche, due francesi, una cecoslovacca ed un reggimento americano, contro sessantatre divisioni austroungariche, è finita. La fulminea e arditissima avanzata del XXIX Corpo d'Armata su Trento, sbarrando le vie della ritirata alle armate nemiche del Trentino, travolte ad occidente dalle truppe della VII armata e ad oriente da quelle della I, VI e IV, ha determinato ieri lo sfacelo totale della fronte avversaria.

Dal Brenta al Torre l'irresistibile slancio della XII, della VIII, della X armata e delle divisioni di cavalleria, ricaccia sempre più indietro il nemico fuggente. Nella pianura, S.A.R. il Duca d'Aosta avanza rapidamente alla testa della sua invitta III armata, anelante di ritornare sulle posizioni da essa già vittoriosamente conquistate, che mai aveva perdute. L'Esercito Austro-Ungarico è annientato: esso ha subito perdite gravissime nell'accanita resistenza dei primi giorni e nell'inseguimento ha perduto quantità ingentissime di materiale di ogni sorta e pressoché per intero i suoi magazzini e i depositi. Ha lasciato finora nelle nostre mani circa trecentomila prigionieri con interi stati maggiori e non meno di cinquemila cannoni.

I resti di quello che fu uno dei più potenti eserciti del mondo risalgono in disordine e senza speranza le valli che avevano disceso con orgogliosa sicurezza. Firmato Diaz”.

domenica 2 novembre 2008

LE FESTIVITA' DEI SANTI, UN MOMENTO DI RACCOGLIMENTO ATTRAVERSO LA LIRICA DI MANZONI

Ognissanti


... in omnibus Christus. (Colossesi, III, 11)
Multa quidem membra, unum autem corpus. (1 Corinzi, XII, 20)
Omnes enim vos estis Unum in Christo Jesu. (Galati, III, 28)

Cercando col cupido sguardo,
Tra il vel della nebbia terrena
Quel Sol che in sua limpida piena
V'avvolge or beati lassù;

Il secol vi sdegna, e superbo
Domanda qual merto agli altari
V'addusse; che giovin gli avari
Tesor di solinghe virtù.

A Lui che nell'erba del campo
La spiga vitale nascose,
Il fil di tue vesti compose,
De' farmachi il succo temprò,
Che il pino inflessibile agli austri,
Che docile il salcio alla mano,
Che il larice ai verni, e l'ontano
Durevole all'acque creò;

A Quello domanda, o sdegnoso,
Perché sull'inospite piagge,
Al tremito d'aure selvagge,
Fa sorgere il tacito fior,

Che spiega davanti a Lui solo
La pompa del pinto suo velo,
Che spande ai deserti del cielo
Gli olezzi del calice, e muor.

E voi che gran tempo per ciechi
Sentier di lusinghe funeste,
Correndo all'abisso, cadeste
In grembo a un'immensa pietà;

E, come l'umor, che nel limo
Errava sotterra smarrito,
Da subita vena rapito
Che al giorno la strada gli fa,

Si lancia e, seguendo l'amiche
Angustie, con ratto gorgoglio,
Si vede d'in cima allo scoglio
In lucido sgorgo apparir,

Sorgeste già puri, e la vetta,
Sorgendo, toccaste, dolenti
E forti, a magnanimi intenti
Nutrendo nel pianto l'ardir,

Un timido ossequio non veli
Le piaghe che il fallo v'impresse:
Un segno divino sovr'esse
La man, che le chiuse, lasciò.

Tu sola a Lui festi ritorno
Ornata del primo suo dono;
Te sola più su del perdono
L'Amor che può tutto locò;

Te sola dall'angue nemico
Non tocca né prima né poi;
Dall'angue, che, appena su noi
L'indegna vittoria compiè,

Traendo l'oblique rivolte,
Rigonfio e tremante, tra l'erba,
Sentì sulla testa superba
Il peso del puro tuo piè.

Alessandro Manzoni

TRA POCHI GIORNI...

UNA SETTIMANA AL CONGRESSO

30 Ottobre 2008

di Francesco Storace

Fra una settimana, giorno più giorno meno, si aprirà il primo congresso nazionale de La Destra. Sarà un momento da vivere – vale almeno per me – con straordinaria emozione, perché sembrava impossibile resistere all’attacco di chi ha potere e quattrini. Eppure centoventi congressi in periferia hanno dimostrato che la struttura c’è, salvo due o tre casi in cui dovremo fare uno sforzo in più per aiutare militanti più inesperti di altri. Ma il corpaccione del partito c’è, esiste, ed è pronto alla grande sfida di primavera delle amministrative e delle elezioni europee.
Non siamo sicuri che da qualche parte non si stia architettando qualche manovra contro di noi, a partire dalla stessa riforma elettorale per Strasburgo (che alcuni danno per sepolta e io no) ma siamo convinti che
quando si ha una grande comunità da mettere in campo nessun ostacolo è più impossibile da oltrepassare.
Andiamo a congresso con la gioia di esserci e proprio per le europee metteremo in campo un meccanismo che renderà molto difficilmente praticabile la via di una lesione parlamentare del pluralismo politico.
Una settimana di pazienza e se ne saprà di più.
E masticherà amaro chi pensa di poter tradire un milione di anime che ci hanno dato fiducia, volteggiando verso Berlusconi e compagnia.
Hic manebimus optime, e noi continuiamo a credere. Qualche nostalgico dei salotti buoni ci ha lasciato dopo aver illuso tanta gente, qualche incapace non ha retto alla responsabilità di una lotta, ma tantissimi
restano a combattere nella trincea più bella. Ne resteranno stupiti i signori giornalisti che ignorano La Destra. Se ne accorgeranno al Congresso. Al primo nostro congresso. Che non sarà l’ultimo congresso.


Postilla:

E fieramente, al Congresso, sarà rappresentato da un numeroso manipolo di ardimentosi camerati anche il Tigullio. Non prevalebunt!