lunedì 21 ottobre 2013

Piccoli Creditori senza più tutela (Articolo tratto da " Italia Oggi")

Giustizia sempre più lontana, tanto che un credito di poche migliaia di euro non ha più nessuna possibilità di essere tutelato. E ‘uno degli effetti della manovra di stabilità che inizia in questi giorni il suo percorso parlamentare. Infatti una delle misure della manovra sarà quello di render molto più oneroso il costo dell’accesso al servizio giustizia: a tal punto da non rendere più conveniente avviare un’azione giudiziaria per importi di cinque o diecimila euro. Infatti l’anticipazione forfettaria per le spese di notifica a carico degli uffici che viene più che triplicata, passando da 8 a 25 euro. Oltretutto il contributo in misura fissa incide in misura proporzionalmente più forte per le cause di importo inferiore. A questo si deve aggiungere la cancellazione dei tribunali minori che ha accentrato in quelli di maggiori dimensioni le sedi degli ufficiali giudiziari che devono fare le notifiche e curare le esecuzioni. Una delle conseguenze è che l’indennità di trasferta degli ufficiali giudiziari costerà in di più in molti casi a causa del rimborso chilometrico che è proporzionale alla distanza che deve essere percorsa. Questo nuovo balzello si aggiunge all’incremento del contributo unificato per le spese di giustizia che negli ultimi 10 anni è si è quintuplicato. Basti pensare che per un ricorso al Tar alcuni anni fa si spendevano 340 euro e ora siamo a quota 650, ma nel caso di appalti oltre 1 milione di euro si arriva fino a 6mila euro. Oppure che le cause di valore fino a 1033 euro erano esenti e ora si pagano 62 euro tra contributo unificato e anticipazione delle spese di notifica. Oppure, ancora, che non sono esenti da contributo unificato nemmeno separazioni e cause di lavoro. E non è aumentato solo il costo dell’accesso al pianeta giustizia. Costano di più anche il secondo grado (contributo aumentato della metà) e il ricorso in cassazione (contributo raddoppiato). di Marino Longoni

lunedì 23 settembre 2013

GLI ONESTI e I DISONESTI da un'articolo di Filippo Giannini che sarà pubblicato sul Popolo d'Italia

di Filippo Giannini Sì, ripeto e chiedo: insomma esiste il Male Assoluto? La mia risposta, per quanto a mia conoscenza, è affermativa. Esiste e come se esiste, solo che i paraculetti ci hanno indicato quello che tale non è! Questo articolo mi è stato ispirato dopo aver letto che il signor Andrea Signorelli, ex presidente dell’Inps percepisce una pensione di circa 90 mila Euro al mese. E non è il solo; infatti di super pensionati – delle così dette pensioni d’oro – in Italia ce ne sono circa 100 mila che ci costano intorno ai 13 miliardi di Euro l’anno. Questo è almeno quanto mi risulta. Allora, come dal titolo, facciamo un saltino qua e là… e iniziamo con quello che sembrerebbe una favola. L’Onestà: Sino a fine novembre 1943, Mussolini rifiutò ogni appannaggio non solo a titolo personale, ma anche per le spese della sua segreteria. Il Ministro Pellegrini-Giampietro (un fenomeno di Ministro di cui spero di trattare il profilo quanto prima) in una memoria pubblicata su Il Candido del 1958, ha scritto: . Infatti a guerra terminata la moglie del Male Assoluto, data l’indigenza in cui si trovavano lei ed i figli, chiese allo Stato italiano (quello nato dalla Resistenza) la pensione del marito, in quanto, bene o male, era stato capo del governo per più di vent’anni. Ebbene l’Inps si trovò in difficoltà nell’assegnare la pensione in quanto il marito aveva sempre rifiutato qualsiasi emolumento. Questo ricordo è dedicato ai vari Andrea Signorelli e ai centomila suoi Gemelli. L’Efficienza; nel ricordo del tratto Salerno Reggio Calabria: nel 1937, XV E.F. in Libia, la Via Balbia (la strada nazionale costiera che ancora congiunge Amseat, sul confine con l’Egitto, alla frontiera con la Tunisia), fu costruita in 18 mesi. In Etiopia la Addis Abeba-Massaua, una strada di 1.600 chilometri, con i mezzi tecnici di allora, fu realizzata in 18 mesi. Vogliamo parlare dei miracoli compiuti in quel periodo? Come ad esempio la costruzione in Italia e nelle colonie di decine e decine di nuove città? In uno dei prossimi articoli ne parlerò; in ogni caso chi volesse approfondire subito può leggere il mio libro “Benito Mussolini nell’Italia dei miracoli” così potrà saggiare l’entità del “male che fece il Male Assoluto”. Stando a quanto riportato nella trasmissione televisiva Quinta Colonna del 17 settembre 2013, sembra che la Presidentessa della Camera desideri (e, come si sa, i desideri di una Signora sono sacri) la sua macchina blue ed avrebbe puntato gli occhi su una BMW, il cui costo, sempre stando a quanto riportato nella suddetta trasmissione, sia di circa 70 mila Euro: mi pare di ricordare che al Male Assoluto la Lancia, in occasione dell’uscita del modello Lancia Ardea, gli avesse donato un modello; ma questi rifiutò il regalo. Solo dopo ripetute insistenze della fabbrica, l’auto fu accettata, ma solo dopo averla pagata. E la pagò con i soldi suoi. Avete sentito quanti proprietari (padroni) di fabbriche chiudono in Italia, per trasferirsi all’estero? Colpa vostra signori lavoratori, o colpa dei vostri padri o nonni. Perché? Facciamo un altro saltino. Per chiarezza ricordiamo che la Socializzazione proposta dal Male Assoluto faceva sì che i lavoratori partecipassero alla vita dell’azienda e alla partecipazione degli utili. In altre parole i lavoratori divenivano compartecipi e comproprietari dell’azienda. Ciò premesso, molto brevemente perché tornerò quanto prima sull’argomento, vediamo quanto ha scritto Bruno Tomasich su “L’altra storia”: . Per ripagare il notevole contributo avuto dai grandi industriali, i comunisti che controllavano appieno il CLNAI, come primo atto ufficiale, addirittura il 25 aprile 1945, proprio mentre si continuava a sparare e mentre era iniziato "l'olocausto nero", ripeto, come primo atto ufficiale ci fu l'abolizione della "Legge sulla Socializzazione". E l’operazione fu condotta proprio dal padre di Enrico Berlinguer. Non lo sapevate? D’altra parte fu legittima difesa, in quanto i Berlinguer erano ricchissimi proprietari terrieri. La prova? Eccola con i nomi: i comitati di liberazione dell’antifascismo sono accusati di connivenza con la grande finanza e i grandi industriali da precise documentazioni, come riporta l’archivio di Riccardo Gualino (Cartella n° 20 – Partiti Resistenza 1944-1945), fra queste, di rilievo la lettera datata 26 ottobre 1944 del Reparto Fronte clandestino di Resistenza che ringrazia per il contributo di 3 milioni di lire. Altre 250.000 lire furono ricevute dalle brigate partigiane del Piemonte. C’è una lettera (13 luglio 1945) con la quale si ringrazia per il sostegno finanziario fornito ad Aldo Garosci in data 26 marzo 1945. I Gualino, come scrive Bruno Tomasich, . E ancora, riporto sempre dall’interessantissima fonte: . Insomma, la lotta proletaria aveva a capo un super-banchiere: Alfredo Pizzoni. Insomma, caro lavoratore sei stato nfregato, ma non maledire tutti, d’altra parte per la sorte della guerra la Resistenza fu assolutamente ininfluente; si distinse solo per le stragi di uomini, donne e bambini (sì, tanti bambini colpevoli di essere figli di fascisti, o supposti tali), stragi avvenute, eroicamente, a guerra terminata. Mi riprometto di tornare sull’argomento Socializzazione quanto prima. Chiudo citando le ultime parole del Male Assoluto: . Interpretando il pensiero del soggetto del presente articolo, termino esortando i lavoratori a non permettere che le fabbriche vengano chiuse e trasferite all’estero: occupatele e socializzatele. 1) Ricordiamo che Nicola Bombacci fu uno dei tre fondatori nel 1920 del Partito Comunista d’Italia. Bombacci dopo un periodo di vita nel Paradiso bolscevico rientrò inorridito in Italia e volle morire assassinato accanto a Mussolini, perché, come disse: sarà Mussolini a portare il socialismo in Italia.

lunedì 9 settembre 2013

LA GRANDE DEPRESSIONE DEL '29 e L'ATTUALE CRISI

Presa diretta è un programma, diciamo politico, trasmesso settimanalmente da Rai/3 (una volta indacata come Radio Kabul). Ebbene il giorno 2 settembre 2013, il conduttore Riccardo Lacona, scrupolosamente con un brillantino all’orecchio sinistro, certamente per essere consono alla way of life yankee, ad un certo punto della trasmissione intervistò un signore. Questi era seduto in uno stanzone, dietro a lui, sullo sfondo, si intravedeva un grande quadro raffigurante Karl Marx; rispondendo ad una domanda del conduttore disse che per uscire dalla crisi che ci attanaglia, dovremmo fare quel che fece negli anni ’30 Franklin D. Roosevelt. Data l’enormità della bestemmia non potei trattenermi dal fare un balzo dal divano dove ero seduto. Provo a spiegarne il motivo. Per prima cosa prego i lettori di leggere attentamente e di tenerlo ben presente anche oltre la fine della lettura, quanto ebbe a dire l’allora futuro Presidente Usa Woodrom Wilson. Questi tenne una lezione alla Columbia University e, sfacciatamente, così caricò la mentalità predatoria degli studenti americani: . Sarebbero sufficienti queste parole per comprendere “come siamo ridotti oggi!”. Ma non basta, tanto è sufficiente per esclamare: e pensare che in Europa ci sono ancora tanti idioti che festeggiano la data della “liberazione” del 1945! Ma la lezione di Woodrom Wilson è solo un passaggio; vediamo le sue radici. Quello che poi sarà il primo Presidente degli Stati Uniti, George Washington profetizzò quella che sarà la guerra contro l’Europa (cito a memoria): . Pochi decenni dopo subentrò colui che sarà il quinto Presidente Usa, James Monroe con la sua famosa Dottrina, detta, impropriamente: Dottrina Monroe (2 dicembre 1823): essa sanciva che il continente americano (tutto, incluso quello meridionale!) non era un territorio destinato alla colonizzazione europea e che ogni tentativo delle potenze europee di estendere la loro influenza sul continente americano sarebbe stato considerato dagli Stati Uniti come una minaccia. In altre parole gli Stati Uniti ponevano la propria sovranità non solo sull’America del Nord (che sarebbe pure stato giusto e ovvio), ma su tutto il “continente americano”, quindi anche sull’America meridionale. Infatti non tardò molto che gli statunitensi si avvalsero di questo diritto (?). E questo diritto sarà esercitato non solo sul continente americano tutto, ma su ogni angolo del mondo, grazie all’alleanza massonica della diabolica triade Francia-Gran Bretagna-Stati Uniti. Gli effettivi padroni del mondo, anche grazie alla scarsa capacità politica dimostrata nel XX Secolo. Le prime due cadranno da Potenze Mondiali, lasciando il posto alla terza, quella cioè, come ha scritto Bernhard Shaw: . Quindi siamo messi bene! Da Bernhard Shaw, anche il direttore della rivista Harper’s: . E siamo come stiamo! Torniamo alla ci a zeta zeta a ta proferita dal capiscine di turno nella ricordata trasmissione Presa diretta e cioè che per uscire dalla crisi dovremo fare come Roosevelt negli anni ’30. Anticipo che negli anni ’30 tutto il mondo – ad eccezione di Italia e Germania – affogavano nella crisi congiunturale iniziata nel 1929. Si facciano forza il capiscione e il signor Riccardo Lacona, ma quanto segue è la verità VERA. In merito sentiamo quanto hanno scritto su “L’Economia Italiana fra le due Guerre” Giorgio De Angelis, laureato in Scienze politiche all’Università di Roma: . E, sempre nello stesso volume, il professor Gaetano Trupiano, a pag. 169, afferma: . Ed ora altre citazioni . J.P. Diggins (L’America, Mussolini e il Fascismo) a pag. 45 ha scritto: . E ancora: il giornale Noradni Novnij di Brno, il 15 dicembre 1933, scriveva: <(…). In Italia il piano Mussolini rende una popolazione felice e nuove città sorgono in mezzo a terre redente, coperte ovunque di biondi cereali>. Caro Capiscione e caro signor Riccardo Lacuna, un invito accettatelo, se siete solo ignoranti vi suggerisco di andare a leggere la Storia (quella vera); se invece la vostra è solo malafede, beh! Continuate così. Però aggiungo: l’Italia sotto il male assoluto, pur essendo una piccola provincia in una grande Europa, tuttavia dettava leggi al mondo. Una prova? Una volta eletto Roosevelt, (e questo nel dopoguerra venne accuratamente nascosto) inviò nel 1934, in Italia Rexford Tugwell e Raymond Moley, due fra i suoi più preparati uomini del Brain Trust per studiare il miracolo italiano. Lucio Villari ha scritto: . Roosevelt inviò Rexford Tugwell a Roma per incontrare Mussolini e studiare da vicino le realizzazioni del Fascismo. Ecco come Lucio Villari ricorda il fatto tratto dal diario inedito di Rexford Tugwell in data 22 ottobre 1934 (Anche l’Economia Italiana tra le due Guerre, ne riporta alcune parti; pag. 123): . Molti economisti americani, vedevano nel Corporativismo italiano il coordinamento economico statale necessario davanti alla bancarotta liberista del lassez-faire, quindi suggerirono a Roosevelt di introdurre anche negli Stati Uniti qualcosa di simile al corporativismo italiano, il New Deal. Così nel 1933 (attenzione alla data signor Capiscione) Roosevelt firmò il First New Deal e il Second New Deal venne firmato nel 1934-1936. Lo stesso Bernhard Shaw affermò che . Fu un grande avvenimento, ma costituiva un ulteriore motivo di attrito con quei Paesi che adottavano il sistema liberista in economia e questo aggravato ancor più dal fatto che in quasi tutti i Paesi del mondo sorgevano partiti o movimenti tendenti a seguire l’esempio italiano. Che l’Italia fosse sulla strada giusta è attestato proprio da colui che è considerato uno dei maggiori scrittori del secolo: Giuseppe Prezzolini. Giuseppe Prezzolini nacque per caso (così era solito dire) a Perugia il 27 gennaio 1882 (morì, centenario, a Lugano nel 1982). Iniziò la sua attività di giornalista ed editore appena ventunenne. Dopo aver partecipato alla Prima Guerra mondiale si trasferì negli Stati Uniti nel 1929; ma, come poi scriverà, non mancherà di tornare frequentemente in Italia. Dopo uno di questi viaggi compiuto nei primi anni Trenta, scrisse: . Il grande banchiere americano John P. Morgan sembra condividere l’opinione di Prezzolini: . E questo, e tanto altro ancora in Italia, mentre l’America in quegli anni ancora navigava nella grande congiuntura che portava centinaia di persone al suicidio per la disperazione e la miseria. La grande Nazione americana doveva provvedere ad assistere 13 milioni di disoccupati. Questo, mentre l’Italia fascista era impegnata in una pianificazione economica di vasta portata. Il Presidente americano intravide nel piano italiano i mezzi necessari per porre rimedio ai mali esplosi nel 1929; nel contempo quegli stessi mezzi potevano essere utilizzati per evitare che nel futuro il Paese potesse cadere nella medesima crisi. Roosevelt imboccò quella strada utilizzando, però, mezzi e leggi non proprio conformi ad una democrazia. Con questa definizione ci riferiamo all’Executive Order 6102 a firma di Franklin D. Roosevelt: con tale Order veniva imposto agli americani di consegnare tutto l’oro alla Federal Riserve. A questa imposizione faceva eccezione l’oro utilizzato per scopi professionali, ad esempio, per i dentisti. Chi non ottemperava rischiava una pena di 10 mila dollari (del valore del tempo) e fino a 10 anni di carcere. In Italia, invece, proprio in quegli anni, sotto la dittatura mussoliniana vennero offerti alla Patria, con spontaneità ed entusiasmo, oltre 33 mila chili d’oro e più di 94 mila chili d’argento. Il testo, in lingua originale dell’Executive Order, viene riportato in Appendice n° 3 e 4 nel mio ultimo libro Le Guerre di Mussolini? (attenzione al punto interrogativo). Oggi la triade gangsteristica, Usa, Gran Bretagna e Francia, o quel che rimane dei soliti noti, stanno organizzando un nuovo attacco, questa volta tocca alla Siria, Le giustificazioni sono le solite banali, e pre-costruite. E la solita storia che si ripete da almeno quattro secoli. Tratto dalla rete-articolo di Giannini

mercoledì 3 luglio 2013

MATRIMONI GAY

di Antonio Socci Cara Rosy, vorrei segnalarti una notizia: in India, il 31 maggio scorso, una ragazza di 30 anni, Bimbala Bas, ha sposato un cobra. Magari il fatto riempirà di entusiasmo il tuo schieramento politico (che si professa “multiculturalista”, dunque aperto a tutti i costumi non occidentali). Di certo tu dovrai considerarlo nella tua attività di ministro mandato a dare “riconoscimento pubblico” ai nuovi tipi di “famiglia”. E’ successo in un villaggio di Atala, nello stato indiano di Orissa. I sacerdoti della sua setta vegetariana e animalista hanno celebrato il rito, con la solita festa tradizionale del paese, fra il rettile, che vive presso un formicaio e la sposa, vestita di seta come vuole la tradizione, che ha assicurato di comunicare in modo speciale col suo novello sposo e che ora è andata a vivere in una capanna vicino al formicaio del “coniuge”. La madre della ragazza, Dyuti Bhoi, ha dichiarato: “sono felice”. E’ proprio il caso di dire “parenti serpenti”… I compaesani sono stati altrettanto contenti perché ritengono che il fatto sia di buon auspicio (il cobra nel mondo induista è un simbolo del dio Shiva). Non è un evento così speciale. Qualche mese fa un’altra ragazza indiana si è sposata con un cane. In tempi di multiculturalismo, con tante migliaia di immigrati che vengono a vivere in Italia e soprattutto adesso con le frontiere spalancate dal centrosinistra, sarà un bel problema per te, caro ministro, rispondere di no al riconoscimento da parte dello Stato anche di questo tipo di “famiglia” qualora queste coppie dovessero emigrare qua. O essere emulate da altri emigrati già nella penisola. Infatti, una volta affermato che lo Stato italiano deve riconoscere qualunque convivenza che unisca due esseri, in base a quale ragionamento si potrà negare a chi ha questi gusti tale riconoscimento? Sarebbe oltretutto una discriminazione di tipo religioso. E può l’Italia della Sinistra multiculturale negare alle minoranze di vivere secondo i propri costumi? Si dirà che in questo caso trattasi di uomo e animale e che tutt’altra cosa è la convivenza fra due persone. Certo, per me infatti sarebbe offensivo e assurdo metterli sullo stesso piano. Ma mi chiedo se è assurdo anche per la Sinistra che, per esempio, intende proibire gli esperimenti di laboratorio sui topi e permetterli sugli embrioni umani. E’ assurdo anche per la sinistra che in Spagna intende riconoscere i “diritti dell’uomo” anche alle scimmie? Se si afferma – come fanno i promotori dei Pacs, anche in Italia – che l’istituto “famiglia” deve essere definito soggettivamente e che ognuno, vivendo con chi vuole, ha il diritto di ottenere il riconoscimento statale e i privilegi relativi, come si può negare a chi sposa un cobra o un cane o un gatto il “diritto” di farlo con il riconoscimento dello Stato? Lo si vuole discriminare? E perché mai? Oltretutto – ripeto – nella Spagna di Zapatero è ormai operativo il progetto dei socialisti di riconoscimento dei “diritti dell’uomo” anche per le scimmie. Una volta che le scimmie avranno ottenuto tale parificazione all’uomo, come e perché si potrà negare loro il diritto di “sposare” degli esseri umani? Zapatero non è lontano, è il sol dell’avvenire della sinistra italica. E’ l’ ideale a cui guardano la Rosa nel pugno e – come si è letto sul Corriere della sera – diversi ministri e ministre di questo governo. In realtà i Pacs (che potrebbero comprendere pure il “modello King Kong”) in Italia trovano un muro invalicabile: la Costituzione italiana. Il testo della Carta è chiaro nell’ escludere i Pacs, cioè il riconoscimento giuridico di tutte le forme di convivenza che non siano il matrimonio fra due esseri umani, uno di sesso maschile e l’altro di sesso femminile. All’articolo 29 infatti afferma che “La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio”. Parlando di matrimonio è certo e indiscutibile che i costituenti, nel 1946, intendessero parlare dell’unico matrimonio esistente (allora come ora), cioè l’unione di un uomo e una donna contratta davanti allo Stato. Ma siccome c’è qualche Azzeccagarbugli della Sinistra secondo cui questa formulazione potrebbe essere intesa in senso lato (per esempio anche includente coppie gay), va sottolineato che al successivo articolo 30 si spiega nel dettaglio che per coniugi la Costituzione intende i “genitori” che hanno “dovere e diritto” di “mantenere, istruire ed educare i figli”. Ciò significa che una persona può organizzare come crede la sua vita privata, può vivere con chi vuole e come vuole, ma il riconoscimento dello Stato va solo a quell’unione che la nostra civiltà ha chiamato famiglia e che ha la prerogativa della procreazione e dell’educazione dei figli ovvero che si assume certi obblighi e costi per il bene di tutta la società. E’ questa utilità sociale che viene riconosciuta dallo Stato il quale fa corrispondere certi diritti all’assunzione di certi doveri. La Sinistra pretende di smantellare questo articolo della Costituzione senza passare attraverso le procedure previste dalla Costituzione stessa. Il colpo di mano è rappresentato appunto dai Pacs (anche se, cara Rosy, li camuffate con altre dizioni). Nessuno naturalmente si oppone alla rimozione di eventuali problemi che sorgono per certe forme di convivenza ed è stato dimostrato che tutti i problemi si risolvono anche con adeguate riforme (nell’ambito del diritto privato), ma quella che la Sinistra sta combattendo è solo una battaglia ideologica, che non c’entra niente con le persone concrete (le quali infatti hanno disertato tutti i registri delle unioni civili istituite presso i comuni). E’ una battaglia ideologica per smantellare questo caposaldo della civiltà occidentale: la famiglia (si badi bene, non la famiglia cristiana, ma la famiglia in sé, istituzione laica, già riconosciuta, per dire, nella Roma antica, patria del diritto, la famiglia che garantisce la sopravvivenza di una società). Tale battaglia ideologica viene combattuta cercando di parificare alla famiglia, nei fatti, nell’ambito del diritto pubblico, tutte le forme di convivenza e arrivare – per esempio – all’adozione di bambini anche da parte di coppie omosessuali. Su Avvenire tu, ministro Rosy, hai scritto che bisogna prendere atto che ci sono “tante e diverse famiglie”: questo è il punto. Hai detto ovviamente una sciocchezza, perché invece nella Costituzione si riconosce il profilo giuridico di una sola “famiglia”, non di “tante e diverse famiglie”. Ma così hai dato la sensazione di voler obbedire alla Sinistra che intende andare proprio verso lo smatellamento (illegale) dell’articolo 29 della Costituzione e al furtivo riconoscimento, da parte dello Stato, di “tante e diverse famiglie”. Spero che non ti sfugga l’incostituzionalità dell’idea. E che ti renda conto dell’enormità devastante di questa svolta, di cui tu saresti un semplice strumento (si è davvero disposti a tutto per una poltrona ?). Tu dirai che sono ricorso a casi estremi – come la storia del matrimonio col cobra o col cane - per impressionare, mentre la realtà è diversa. Potrei risponderti che da sempre la cultura radicale usa i “casi estremi” (pensa alla vicenda dell’aborto). E potrei aggiungere che ormai la corsa nichilista è vertiginosa e i casi estremi diventano ben presto la norma (solo qualche anno fa anche la sinistra italiana giudicava folle la trasformazione del bambino concepito in cavia da esperimento e invece oggi eccoli lì). Tuttavia posso mostrarti un altro esempio, del tutto concreto, normale, che già riguarda la nostra società e che mette egualmente con le spalle al muro il vostro progetto nichilista. In Italia, come in Europa, vivono ormai decine di milioni di musulmani. Nel’ Islam, com’è noto, è permessa la poligamia, direttamente dal Corano. Fino a quattro mogli (mentre è proibito alle donne avere più mariti). Per quale ragione – se farete riconoscere dallo Stato tante forme di famiglia, compresa quella gay – non dovrebbe essere legalizzata anche la poligamia? Tu dirai che è una istituzione umiliante e degradante per le donne. Ma è solo la tua opinione (e anche la mia). Se ci sono (come ci sono) donne islamiche favorevoli, con quali ragioni impedirlo loro dopo che avete teorizzato che è famiglia ciò che soggettivamente l’individuo ritiene tale? Per i vostri principi multiculturali sarebbe una grave discriminazione. E quand’anche vi rifiuterete sarà la forza stessa dell’immigrazione islamica ad imporvelo. Il colonnello Gheddafi ha dichiarato ad Al Jazira il 2 maggio: “Vedo segni che preannunciano la vittoria di Allah sull’Europa senza ricorso a spade o fucili… Abbiamo in Europa 50 milioni di musulmani e la trasformeranno in un continente islamico fra pochi decenni”. Come vedi l’Eurabia non è un’invenzione della Fallaci. Alberto Ronchey sul Corriere della sera si è mostrato scioccato da queste parole. Giustamente. Ma se non controlliamo l’immigrazione e non blindiamo la Costituzione italiana, per esempio sulla famiglia e i diritti delle donne (e anche la Costituzione europea, d’impronta multiculturale), la poligamia – potete starne certi – arriverà. E voi, cara Rosy, porterete la responsabilità storica della distruzione della nostra civiltà. Ti rendi conto della gravità di ciò che – con spensierata incoscienza – state perpetrando ? E’ meglio dare ascolto all’Italia di buon senso. E alla Chiesa che già molte volte ha salvato la nostra civiltà dalle invasioni degli unni, dei vandali e da quelle dei musulmani. Fonte: AntonioSocci.it

lunedì 24 giugno 2013

SE SEI ITALIANA E HAI FAME ... NON C'E' PIETA'!

Un'ex segretaria d'azienda, vedova 80enne. Che vive in stato di indigenza. È stata sorpresa a rubare generi alimentari, pane, carne, biscotti e una bottiglia di limoncello: in totale, 20 euro. IN UN SUPERMARKET DEL CENTRO. Coop Piccapietra -Largo delle Fucine 6 GENOVA. È accaduto in un supermercato del centro di Genova. La donna è stata denunciata, processata e condannata: due mesi e 20 giorni di reclusione. Era accusata di furto aggravato. Per lei in aula il suo avvocato difensore ha invocato lo stato di necessità a causa di un'indigenza economica evidente. Non è servito a evitarle la condanna. Per il giudice quel furto, seppure commesso per mangiare, andava punito. EFFETTO DELLA CRISI. Secondo polizia e carabinieri le denunce per furto di generi alimentari sono aumentate del 20% in un anno: effetto della crisi e del costo della vita.

RADUNO AL MANFREI

Ricordo a tutti coloro volessero partecipare che, Domenica 30 Giugno alle ore 10,00, sarà celebrata una Santa Messa al campo sul monte Manfrei (alle spalle di Savona, sopra il passo del Turchino)in ricordo dei tanti militari e civili ivi trucidati a guerra finita. La S. Messa sarà celebrata utilizzando l'altare coperto costruito dall'associazione Nazionale delle Fiamme Bianche.

FILM CONTRO CORRENTE - ECCIDIO di CODEVIGO

Romina Power torna a girare un film in Italia dopo quasi 30 anni e lo fa con una storia “scomoda”: la cantante e attrice veste infatti i panni dell’anziana protagonista de “Il segreto” con cui il regista padovano Antonello Belluco (già autore del film su Sant’Antonio “Antonio guerriero di Dio”) ha deciso di raccontare l’eccidio di Codevigo, in cui morirono centinaia persone tra militari fascisti e civili (136 i cadaveri indentificati ma molti altri sparirono tra fiumi e fosse comuni) ritenuti collusi con i fasciti, uccisi dai partigiani della Brigata Garibaldi, guidata da Arrigo Boldrini. Romina Power ha accettato il ruolo della protagonista che torna a 70 anni nel paese della strage dove non aveva più voluto mettere piede. E lo ha fatto a 30 anni dal suo ultimo film (a parte il cameo per “Go go tales” di Abel Ferrara nel 2006 e due fiction del 1996 e del 2003, l’ultimo suo film, al fianco di Al Bano è la commedia musicale “Champagne in Paradiso”, diretto dal Aldo Grimaldi nel 1983) perché «convinta dalla sceneggiatura di Belluco e di Gerardo Fontana che raccontano la sofferenza di questa tragedia con grande poesia: per me è una tragica storia storia d’amore», dice la Power, che ormai da anni vive in California ma torna «sempre volentieri in Italia». Romina ci tiene a chiarire che non ci sono motivi politici dietro la scelta di interpretare il ruolo offertole da Belluco: «Io sono apolitica. Io ho vissuto questa storia e il mio personaggio dal punto di vista umano: ma credo che la verità prima o poi viene a galla, in Italia come negli Usa, come dimostrano i casi Wikileaks e Datagate». Le riprese dureranno fino a fine luglio, dopo oltre un anno di produzione a singhiozzo che «è potuta andare avanti grazie alle donazioni di privati cittadini». Il film ha avuto, infatti, una lunga gestazione: il regista dallo scorso anno denuncia di essere stato ostacolato sia dalla Film Commission Veneto che da sponsor e produttori e alla fine ha deciso di autoprodursi: «Per amore di verità ho voluto fare questo film anche rischiando di rimanere in ginocchio dal punto di vista finanziario», dice. «Il film è essenzialmente una storia d’amore, tra una quindicenne, Italia (interpretata dall’esordiente Gloria Rizzato), e un diciottenne, Farinacci Fontana, che realmente è stato una delle vittime della strage - spiega il regista Antonello Belluco - . L’eccidio fa da sfondo. E non è un film violento. Non sono Tarantino: non vedrete scorrere fiumi di sangue», dice Belluco.

lunedì 17 giugno 2013

TUTELA DELLA FAMIGLIA TRADIZIONALE

sul sito del Forum delle associazioni familiari trovate una lettera al Corriere della Sera scritta dal Presidente del Forum, Francesco Belletti, che il quotidiano di via Solferino non ha voluto pubblicare, rimandandola al mittente. La lettera avrebbe voluto replicare agli interventi di Stefania Prestigiacomo (Pdl), Barbara Pollastrini (Pd) e Ivan Scalfarotto (vicepresidente Pd), tutti e tre favorevoli al riconoscimento delle unioni omosessuali attraverso un’apposita legge. La posizione del Forum delle associazioni familiari, ossia la posizione delle famiglie fondate sul matrimonio fra un uomo e una donna, non riesce a trovare ospitalità sul maggiore quotidiano italiano e ci aiuta a capire che cosa sta accadendo nel mondo occidentale a proposito di famiglia, ma anche di vita e di libertà di educazione. Se infatti leggete quanto scrive in prima pagina il Foglio di mercoledì 12 giugno con il titolo Il virus letale di Bill Gates, vi rendete conto di che cosa significhi il fatto che il boss della Microsoft e sua moglie Melinda abbiano organizzato in Malesia in questi giorni, invitando 4mila delegati, un evento nell’ambito di “una campagna a suon di miliardi di dollari per ridurre la popolazione mondiale”. Al loro fianco Cecile Richards, Presidente della Planned Parenthood Federation of America (la più grande ong dell’aborto) la Presidente dell’agenzia Onu che si occupa di pianificazione familiare, cioè di favorire l’aborto, intellettuali come il bioeticista australiano Peter Singer, teorico dell’infanticidio, e pionieri dell’aborto tardivo, a cui si sta già arrivando, come l’americano Leroy Carhart. La moglie Melinda Gates, che viene presentata come “cattolica praticante”, anche se forse farebbe bene a leggersi il Catechismo, ha raccolto 4 miliardi di dollari per aiutare le organizzazioni che finanziano l’aborto nei Paesi in via di sviluppo. Queste poche informazioni servono a capire la sproporzione che esiste nella battaglia sui princìpi non negoziabili fra chi mette in campo risorse incredibili per eliminare gli innocenti e per sostituire la verità sulla famiglia, arrivando a cambiare con campagne propagandistiche massicce la cultura di un popolo, e chi invece spesso fatica a trovare qualcuno che offra la sede per fare le riunioni o i soldi per stampare un bel volantino o manifesto. La battaglia politica è persa Questo è quello che sta accadendo attorno ai progetti di legge depositati in Parlamento per riconoscere le unioni omosessuali, che non è altro che uno dei tanti fronti della battaglia fra la cultura della vita e quella della morte. L’aspetto della battaglia più importante è quanto avviene nel cuore di ogni uomo, cioè dentro la società, dove si combatte per il consenso di ciascuno e dove ognuno dovrà decidere da che parte stare. L’aspetto politico della battaglia è sotto gli occhi di tutti: proposte di legge a favore del riconoscimento delle unioni omosessuali vengono sia da deputati del Pdl che del Pd, mentre il Movimento5Stelle è favorevole e Scelta Civica sembra essere divisa sui principi non negoziabili, almeno osservando il fatto che ha presentato due mozioni alternative a proposito di aborto e applicazione della Legge 194. Questo Parlamento ha i numeri per approvare una legge e i cattolici non hanno la forza per opporsi, al contrario di quanto avvenuto negli ultimi anni, soprattutto dopo il Family Day del 2007. Cercare il consenso “uscendo” in mezzo alla gente Quindi il cuore della battaglia è dentro il Paese, sui giornali, nelle radio e nelle Tv, nei centri culturali, nelle scuole e università e nelle parrocchie. Bisogna assumere lo stile missionario di papa Francesco e andare a parlare di Cristo nelle “periferie esistenziali”, ma si deve parlare anche dei princìpi non negoziabili, della difesa della vita, della centralità della famiglia e della libertà di potere educare secondo le scelte dei genitori e non sotto l’imposizione degli Stati. Bisogna avvicinare le persone dove si trovano, nei bar, negli stadi, in ufficio, in fabbrica, nei centri commerciali, ovunque vi sia qualcuno che ci ascolti. Per questo Alleanza Cattolica proporrà a breve una conferenza che spieghi i motivi dell’opposizione del Magistero della Chiesa al riconoscimento delle unioni gay, la bellezza e la centralità del matrimonio che fonda la famiglia e dell’amore umano illustrato nelle celebri e splendide catechesi del beato Giovanni Paolo II, nei primi anni del suo Pontificato. La crisi non nasce dalla politica e non troverà una risposta anzitutto dalla politica. Non dobbiamo illudere nessuno né farci illusioni: rappresenta una minoranza chi oggi sostiene i princìpi non negoziabili. Una minoranza si affida soprattutto alla preghiera e alla ricerca del consenso, ecco perché ci permettiamo di chiedere a ciascun lettore di Comunità Ambrosiana di invitarci a tenere questo tipo di conferenza, ovunque riteniate sia possibile, anche in case private e di fronte a poche persone, con le quali peraltro è più facile conoscersi e comprendersi. Questa conferenza cercherà di tenere insieme la battaglia sui princìpi non negoziabili, mostrando i legami che uniscono le sorti di vita, famiglia e libertà di educazione. Essa viene offerta a tutti, a cominciare dai grandi organismi, come il Forum, e alle 48 associazioni che ne fanno parte, ai movimenti ecclesiali, alle associazioni che si occupano specificamente di questi temi. Vi ringraziamo per quanto potrete fare. La battaglia è difficile, più difficile che in passato. L’aggressività dei nemici di vita e famiglia è aumentata e aumentato è anche il loro profondo risentimento verso chi li difende. Nel mondo cattolico serpeggiano, da tempo peraltro, idee confuse che pensano di poter svuotare le richieste di abortisti e gay anticipandole con proposte di legge più “soft”. Se leggiamo il passato anche recente del movimento per la famiglia e per la vita in Italia, vediamo che ci sono alcuni eventi dei quali possiamo andare fieri, come il Family Day (2007) e il referendum sulla legge 40 (2005), e altri di cui i cattolici debbono vergognarsi e chiedere scusa, come le firme di esponenti della Dc alla legge 194. Nella storia si possono vincere o perdere alcune battaglie, ma non si deve mai perdere la fedeltà alla verità e con essa l’onore. Marco Invernizzi (Newsletter di Alleanza Cattolica)

lunedì 10 giugno 2013

DEFINIZIONE DEI "GRILLINI"

Li chiamano alieni, marziani, turisti, dilettanti allo sbaraglio. Ma la definizione tecnica dei parlamentari Cinquestelle è droni. Per la precisione i droni sono automi con limitate capacità decisionali che possono essere comandati anche a distanza, usati soprattutto nei conflitti e nelle operazioni di spionaggio. Loro si fanno telecomandare perché, come dice il proverbio, a caval dronato non si guarda in bocca. Sono diventati parlamentari per dono esclusivo dei loro capi, sono degli ex voto per grazia ricevuta, e perciò ubbidiscono ai loro papa-droni. Il problema è che i droni di Grillo e Casaleggio filmano inezie, aggrediscono obbiettivi irrisori, si attaccano a cosette piccine. Di fronte a un debito pubblico di 80 miliardi di euro, loro credono di essere efficaci denunciando sprechi di 80 euro. Vivono nella dimensione della paghetta. Sul piano dell'etica pubblica poi non ne parliamo. Faccio un paio d'esempi di sinistra, per non dire che tiro acqua al mio mulino. Grazie alla vigilanza del dronismo diffuso, una signora che ha alle spalle un'onorevole biografia, Anna Finocchiaro, è stata ridotta a «quella del carrello all'Ikea spinto dalla scorta». Tutte le possibili cariche le sono saltate per questa terribile storia. Così ora Franceschini, ridotto a Franceskein, perché mandava turpi sms agli amici a sostegno della sua morosa candidata. Vergogna, ineleggibili lui e lei. Che Paese sfortunato: prima i pessimi politici, poi i pestiferi tecnici e infine i fanatici droni. Ora non resta che Kabobo premier. Di Marcello Veneziani

mercoledì 29 maggio 2013

UNA CROCE AL MANFREI

AIUTACI A RICORDARE L'ECCIDIO PERPETRATO NEI CONFRONTI DI 201 MARO' A GUERRA FINITA AIUTANDO LA ONLUS "CROCE AL MANFREI" INDICANDO NELLA TUA DENUNCIA DEI REDDITI NELLA CASELLA DESTINATA AL CINQUE PER MILLE IL CODICE FISCALE : 92070010092. GRAZIE!

giovedì 23 maggio 2013

RIBELLE E' CHI RIFIUTA DI STRISCIARE di Dominique Venner - 05/07/2012

Fonte: Diorama Letterario [scheda fonte] Che cos’è un ribelle? Ribelli si nasce o si diventa a seconda delle circostanze? Ci sono diversi tipi di ribelli? Dominique Venner. Si può essere intellettualmente indipendenti, ai margini del gregge, senza per questo essere un ribelle. Paul Morand ne è un buon esempio. Da giovane, era stato uno spirito libero, niente di più, e un favorito dalla fortuna, nei due sensi del termine. I suoi romanzi semplici avevano favorito il suo successo. Niente di ribelle e nemmeno di insolente a quell’epoca. Ciò che ha fatto di lui l’indipendente rivelato dal suo Diario è stato l’aver fatto involontariamente la scelta dei futuri perdenti tra il 1940 e il 1944 e l’aver persistito poi nelle sue repulsioni, l’essersi sentito uno straniero. Un altro esempio molto differente è quello di Ernst Jünger. Benché sia autore di unTrattato del ribelle molto influenzato dalle inquietudini della guerra fredda, Jünger non fu mai un ribelle. Nazionalista all’epoca del nazionalismo, in urto con il III Reich come buona parte della buona società, legato durante la guerra ai futuri cospiratori del 20 luglio 1944, non ha mai approvato il principio dell’attentato contro Hitler. Ciò per ragioni di ordine etico. Il suo itinerario più o meno ai margini delle mode è molto esattamente quello dell’anarca, figura di cui fu l’inventore e la perfetta incarnazione dopo il 1932. L’anarca non è un ribelle. È uno spettatore appollaiato a una tale altezza che il fango non può raggiungerlo. Al contrario di Morand o di Jünger, in seno alla generazione precedente, il poeta irlandese Padrig Pearse fu un autentico ribelle. Si può dire che lo fu per nascita. Bambino, aveva imparato le gesta dei combattenti di tutte le rivolte dell’Irlanda. Più tardi, cominciò ad associare il risveglio della lingua gaelica alla preparazione dell’insurrezione armata. Membro fondatore della prima IRA, fu il vero capo dell’insurrezione della Pasqua del 1916 a Dublino. Per questo motivo venne fucilato. Morì senza sapere che il suo sacrificio sarebbe diventato il lievito che avrebbe fatto trionfare la sua causa. Quarto esempio ancora differente, Aleksandr Solženicyn. Fino al suo arresto, nel 1945, era stato un eccellente sovietico, che si poneva poche domande su un sistema nel quale era nato, e che compiva durante la guerra il suo dovere di ufficiale riservista dell’Armata rossa senza problemi di coscienza. Il suo arresto, la scoperta del Gulag, dell’orrore accumulato dal 1917, provocarono una totale rimessa in discussione, tanto di se stesso quanto del mondo nel quale aveva vissuto fino a quel momento alla cieca. Fu allora che divenne un ribelle, anche rispetto alle società mercantili, distruttrici di ogni tradizione e di ogni vita superiore. Le ragioni di un Pearse non sono quelle di un Solženicyn, il quale ha avuto bisogno dello shock di un avvenimento seguito da un eroico sforzo interiore per diventare un ribelle. Ciò che hanno in comune, è di aver scoperto per vie differenti una incompatibilità assoluta tra il loro essere e il mondo nel quale dovevano vivere. Questa è la prima caratteristica che definisce il ribelle. La seconda è il rifiuto della fatalità. Che differenza c’è tra la ribellione, la rivolta, la dissidenza e la resistenza? D.V. La rivolta è un movimento spontaneo, provocato da una violenza ingiusta, un’ignominia, uno scandalo. Figlia dell’indignazione, è raramente durevole. La dissidenza, come l’eresia, è il fatto di separarsi da una comunità, sia essa politica, sociale, religiosa o filosofica. I suoi motivi possono essere legati al caso. Essa non implica l’inizio di una lotta. Quanto alla resistenza, al di là del senso mitico acquisito durante la guerra, significa che ci si oppone, e niente di più, a una forza o a un sistema, anche passivamente. Essere ribelli è tutt’altra cosa. Rispetto a che cosa un «ribelle» è essenzialmente… ribelle? D.V. È ribelle a ciò che gli sembra illegittimo, all’impostura o al sacrilegio. Il ribelle è legge per se stesso. Ciò fonda la sua specificità. La sua seconda caratteristica è la volontà di iniziare la lotta, anche senza speranza. Se combatte una potenza, è perché ne rifiuta la legittimità, ed aspira a un’altra legittimità, nella fattispecie a quella dell’anima o dello spirito. Quali modelli di «ribelli» offrirebbe, scegliendoli nella storia e nella letteratura? D.V. Di primo acchito, penso all’Antigone di Sofocle. Con lei, siamo nello spazio della legittimità sacra. Antigone è ribelle per fedeltà. Sfida il decreto di Creonte per rispetto della tradizione e del comandamento divino – la sepoltura dei morti – trasgredito dal re. Poco importa che Creonte abbia le sue ragioni. Il loro prezzo è un sacrilegio. Antigone crede dunque di essere legittimata nella sua ribellione. Per invocare altri esempi, ho solo l’imbarazzo della scelta. Durante la guerra di secessione americana, gli yankees designarono i loro avversari sudisti con il nome di ribelli, rebs. Era della buona propaganda, ma falsa. La Costituzione degli Stati Uniti riconosceva, infatti, agli Stati membri il diritto di secessione. E le forme costituzionali erano state rispettate dagli Stati del Sud. Il generale Robert Lee, un virginiano, futuro comandante in capo degli eserciti confederati, non si considerava un ribelle. Dopo la sua resa, nell’aprile del 1865, si sforzò di riconciliare il Sud con il Nord. In quel momento insorsero i veri ribelli, donne e uomini che, dopo la sconfitta, continuarono la lotta contro l’occupazione del Sud da parte degli eserciti nordisti e dei loro protetti. Alcuni, come Jesse James, cascarono nel banditismo. Altri trasmisero ai loro figli una tradizione che ebbe una grande posterità letteraria. LeggendoGli invitti, il più bel romanzo di William Faulkner, si scopre, ad esempio, l’affascinante ritratto di una giovane ribelle, Drusilla, sempre certa del suo buon diritto e dell’illegittimità dei vincitori. Come si può essere ribelli oggi? D.V. Mi chiedo soprattutto come si possa non esserlo! Esistere, significa combattere ciò che mi nega. Essere ribelli non è collezionare libri empi, sognare fantasmagorici complotti o la resistenza partigiana nelle Cevenne. Significa essere norma per se stessi. E attenervisi, a qualunque costo. Badare a non guarire mai dalla propria giovinezza. Preferire inimicarsi il mondo intero, piuttosto che strisciare. Praticare anche, come un corsaro e senza vergogna, il diritto di preda. Saccheggiare nell’epoca tutto ciò che è possibile convertire alla propria norma, senza fermarsi alle apparenze. Nella sconfitta, non porsi mai il problema dell’inutilità di un combattimento perduto. Si pensi a Padrig Pearse. Ho ricordato Solženicyn che incarnò la spada magica di cui parla Jünger, «la spada magica che fa impallidire la potenza dei tiranni». In questo, egli è unico e inimitabile. Eppure, era debitore a persone meno grandi di lui. E ciò incita a riflettere. In Arcipelago Gulag, ha narrato le circostanze della sua «rivelazione». Nel 1945, c’era una decina di detenuti nella stessa cella della prigione di Butyrki, a Mosca, volti smunti e corpi abbandonati. Tra i detenuti, uno solo era differente. Era una ex guardia bianca, il colonnello Constantin Iassevic. Si voleva fargli pagare il suo impegno nella guerra civile, nel 1919. E Solženicyn dice che il colonnello, senza parlare del suo passato, mostrava con tutto il suo atteggiamento che per lui la lotta non era finita. Mentre nella mente degli altri detenuti regnava il caos, egli aveva visibilmente un punto di vista chiaro e netto sul mondo che lo circondava. La nettezza della sua posizione dava al suo corpo, malgrado l’età, solidità, scioltezza, energia. Era l’unico a spruzzarsi con acqua fredda ogni mattina, mentre gli altri detenuti marcivano nella loro sporcizia e si lamentavano. Un anno dopo, trasferito di nuovo nella stessa prigione di Mosca, Solženicyn venne a sapere che l’ex colonnello bianco era stato appena giustiziato. «Dunque, era questo che vedeva attraverso i muri, con i suoi occhi rimasti giovani […] Ma l’incoercibile sensazione di essere rimasto fedele alla via che si era tracciata gli conferiva una forza poco comune». Meditando su questo episodio, mi dico che, non riuscendo ad immaginare di poter mai diventare un altro Solženicyn, ognuno di noi può quantomeno essere l’immagine del vecchio colonnello bianco. Dominique Venner, autore di Le cœur rebelle, intervista ripresa dal numero 308 di Diorama, con traduzione di Giuseppe Giaccio.

SUICIDIO VENNER - Comunicato di Casa Pound

Suicidio Venner, CasaPound: basta banalizzazioni, lui come Mishima e Palach Roma, 22 mag - “Il modo in cui la stampa italiana sta raccontando l'estremo sacrificio di Dominique Venner testimonia una volta di più il provincialismo culturale del nostro paese. Si è voluto trasformare uno spirito eroico della genia dei Mishima e dei Palach in un banale caso di omofobia patologica, segno che le motivazioni di questo gesto sono state totalmente misconosciute”. Così CasaPound Italia commenta il suicidio dello scrittore francese avvenuto ieri nella cattedrale di Notre-Dame. “Venner – prosegue la nota – era sì un oppositore di una legge irresponsabile, che fa molto di più che regolarizzare fenomeni in atto, ma è del tutto superficiale e riduttivo fare di lui un mero 'attivista anti-gay', come è stato scritto. La sua lettera d'addio è priva del benché minimo accento d'odio o di risentimento, ma rappresenta anzi un testamento spirituale colmo d'amore per la Francia e per l'Europa. Ciò che Venner voleva combattere era molto di più che una legge, era il suicidio quotidiano di una civiltà ormai incapace di prendere in mano il proprio destino. Il suo gesto va misurato sulla scala degli esempi fuori dal tempo, non su quella della contingenza politica”. Lo scrittore francese, prosegue Cpi, “è stato un modernizzatore lucido della destra francese ed europea: ha parlato di organizzazione agli spontaneisti, di scienza agli spiritualisti, di Europa ai nazionalisti. La sua produzione storiografica è stata torrenziale, il suo contributo a movimenti come quello della Nouvelle Droite essenziale. Per tutti questi motivi, Venner merita di essere ricordato secondo il rango che gli era proprio anziché essere confuso con quelle forme di attivismo paranoide e puritano di matrice essenzialmente statunitense. In un mondo abitato da individui che sacrificano l'interesse collettivo per salvare se stessi, Venner ha voluto sacrificare se stesso per salvare il suo popolo. Alla sua memoria va il pensiero commosso di tutta la comunità di CasaPound Italia”.

domenica 19 maggio 2013

Il Quirinale ci costa di più della Casa Bianca

Tratto dalla rete : "Siamo la Gente" blog della gente che protesta. Il Quirinale costa il doppio dell’Eliseo: le spese pazze di Napolitano Incredibile ma vero: il Quirinale spende più della Casa Bianca e dell’Eliseo. Questo l’amaro verdetto a cui si giunge dopo che la Presidenza della Repubblica ha pubblicato voce per voce le sue spese. I NUMERI DEL QUIRINALE E LE SUE SPESE PAZZE Il Quirinale riceve ogni anno 228 milioni di euro dal Ministero del Tesoro per le proprie spese. Mai era accaduto finora ma il primo dato choccante è che a Napolitano tutto questo denaro non basta per sostenere le sue spese e quelle del suo staff. Ne spende invece 243,6 milioni di euro con uno sforamento di quasi sedici milioni di euro che pesano sui ricavi dello stesso Palazzo. Che il Quirinale fosse un’azienda in pochi lo sapevano. Questi i suoi incassi che vanno direttamente nelle casse di Napolitano per pagare non soltanto i dipendenti ma anche alcuni sfizi di cui non sa fare a meno. Tutti nelle sue tasche i 90mila euro l’anno incassati per gli ingressi, gli altri 60 mila euro per la vendita di pubblicazioni e i 40 mila euro come proventi dalle formazioni arboree di Castelporziano. Altri 200 mila euro vengono incassati da proventi in attività zootecniche della tenuta di Castelporziano e infine ancora 40 mila dalla vendita esemplari fauna selvatica della stessa tenuta. In tutto sono 430mila euro. E gli altri quindici milioni e mezzo di euro? Non è specificato da dove arrivino ma sono certo uno schiaffo in faccia agli italiani e alla crisi. NAPOLITANO E GLI STIPENDI MILIONARI DA PAGARE Il Quirinale nel 2012 pagava al Presidente della Repubblica 240mila euro di stipendio all’anno. Nel 2013 in piena spending review è arrivato un pugno negli occhi degli italiani: mentre migliaia di lavoratori finivano disoccupati o in cassa integrazione Giorgio Napolitano si aumentava lo stipendio di 8.835 euro l’anno passando a un totale di 248.017. Il Palazzo della presidenza della Repubblica oltre ai suoi utili però ha anche i suoi oneri. E se di utili ci sono solo 430mila euro visibili per il personale si spende 121,5 milioni di euro più 90 milioni di pensioni per 1720 dipendenti e distaccati. Ogni dipendente del Quirinali costa 70.656 euro. La domanda ora è d’obbligo. A chi verranno accollati i costi di questo personale? Anche alle altre amministrazioni pubbliche perché la metà dei dipendenti del Quirinale risultano essere militari. I consulenti del Presidente della Repubblica vengono invece pagati 2,6 milioni di euro. Per i dipendenti inoltre è prevista la spesa di 400 mila euro per il costo degli alimenti, poi ci sono i costi di pulizia delle stanze e 779 mila euro per la beneficenza. LE SPESE PRIVATE DEL QUIRINALE: 15.000 EURO PER LE PARTITE DEL CUORE Finora abbiamo snocciolato i dati delle cosiddette “spese pubbliche” del Quirinale. Oltre a queste però ci sono anche quelle private. Salta agli occhi la voce televisione. Si tratta di 15mila euro suddivise tra gli abbonati Rai e quelle di Sky. Una cifra che fa a pugni con i 407,35 euro che ogni ufficio pubblico dovrebbe pagare per ogni stabile di sua proprietà. Arrivare a quindicimila euro non è facile a meno che oltre al classico canone Rai non si decida di istallare anche l’abbonamento alla pay tv per seguire non soltanto i telegiornali che riguardano la presidenza della Repubblica ma soprattutto il calcio e le partite della squadra del cuore del Presidente e dei suoi fedeli collaboratori che dovrebbero affollare il Quirinale anche la domenica sera per vederle. Napolitano è il presidente che spende meno? Certo che no e lo andiamo a vedere subito. IL CONFRONTO CON LA FRANCIA: NAPOLITANO PEGGIO ANCHE DI SARKOZY E’ Napolitano il presidente che spende meno in tutto il mondo? Certo che no visto che il Quirinale costa circa il doppio anche dell’Eliseo. Il palazzo tacciato di essere sprecone ai tempi di Nicolas Sarkozy arrivava a spendere 115 milioni di euro l’anno. Hollande però ha dichiarato che in tempi di austerity ci sarà un taglio significativo del 4% come ha dichiarato sul quotidiano “Il Parisien”. L’obiettivo di Francois Hollande è quello di spendere 105,3 milioni di euro. Le misure di austerity verranno attivare tagliando gli acquisti delle attrezzature, sui regali che il presidente offre ai suoi ospiti, la vendita di molte auto blu.Hollande taglierà anche sui viaggi e sugli incontri privati utilizzando i videomessaggi. Il confronto col Quirinale non regge proprio perché per arrivare ai 243,6 milioni di euro di cui si parla in Italia anche la Francia di Sarkozy avrebbe impiegato due anni per spenderli. E parliamo di un governo molto criticato nel libro “L’Argent de l’Etat” del deputato socialista René Dosiere. Tra le pagine della sua opera era infatti ricordato che in Francia si spendevano quotidianamente 12mila euro per il cibo. Citati anche i 26mila euro spesi per mandare in Ucraina una squadra di medici che soccorresse il figlio di Sarkozy Pierre che mentre faceva il dj aveva accusato un malore. Rispetto a Chirac aveva raddoppiato le sue auto da 55 a 121 per un costo di 157mila euro per l’assicurazione e 433mila per il carburante. Nel mirino dei francesi anche il viaggio alle grotte di Lascaux fatto insieme alla moglie Carla Bruni al modico prezzo di “131mila euro. Ci dispiace dirlo ma le follie di Carlà nulla sono a confronto di quelle della Napolitano band. Cosa farebbero i francesi davanti allo spreco del nostro Presidente della Repubblica? Spenderebbero, gioco di parole, fiumi di inchiostro per documentarsene. E non finisce qui: perché Sarkozy che prendeva 21300 euro al mese che all’anno sarebbero 255600 euro prendeva seimila euro all’anno in più di Napolitano e Hollande che prenderà invece 14910 euro al mese che corrispondono a 178.920 all’anno. Il nuovo presidente francese percepirà quindi 60mila euro in meno di Napolitano. IL CONFRONTO CON GLI USA DI OBAMA La Casa Bianca è un’altra cosa: gestisce un territorio molto più vasto di quello italiano e deve gestire un sistema federativo da 50 Stati. Certo è che lo stipendio di Barack Obama è superiore a quello di Giorgio Napolitano. Però lì, al contrario dell’Italia, non aumenta. Nel 2009 il Presidente della Repubblica percepiva uno stipendio di 400mila dollari ora tradotto in euro è 275 mila. Solo 30 mila euro in più di Napolitano ma con molte funzioni in più da assolvere. Gli Stati Uniti restano comunque la prima potenza economica mondiale e Obama, essendo il capo di una Repubblica Federale presidenziale deve assolvere a un maggior numero di compiti rispetto a quelli di Napolitano che, come da Statuto, delega al presidente del Consiglio dei Ministri molte di quelle che negli altri Stati sono compiti del presidente della Repubblica. E gli stipendi degli altri collaboratori? Alti ma non altissimi. In 21 guadagnano 118.500 euro l’anno. Nessun compenso durante il governo Obama è stato aumentato.Calcolando solo gli stipendi più alti si arriva a vedere che negli Stati Uniti si spendono 2.488.500 euro solo per i dipendenti. Una cifra molto lontana dai 121,5 milioni di euro del Quirinale. Lavorano alla Casa Bianca 454 persone (meno di un quarto dei dipendenti del Quirinale) e lo stipendio più basso è di 41mila dollari pari a 20 mila euro. Arrivare quindi alla cifra astronomica del Quirinale è impossibile anche al Presidente americano più spendaccione. L’Italia è più austera quindi soltanto nello stipendio del Presidente. Per il resto quello costruito sul colle romano più prestigioso è uno dei palazzi più spendaccioni del mondo. Alla faccia del debito pubblico sforato a 2mila miliardi di euro e della disoccupazione che con la percentuale dell’11,2% ha raggiunto un record storico dal 1999. Ridurre la spesa ai livelli della Francia ossia 105,3 milioni di euro permetterebbe di recuperare 69150 posti di lavoro pagati duemila euro al mese, oppure 138300 pagati mille euro. Spese quindi che gridano vendetta al cospetto di Dio e contro le quali il popolo può poco: il Presidente della Repubblica è eletto dal Parlamento in Italia, quasi come un Re che si autonomina senza dover rendere conto al Popolo Italiano. Quindi: spendo come voglio, non rischio l’elezione. Questo articolo è stato pubblicato in Senza categoria da siamolagente

lunedì 13 maggio 2013

Dalla rete mi è arrivata questa breve riflessione di Piero Vassallo, che ritengo meritevole di lettura e approfondimento: Il cammino del giacobinismo italiano Oscuramento della fede, corruzione dei costumi, decadenza del potere politico Interprete urlante del Godot di Samuel Beckett, Beppe Grillo irrompe sulla scena politica italiana per proporre l'infelice rimedio attuato a suo tempo dai giacobini: l'abbattimento della classe politica. Ai grillini e ai sciolti amanti della pulizia radicale non è inutile rammentare che il giacobinismo iniziò il suo inglorioso ciclo predicando l'arcadica purezza e l'innocenta degli arcaici costumi. Nei giardini di Versailles l'infelice regina Maria Antonietta metteva in scena pecore, pastori e pastorelle a significare la dolcezza dell'umanità precivile predicata da Jean Jacques Rousseau. In seguito l'arcadia si rovesciò nelle purificazioni sanguinarie. Il ciclo si concluse col massacro bestiale della regina/pastora e delle carmelitane di Compiègne. Gli italiani conobbero la delizia giacobina allorché un esercito di cleptomani,avanzanti sotto il vessillo della fellonia, procurò la morte violenta a centomila refrattari. Occorre rammentare che il qualunque progetto di decapitazione di una classe politica dovrebbe passare per la cruna di un memorabile detto di Gustave Flaubert: "Madame Bovary sono io". Il suddito cosciente dovrebbe riconoscersi nel potere sovrano. Il giacobino aggiornato, invece, dimentica che, specialmente in regime democratico, la classe politica ha l'identità del popolo. Se Grillo avesse l'intelligenza di Flaubert e non quella di un Robespierre in sedicesimo, anziché annunciare la rivolta urlante e confusionaria, direbbe: "Bersani sono io, Vendola sono io, il malgoverno sono io ecc.". Purtroppo Grillo crede di rappresentare l'avanzante giustizia riformatrice, ossia un'astratta figura allegorica, messa in scena da lanciatori di sassi no-tav. Per fortuna l'urlato comizio di Grillo (al momento) assomiglia alla trucida/travolgente orazione di Robespierre come il fruscio d'una mal trattenuta flatulenza assomiglia all'urlo sovra umano del mitico Tarzàn. L'ottimismo intorno alla pochezza del grillismo deve essere tuttavia moderato dalla lettura di un adulante/possibilista articolo pubblicato dal cauto Galli della Loggia nel Corriere della Sera. La strizzata d'occhio al grillismo lanciata da Galli della Loggia lascia intendere che l'oligarchia, del cui pensiero è ossequioso interprete il giornalone milanese, è tentata di scommettere sulla rivoluzione a cinque stelle. Andato in avanscoperta, lo smacchiatore Bersani ha ricevuto un ceffone da Grillo. Tuttavia l'unione della sinistra dolce con l'amaro grillismo non è impossibile. Almeno nei sogni degli illuminati. La devozione al giacobinismo circola nel sangue dei sapienti, radunati nel salotto buono. E impedisce di riconoscere l'ovvia parentela degli eletti con il laicismo in devastante circolazione fra gli elettori. Un popolo appiattito sul pensiero porno/libertario predicato dagli iniziati non può non riconoscersi in una classe dirigente viziosa, ladra e supponente fino al delirio chiacchierante in televisione. In altre parole: i vizi di pensiero e di azione praticati da politici, che sono sono lo specchiato ingrandimento dei vizietti di un popolo allontanato dalla vera religione. Ad esempio gli ex-militanti nella defunta destra (e fra loro lo scrivente) dovrebbero recitare umilmente il mea culpa e ammettere onestamente: "Fini sono io, Gasparri sono io, La Russa sono io, Crosetto & Meloni sono doppiamente io". L'uscita dal circolo vizioso e malinconico a destra, pertanto, contempla la coraggiosa rinuncia alla chimera bovarista recitante "la destra sono io" o sognante la mistica unione di tutti i La Russa in corsa senza guinzaglio verso il nulla. Di qui potrebbe avere finalmente inizio un'attività culturale separata dalla chimera destra e perciò capace di contribuire efficacemente all'arduo progetto di restaurazione morale (cattolica) della patria italiana. Al proposito non è inutile rammentare che un santo umanista, Bernardino da Siena, fu l'inventore del capitalismo dal volto umano e di un progresso della nazione di segno opposto al delirio progressista. Un'efficace e seria attività politica, infatti, deve iniziare dall'affermazione della cultura di riferimento e la tradizione bernardiniana possiede le qualità richieste. Ad ogni modo è bene rammentare che la destra politica si è estinta nel triangolo a-culturale disegnato e attuato da Almirante-Plebe-Fini. A questo punto non rimane che attendere che i vescovi italiani rompano il silenzio e, archiviata l'umiliante incursione a Todi, dichiarino l'intenzione di abbandonare la vana teologia progressista, per consacrarsi unicamente all'evangelizzazione.
di Filippo Giannini Mi è capitato tra le mani un articolo de Il Riformista a firma di Ritanna Armeni, di cui riporto uno stralcio: . Di contro voglio riportare alcuni giudizi, e inizio da quello di Winston Churchill, espresso poche ore dopo aver appreso la morte dei Benito Mussolini, morte, per quanto ne so voluta e organizzata proprio dal Premier inglese; questi ha scritto: . E ancora, per dimostrare che l’espressione geografica non sempre è stata tale, ma… sì, c’è sempre un ma. Infatti: il giornalista Massimo Zamorani nel 1964 scrisse: . L’intellettuale francese Claude Ferrere osserva (e siamo al 1946 in piena paranoia antifascista): . Quali furono le cause? Ecco come lo storico Zeev Sternhell, ebreo, professore di Scienze Politiche presso l’Università di Gerusalemme, col saggio “La terza via fascista” (“Mulino” 1990), descrive quanto accennato: . L’autore continua a spiegare: . Sono proprio le soluzioni sociali ad attrarre maggiormente il giudizio del professore di Scienze Politiche: . In queste ultime osservazioni possiamo intravedere le cause che portarono, da lì a pochi anni, alla “svolta” drammatica. La cosa può apparire ancora più chiara leggendo un’altra considerazione sempre di Sternhell: . La lotta politica a livello mondiale si sposta sul binomio: civiltà del lavoro e civiltà del denaro; questo asserto sarà la base che ci porterà a comprendere le cause della più grande tragedia che investì l’umanità: la Seconda Guerra Mondiale Ed è ancora una volta uno storico, Rutilio Sermonti (L’Italia nel XX Secolo), ad interpretare le cause di quella grande tragedia: . Era necessario, quindi, portare l’Italia a fianco della Germania ed eliminare in un colpo i due pericoli. Conclude Sermonti: . E con operazioni diaboliche l’intento riuscì; prima facendo coinvolgere l’Italia nell’operazione etiopica, quindi in Spagna, poi precludendo ogni possibilità di accordo con altre potenze lasciando l’unica porta aperta, quella con la Germania e, non ultime, le provocazioni sistematiche come, ad esempio, il caso di 1340 sequestri di bastimenti e navi di linea, operazione messa in atto dalla marina militare anglo-francese, tra la seconda metà del 1939 e la prima metà del 1940; vedere i due Rapporti Luca Pietromarchi, con quale intento se non quello di spingerci alla guerra? Quindi, per quanto sopra, anche se solo sommariamente accennato, in quegli anni l’Italia era tutt’altro che una Espressione Geografica. Infatti ecco un altro giudizio di un politico inglese di primissimo livello: . E guidati da un uomo simile, l’Italia poteva essere una Espressione Geografica? Poi vennero i Berlusconi, i Gianfranco Fini, i Togliatti, i Pertini, i Bersani, i Di Pietro ecc., di conseguenza non potevamo che tornare a come Metternich battezzò l’Italia: Espressione Geografica. Italiani, siete stati proprio bravi! Che botta da maestri! TORNERO’ SULL’ARGOMENTO, ma voglio terminare con una osservazione di Pietro Sella che parte dal dramma che stiamo vivendo per l’immigrazione senza controllo, dramma di questi giorni. . Se tutto ciò – e tanto, ma tanto altro ancora – fosse vero, valeva la pena di perdere la guerra per cadere in cotante mani? (Fonte newletter del 01/04/2011) Fonte: http://olo-truffa.myblog.it/archive/2011/04/04/la-ribellione-di-un-balilla.html Read more: La ribellione di un balilla http://www.metamorfosi-aliene.it/argomenti/ai-confini-della-storia/xx-secolo/123-la-ribellione-di-un-balilla.html#ixzz2TB72jEZE