venerdì 21 novembre 2008

ETICA E SCIENZA

Quando si tratta di successi sulle staminali scende il silenzio

A ncora una novità dal fronte della medicina rigenerativa: il primo trapianto di organi senza terapia anti-rigetto. Ad una donna è stata sostituita la trachea con una ricevuta da un donatore, ma modificata con le cellule staminali della donna stessa. In questo modo è stato possibile evitare che la paziente assumesse farmaci anti-rigetto, con un netto miglioramento della sua qualità di vita, rispetto a quella che avrebbe avuto con una gravosa terapia farmacologica di mantenimento. Siamo di fronte all’ennesimo successo delle cellule staminali adulte, e non embrionali: curiosamente, si omette spesso di specificare il tipo di staminali quando si parla dei successi in questo settore della ricerca medica. Sono passati dieci anni dalla prima linea di cellule staminali embrionali umane, ma i risultati si fanno ancora attendere, mentre con quelle adulte le applicazioni non mancano. Per quanto riguarda le staminali 'etiche', poi, e cioè le iPS (pluripotenti indotte), prodotte dallo scienziato giapponese Yamanaka, prossime alle staminali embrionali ma ottenute manipolando cellule adulte, è bene ricordare che il principio su cui si basa la procedura per ottenerle è stato ricavato da studi sui topi, e non su embrioni umani. L’argomento dei sostenitori della ricerca sulle embrionali umane è che la ricerca deve seguire tutte le strade possibili, perché solo verificando ogni opzione potremo un giorno stabilire con cognizione di causa quale effettivamente sia la più efficace. Un argomento discutibile, almeno ad avviso di chi scrive. Innanzitutto, non si sono fatti consistenti passi in avanti nonostante dieci anni di ricerche lautamente sovvenzionate in tutto il mondo. Fiumi di denaro sono stati investiti nello studio delle embrionali in Europa, in particolare nel Regno Unito, e poi in Asia, in Australia ed anche negli Stati Uniti d’America, dove non c’è un divieto alla ricerca sugli embrioni umani. Questo tipo di studi può essere liberamente condotto dappertutto negli Usa utilizzando finanziamenti privati – che non mancano – e in molti Stati (come ad esempio la California) anche con fondi pubblici. I fondi federali si possono usare per un numero limitato di linee staminali embrionali, e cioè per quelle prodotte fino all’agosto 2001: il presidente uscente Bush non ha impegnato denaro federale per distruggere embrioni, ma ha voluto mantenere il finanziamento alle linee cellulari già esistenti all’inizio della sua presidenza, permettendo comunque agli Usa di continuare la ricerca sulle staminali embrionali. I risultati, però, non sono stati quelli che ci si aspettava. Quando si sceglie come impegnare ingenti risorse economiche ed umane nella ricerca scientifica, solitamente lo si fa nella direzione più promettente: in ogni progetto che si rispetti, sono le voci 'stato dell’arte' e 'risultati attesi' a far decidere se vale o meno la pena erogare un certo finanziamento, e nel caso delle staminali embrionali entrambe le voci lasciano a desiderare. D’altra parte, non è neppure possibile sostenere che è unicamente la possibilità di aumentare la conoscenza di un fenomeno a rendere lecito ogni tipo di ricerca. Se la possibilità di ottenere informazioni, anche in previsione di terapie future, fosse l’unico criterio da seguire per decidere se condurre o meno un certo esperimento, senza alcuna considerazione di ordine etico, allora si aprirebbero strade pericolose. Non è necessario – anche se il ricordo andrebbe sempre tenuto vivo – menzionare gli esperimenti medici nei lager nazisti: basti pensare alle problematiche legate alle sperimentazioni dei farmaci o di nuove terapie per gli esseri umani, o anche a quelle connesse alla sperimentazione animale, in particolare sui primati non umani: è indubbio che la sperimentazione sugli esseri viventi, in particolare sugli umani, possa portare a conoscenze interessanti e ad informazioni preziose, ma è altrettanto evidente che non tutti gli esperimenti sono eticamente possibili. Se ad esempio ci fosse la certezza che la vivisezione di un solo malato potesse portare a conoscenze risolutive per la cura di importanti patologie, sarebbe forse lecito procedere a un esperimento del genere? Attualmente in Europa sono stati impegnati fondi di ricerca per sviluppare metodi alternativi alla sperimentazione animale, allo scopo di stabilire la tossicità di prodotti commerciali, ad esempio cosmetici. Si tratta cioè di sostituire dei test che già funzionano, con nuove procedure, per evitare di utilizzare animali in laboratorio. Perché non è possibile applicare agli embrioni umani almeno gli stessi criteri di precauzione e tutela che si seguono per gli animali? In un corretto approccio alla ricerca scientifica, il metodo che si utilizza è imposto dall’oggetto della ricerca stessa. Se si parla di embrioni umani, sarebbe importante trarne le conseguenze.
di Assuntina Morresi da Avvenire

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