sabato 27 dicembre 2008

LA QUESTIONE MORALE

Sono passati tanti anni da quando in molti, anche dalle nostre fila, andarono fuori dell’Hotel Raphael a tirare le monetine addosso a Bettino Craxi, l’esempio concreto della tangentopoli che da decenni sconvolgeva (?) l’Italia e gli italiani. Si alzavano le mani per far vedere che erano pulite. Eppure quell’uomo fu l’unico che ebbe le palle per affermare in un parlamento, non certo scevro da scempiaggini come quelle da lui commesse, che sì aveva “rubato” per il partito. Fu l’unico ad ammettere che esisteva un sistema di corruzione e di fondi neri. Fu l’unico che ebbe la faccia di farlo mentre gli altri rimanevno in silenzio. Un vergognoso e colpevole silenzio.E per certi aspetti fu proprio Craxi a mettere sul tappeto l’esistenza di una questione morale. Una questione morale che esiste da sempre. Dai tempi dei tempi. Che è connaturata nel nostro essere italiani.Oggi il problema della questione morale sembra essere tornato di “moda”. Si guarda a Pescara, a Potenza, a Napoli, a Firenze forse a breve anche a Roma. Si guarda e guardiamo tutti e mi viene da sorridere. Mi viene da sorridere perché questo nostro Bel paese è veramente il Paese di Pulcinella. Il Paese dove tutti sanno ma nessuno parla. Per paura? Per convenienza? Per malaffare? O perché in fondo tutti noi, nel nostro piccolo approfittiamo delle situazioni, degli amici, dei favori fatti e quindi ricambiati?Diciamo che è un poco di tutto questo. Un bel minestrone di usanze, di dicerie, di pensieri, di azioni, di giochetti, di personalismi, di incoerenza mascherata da scelte di vita, del nostro essere maneggioni e magliari, arruffoni e furbetti, di arrampicatori e di ladri di polli. E’ il nostro modo di essere società.Ci si scandalizza per le grandi truffe, per le gare d’appalto truccate, per i fondi neri a società e partiti, per gli intrighi di Palazzo, per gli intrallazzi tra finanza e politica ma non ci si scandalizza per i “regaletti” che portiamo al nostro medico o al nostro politico di riferimento, all’insegnate di nostro figlio o al mister della sua squadra nella speranza che lo metta nella posizione di gioco che noi vogliamo, all’amico che lavora all’ufficio postale perché ci faccia passare avanti o non mi faccia fare la fila. E via dicendo.E allora perché fare finta di scandalizzarsi se poi si scopre che un sindaco aveva la sua bella consulenza ad una Asl, se l’imprenditore pagava mazzette ai politici e ai tecnici per avere in appalto dei grossi lavori, se i partiti utilizzano fondi neri per andare avanti nella loro opera?Il Palazzo, come viene comunemente indicato da tutti, non è alto che la rappresentazione speculare della società del nostro Paese. Ci si scandalizza delle auto blu che circolano in Italia? Ci si scandalizza della mancanza di democrazia all’interno dei partiti dove tutto viene calato dall’alto, dove le candidature sono decise a tavolino, dove la meritocrazia è una parola vuota. Dove chi sbaglia non paga mai né si sogna di dimettersi dai propri incarichi. Non solo istituzionali ma anche interni ad un partito. La parola dimissioni non è scritta nel vocabolario di certi politici, di quelli che hanno fatto di essa un mero lavoro che porta potere e guadagno. Già, ci si scandalizza di tutto ciò senza soffermarsi un attimo a pensare chi gli ha permesso e chi gli permette tutto questo se non noi cittadini, impegnati o meno in politica.Del resto è facile puntare il dito contro qualcuno. E’ molto facile. Più difficile è vedere ed ammettere le proprie colpe, i propri errori. Aveva ragione da vendere Fabrizio De Andrè quando scriveva e poi cantava:“…E se credente ora che tutto sia come prima perché avete votato ancora la sicurezza, la disciplina, convinti di allontanare la paura di cambiare verremo ancora alle vostre porte e grideremo ancora più forte per quanto voi vi crediate assolti siete per sempre coinvolti, per quanto voi vi crediate assolti siete per sempre coinvolti….”.Sì, siamo anche noi coinvolti. Coinvolti nella questione morale. E lo siamo in prima persona perché, almeno per quanto concerne e riguarda i politici, siamo noi con il nostro voto “utile o inutile” che sia a mandarli nei Palazzi. Siamo noi a venderci per una promessa di un posto di lavoro. Siamo noi che accettiamo 100 euro in cambio di un voto. Siamo noi che crediamo supinamente a questo o quello, a promesse che cadono sempre nel vuoto. Pensando di cambiare e non cambiando assolutamente nulla.E’ vero, esiste una questione morale, ma per sconfiggerla dobbiamo prima fare i conti con la nostra morale e prima di puntare il dito sugli altri dobbiamo puntarlo su noi stessi senza aggrapparsi al giustizialista di turno e godere del tintinnio di manette. Perché quando si arriva a questo punto vuol dire che abbiamo perso tutti. E se vogliamo cambiare dobbiamo avere il coraggio di farlo. Ma di farlo veramente senza delegare gli altri. E’ troppo comodo. E’ troppo facile
Richelieu

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