sabato 18 ottobre 2008

FINI, L'ANTIFASCISTA

Dalla Prima pagina di LIBERO del 14.09.2008 di M. Veneziani
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Lecito cambiare idea. Ma ormai la sua non è più destra – di Marcello Veneziani

Ragazzi di destra (Azione Giovani ... n.d.r.) - non fischiate Fini. Non indignatevi e non scandalizzatevi a sentirlo definire la destra come antifascista, a bollare il fascismo come male assoluto, a tirare le orecchie ad Alemanno e La Russa, a elogiare i partigiani e condannare i combattenti (...) (...) della repubblica sociale. Non fischiatelo, ormai è un altro. Ha cambiato opinione, e che lo faccia per convenienza o per carriera personale, non muta la sostanza. È lecito cambiare idea, ha tutto il diritto di dire il contrario di quel che pensava fino alla tenera età di quarant’anni quando sognava il fascismo del Duemila. Anzi aggiungo a sua discolpa che se dubitate della sua buona fede di antifascista ora, potete dubitare pure della sua convinzione fascista di ieri: forse davvero non credeva in niente, ieri come oggi; era un fatto superficiale e perciò non gli è costato molto smentirsi in modo così radicale. Va tutto bene, per carità. Ora, tolto lo scudo protettivo dell’appartenenza, Fini sarà giudicato per quel che vale lui e per cosa fa in concreto e non più per quel che rappresenta e da cui proviene. Solo una cosa obbietto: Fini con la destra non c’entra più niente, con qualunque destra, a cominciare da Alleanza nazionale, abbia la lealtà di dirlo chiaro e forte. Perché una destra vera, libera, moderna e democratica, anche conservatrice, libertaria e tradizionalista, non si definisce antifascista e non giudica il fascismo come un male assoluto; ma reputa morto il fascismo insieme all’antifascismo, non proponibili ambedue sul piano politico, e reputa il fascismo un fenomeno davvero complesso da affrontare sul piano storico, irrimediabilmente legato alla sua epoca, tra nazionalismi, guerre e comunismi feroci; un regime autoritario e non totalitario, una dittatura col consenso popolare, non paragonabile al nazismo e al comunismo.
Subalternità ideologiche
Una destra vera non accetta subalternità ideologiche versa la sinistra, riconosce il ruolo nefasto che ha avuto l’antifascismo a fascismo morto, in tutti questi anni, dopo averne rispettato il valore e l’esempio quando il fascismo era in auge. E una destra vera ha dignità, non sta in ginocchio col cappello in mano a ripetere quel che gli intimano di ripetere per farsi accettare nel club. Una destra vera, per esempio, piuttosto che con Alemanno o La Russa, se la prende con i Veltroni che speculano sulla Shoah per mettere in difficoltà Amato e boicottare la sua commissione; o con i mediocri questurini dell’ideologia antifascista, come Angelo d’Orsi che l’altro giorno schedava gli storici revisionisti e li additava al pubblico disprezzo.
Se Fini esplicita che ormai è estraneo alla destra, insofferente verso il suo partito e il suo stesso passato, se si riconosce che il fu Mattia Pascal con una nuova identità e dichiara morto il precedente Fini , allora tutti i dettagli vanno a posto e nessuno può di nulla. Ma non può trascinare in questo vortice cinico e nichilista tutto un mondo, un’area, una cultura perfino. Non può, per raccattare qualche caramella dai media e da qualche salotto buono, abbandonare i milioni di elettori o gettare fango su chi si trova ancora oggi a subire disprezzo e discriminazione solo perché ha un diverso giudizio storico sul Novecento. Fini non può raccogliere voti a destra, in quella destra, per spenderli poi in modo opposto; tradisce un mandato.
Fini è ormai un single in politica, una new entry di fresca verginità, un attesa di collocazione e ruolo. Libero lui ma liberi anche i suoi elettori, una volta escluso il legame di appartenenza, di scegliersi come loro rappresentanti altri che magari abbiano dato prova di qualità nel governo; che so Tremonti o Formigoni, Maroni o la Moratti, oltre che Berlusconi.
Quel che mi pare assurdo, semmai, è il silenzio ossequioso del suo ex partito e dei suoi dignitari, anche se la parola dignità in questo caso stride. Ma non vedete che vi sta riducendo ad una banda di straccioni homeless?
Vent’anni fa
Venti, quindici anni fa, quando Fini si definiva fascista del Duemila, io scrivevo libri e articoli per liquidare il neofascismo, esortando l’Italia, la destra e la sinistra a trasferire il fascismo e l’antifascismo dall’agone politico al giudizio storico. Archiviateli, dicevo, non possono essere ragione di identità, divisione e discriminazione politica. Consideravo il fascismo morto e sepolto; e assurdo e caricaturale ogni tentativo di rimetterlo in vita.
Sostenevo la sproporzione geometrica di rimpiangere per quarant’anni un evento storico durato la metà; figuratevi ora che sono trascorsi più di sessant’anni. Liberatevi dal complesso del fascismo, la destra non si può chiudere in quella monocamerata con balcone. Gli almirantiani come Fini consideravano queste posizioni di nuova destra come tradimenti.
Vent’anni dopo io non ho mutato giudizio, al contrario di Fini, prima retoricamente fascista e ora retoricamente antifascista. Fatti suoi, ma non coincidono più con quelli dell’area che rappresentava. perché una destra vera e viva non nutre affatto desideri di revanscismo ma difende la revisione storica e difende il diritto di avare un diverso giudizio storico sul passato; fermo restando che una vera destra sta con la tradizione e non si chiude in uno scorcio turbolento del passato. Il fascismo è morto e sepolto, figuriamoci le sue pulci postume che saltellano dal neofascismo all’antifascismo, campando ora dell’uno, ora dell’altro.

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